Il mio maestro era solito dire: "Il medico pietoso fa la piaga puzzolente".
Significa che un medico che sta attento a non farti male con l'ago nel momento in cui sta cucendo la tua ferita, rischia di non chiuderla bene e, quindi, di far insorgere un'infezione che peggiora la situazione.
Spesso, nei rapporti con le persone alle quali vogliamo bene, capita che ci si ritrovi a dover condividere i momenti di crisi, soprattutto nelle relazioni di coppia, in quelle amichevoli o in famiglia. Quando ciò avviene, il nostro primo istinto è quello di proteggere la persona che si confida con noi, farla sentire compresa e amata, accettata anche nel suo momento peggiore. Avviene, però, che questa crisi si presenti ciclicamente e in seguito a dinamiche mentali alle quali la persona a noi cara non sa sottrarsi e di cui forse non si rende pienamente conto. Se facciamo attenzione, possiamo cogliere il momento in cui anche il nostro atteggiamento nei confronti del suo disagio deve cambiare e rendersi più duro.
A tal proposito, mi vengono in mente due episodi di vita di due miei amici: il primo, essendo padre, si è trovato a dover schiaffeggiare sua figlia che, incautamente, aveva aperto lo sportello dell'auto in corsa, rischiando di ruzzolare fuori. Quello schiaffo le fece comprendere la gravità della sua azione.
L'altro mio amico si è ritrovato nella situazione della bambina: da piccolo, durante una passeggiata in montagna, ha avuto talmente tanta paura delle condizioni meteorologiche, che ha iniziato a piangere ininterrottamente. Il padre, che evidentemente era un uomo dalle maniere sbrigative, gli diede uno schiaffo e gli impose di smetterla di frignare. Lui, ancora adesso, racconta che quel gesto fu in grado di calmarlo e di ridargli la giusta prospettiva delle cose.
Ho riportato questi due esempi per introdurre il discorso sulla compassione. Quando pensiamo a questa parola, nella nostra mente prendono forma le figure angelicate di San Francesco d'Assisi, di Santa Teresa di Calcutta, di bodhisattva orientali e, più in generale, un sentimento di profonda benevolenza umana, che si manifesta unicamente in gesti di grande gentilezza, solidarietà e comprensione.
Non si può dire che la compassione non sia questo, ma certamente è doveroso ricordare che non è solo questo.
I due padri degli esempi precedenti non sono stati cattivi o crudeli, ma profondamente compassionevoli, perché hanno riportato i loro figli al modo più giusto di rapportarsi alle cose e alla padronanza di se stessi.
Quando una persona che amiamo reitera gli stessi comportamenti in un circolo vizioso, la dimostrazione d'amore più bella che possiamo darle è schiaffeggiarla. Scuoterla. Spesso una persona ha solo bisogno di sapere che, accanto a sé, ha un compagno o una compagna capace di contenere le intemperanze della sua ansia, della sua paura, dei fantasmi invisibili della sua interiorità. Non essere fermi, in determinate circostanze, significa lasciare quella persona in balia dei suoi demoni interiori, a gestirli da sé, nella sua zattera interiore e nel mare aperto del suo inconscio. Come Odisseo senza Atena.
Pensate, infatti, a che fine avrebbe fatto l'eroe omerico senza la saggia guida della dea olimpica, colei che poteva vedere più chiaramente del suo protetto. Quando chi amiamo è in crisi, si trova esattamente nella condizione di chi viaggia senza vedere la strada che sta percorrendo né quale sarà la sua meta. E noi, che viviamo il suo disagio dall'esterno e ne percepiamo più chiaramente l'illusorietà, dobbiamo essere capaci di riportarlo alla giusta prospettiva, così come Atena faceva con Odisseo.
Significa che un medico che sta attento a non farti male con l'ago nel momento in cui sta cucendo la tua ferita, rischia di non chiuderla bene e, quindi, di far insorgere un'infezione che peggiora la situazione.
Spesso, nei rapporti con le persone alle quali vogliamo bene, capita che ci si ritrovi a dover condividere i momenti di crisi, soprattutto nelle relazioni di coppia, in quelle amichevoli o in famiglia. Quando ciò avviene, il nostro primo istinto è quello di proteggere la persona che si confida con noi, farla sentire compresa e amata, accettata anche nel suo momento peggiore. Avviene, però, che questa crisi si presenti ciclicamente e in seguito a dinamiche mentali alle quali la persona a noi cara non sa sottrarsi e di cui forse non si rende pienamente conto. Se facciamo attenzione, possiamo cogliere il momento in cui anche il nostro atteggiamento nei confronti del suo disagio deve cambiare e rendersi più duro.
A tal proposito, mi vengono in mente due episodi di vita di due miei amici: il primo, essendo padre, si è trovato a dover schiaffeggiare sua figlia che, incautamente, aveva aperto lo sportello dell'auto in corsa, rischiando di ruzzolare fuori. Quello schiaffo le fece comprendere la gravità della sua azione.
L'altro mio amico si è ritrovato nella situazione della bambina: da piccolo, durante una passeggiata in montagna, ha avuto talmente tanta paura delle condizioni meteorologiche, che ha iniziato a piangere ininterrottamente. Il padre, che evidentemente era un uomo dalle maniere sbrigative, gli diede uno schiaffo e gli impose di smetterla di frignare. Lui, ancora adesso, racconta che quel gesto fu in grado di calmarlo e di ridargli la giusta prospettiva delle cose.
Ho riportato questi due esempi per introdurre il discorso sulla compassione. Quando pensiamo a questa parola, nella nostra mente prendono forma le figure angelicate di San Francesco d'Assisi, di Santa Teresa di Calcutta, di bodhisattva orientali e, più in generale, un sentimento di profonda benevolenza umana, che si manifesta unicamente in gesti di grande gentilezza, solidarietà e comprensione.
Non si può dire che la compassione non sia questo, ma certamente è doveroso ricordare che non è solo questo.
I due padri degli esempi precedenti non sono stati cattivi o crudeli, ma profondamente compassionevoli, perché hanno riportato i loro figli al modo più giusto di rapportarsi alle cose e alla padronanza di se stessi.
Quando una persona che amiamo reitera gli stessi comportamenti in un circolo vizioso, la dimostrazione d'amore più bella che possiamo darle è schiaffeggiarla. Scuoterla. Spesso una persona ha solo bisogno di sapere che, accanto a sé, ha un compagno o una compagna capace di contenere le intemperanze della sua ansia, della sua paura, dei fantasmi invisibili della sua interiorità. Non essere fermi, in determinate circostanze, significa lasciare quella persona in balia dei suoi demoni interiori, a gestirli da sé, nella sua zattera interiore e nel mare aperto del suo inconscio. Come Odisseo senza Atena.
Pensate, infatti, a che fine avrebbe fatto l'eroe omerico senza la saggia guida della dea olimpica, colei che poteva vedere più chiaramente del suo protetto. Quando chi amiamo è in crisi, si trova esattamente nella condizione di chi viaggia senza vedere la strada che sta percorrendo né quale sarà la sua meta. E noi, che viviamo il suo disagio dall'esterno e ne percepiamo più chiaramente l'illusorietà, dobbiamo essere capaci di riportarlo alla giusta prospettiva, così come Atena faceva con Odisseo.