Nel Seicento, o ancora nel Settecento, nessuna persona di buon senso avrebbe dubitato dell’esistenza delle streghe e dei loro speciali, demoniaci poteri. E la spiegazione è semplice: se di una cosa parlano tutti, se ad essa credono tutti, il singolo per umiltà si conforma: "Chi sono io per negare ciò di cui tutti sono certi?". E' lo stesso meccanismo che porta molti a credere all’onnipotenza contundente del covid e dei fantomatici cambiamenti climatici.
Poi c’è chi, per citare Nietzsche "osa pensare" e si spinge fino a rischiare l’accusa di presunzione o di eresia. Infatti dice: “Perché crogiolarmi nella sapienza altrui, se a me personalmente quel dato non risulta? Io non darò per sicura l’esistenza delle streghe finché non ne avrò la prova e finché non diverrà una mia personale opinione”.
Se si usa questo presupposto si dubita di tutto. Non dell’esistenza di una città come Bergen perché basta prendere una nave o un aereo per andarci. Non certo dell’esistenza del fascismo perché bastano i ricordi dei nonni, per chi ha ancora la fortuna di averli.
Ma quando si arriva all’anima immortale, l’evidenza di tutti non basta a costituire una prova. Dell’esistenza del cervello e delle sue funzioni non si può dubitare, perché il fatto è sperimentale, dell’anima sì.
Analogamente, si può dubitare della mafia e della camorra, dell’idea che boss come Cutolo, Riina o, appunto, Messina Denaro, abbiano potuto regnare indisturbati per decenni, mandando – da latitanti – i figli a scuola, in alcuni casi persino col loro nome e cognome, senza avere coperture. Attenzione, non della delinquenza, eterna ed universale; non della criminalità organizzata; non del fatto che effettivamente alcuni delinquenti abbiano tenuto sotto scacco una città. Si può semplicemente dubitare dell’esistenza di un’entità diversa e separata dalla criminalità organizzata, chiamata Mafia o Camorra e che questi boss abbiano potuto fare ciò che hanno fatto senza che la politica li ostacolasse. Questo è infatti un concetto di cui si può fare a meno senza che nulla cambi.

In tal senso, i dati di partenza sono semplici: la delinquenza c’è ovunque. Ed essa è tanto più forte e tanto più estesa quanto più lo Stato è debole ed assente: dunque meno a Monaco di Baviera e più a Napoli. Inoltre essa è tanto più piramidale ed organizzata quanto più grande è la città: per conseguenza più a Marsiglia che a Chambery. E i due criteri si intrecciano: se la città è grande e lo Stato è pressoché assente, la criminalità organizzata sarà massima; se lo Stato è molto presente e la comunità umana è piccola, non ci sarà quasi nessuna criminalità. Nel paesino del centronord dove ho vissuto per anni, quando un gruppo di delinquenti campani al confino iniziarono a chiedere il pizzo ai commercianti della zona, questi si organizzarono, presero armi più o meno convenzionali e gli devastarono la casa e la macchina: col risultato che i delinquenti furono costretti alla fuga. Viceversa, in una grande comunità, il boss fa comodo perché fonda il suo potere sulla sua capacità di colmare le lacune di uno stato inefficiente. Sulla base di questo criterio, la criminalità organizzata a Napoli (e non a Benevento, per dire) è del tutto inevitabile: e non è necessario inventare un’entità diabolica e diversa, chiamandola Camorra. Del resto, che questa “associazione” non abbia niente di specialmente napoletano, come del resto la stessa mafia non è solo siciliana, è dimostrato dal fatto che a New York si è a lungo parlato, e forse si parla ancora, della “Mafia” locale – che non è solo italiana, anzi la vera mafia potente negli USA è quella ebraica – che in Italia si parla della Triade come di “Mafia cinese” e che tutti consideriamo la “Yakuza” la Mafia giapponese (e non un'azienda che produce vasche idromassaggio).

Naturalmente, scendere dai miti colorati delle streghe, della Mafia per atterrare sul banale terreno della realtà, non è gradevole. Chi lotta contro la Mafia è autorizzato ad assumere pose gladiatorie e a credersi un eroe se nel rendersi artefice di questa scemenza perlomeno rischia la propria vita. Chi invece ne parla limitandosi a stramaledirla, non fa altro che rendersi ridicolo.
E se finalmente ci si rende conto che la vera lotta contro la Mafia comincia dalla morale spicciola, tutto diviene contemporaneamente più banale e più difficile. E per quanto riguarda una più capillare presenza dello Stato, bisogna ricordarsi che la città si risana punendo chi rompe il vetro di una finestra – come fece il sindaco di New York Giuliani – non condannando all’ergastolo qualcuno sull’esclusiva base delle dichiarazioni dei pentiti, senza alcun riscontro attendibile.
Soprattutto, non si risana un paese facendo assurgere un semplice uomo a Satana. Perché se è un fatto che mafiosi e camorristi sono delinquenti, è un fatto anche la presenza di milioni disoccupati al Sud ai quali questi criminali, certo non per beneficenza ma per una narcisistica fame di potere, danno delle prospettive. Chiedendo cosa? La tangente a qualche imprenditore incensurato ma disonesto che senza la camorra assumerebbe a nero qualche poveretto e che invece per colpa della camorra è costretto a metterlo in regola?
La tangente è anche quella che chiede lo stato ai commercianti. Peraltro assicurando, di anno in anno, sempre meno servizi, dal momento che molti medici si muovono per visitare un paziente solo se vengono pagati sottobanco, che la gran parte delle scuole, in nome di un malinteso socialismo, sono diventate la terra di nessuno della propaganda politica e che i servizi in generale non funzionano, come sa chiunque ogni giorno debba sborsare soldi ad un patronato per ottenere ciò che lo stato potrebbe dargli gratis.

Finché cercheremo di sconfiggere i miti non avremo mai successo: perché i miti non esistono. E non avremo successo finché non considereremo moralmente inammissibile raccomandare un bambino perché passi dal primo al secondo liceo, lavorare a nero, accettare che un medico che potrebbe curarti gratis, ti faccia pagare cifre da capogiro per accelerare la procedura. Se non migliora l’etica nazionale, a tutti i livelli, non cambierà nulla. E il risultato sarà che, tra le mielose stramaledizioni di quella cupola (incostituzionale dunque illegale) chiamata “Ordine dei giornalisti”, i criminali domineranno sempre. Perché il loro potere si fonda sulla cattiva coscienza di un popolo abituato a condannare le malefatte altrui, assolvendo sempre le proprie. Si fonda su uno stato che ormai non assicura più né il lavoro né il piatto a tavola venendo meno al suo compito di protezione sociale.
Mafia e camorra sono semplicemente stati più efficienti dello stato ufficiale. Col quale, peraltro, non di rado si mettono d’accordo. E il sospetto che lo stato ufficiale faccia largo uso delle mafie, forse è il motivo per cui Cutolo per tanti anni si sia chiuso nel silenzio, non dicendo mai una parola su tante cose interessanti: ad esempio perché tanto iperattivismo per liberare un oscuro e insulso funzionario di partito come Ciro Cirillo per poi lasciare morire Aldo Moro, l’uomo più in vista della Democrazia Cristiana. Oppure il ruolo dei servizi segreti nei rapporti tra le organizzazioni criminali americane e quelle italiane. O per cui Matteo Messina Denaro sia potuto vivere a Campobello di Mazara senza che nessuno osasse disturbarlo.
E tante altre cose che questi signori si porteranno per sempre nella tomba. Continuando a nutrire la cattiva coscienza di chi li stramaledice.

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In un film visto di recente il solito americano ignorante si meravigliava che ci fosse più di una mafia. Sarebbe invece banale dire che di mafie ce n'è almeno una in ogni paese, e che certe mafie, come quella finanziaria, sono pure legali. E più pericolose di quelle illegali.
 

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Franco Marino
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