Non vi illudete, la cultura del piagnisteo attecchisce anche nelle vostre anime nere. Per diverso tempo avete fatto le vittime e vi siete scagliati contro l'egemonia culturale della sinistra, scoperchiando un ingiustificato complesso di inferiorità. Orbene, costruire un’egemonia culturale costa tempo e denari (dollari o rubli è indifferente) e richiede talento; chi lo considera un mero trappolone cabalistico da mangiabambini sbaglia di grosso. I socialcomunisti saranno pure antinazionali, eppure un tempo non se la tiravano, sapevano tessere la tela del consenso e attirarvi prede succulente e assai dissimili, dall'intellettuale aristocratico e un po’ frufru al borgataro prolifico in canotta, senza rinunciare a strizzare l’occhio all'imprenditore illuminato. Un interclassismo esplicito e sfacciato le consentiva di sfondare presso il multiforme e ondivago mondo degli artisti. Per esempio, il reuccio del belcanto Claudio Villa votava Pci e si faceva immortalare sulla Piazza Rossa, intabarrato e con tanto di colbacco. Così, mentre a sinistra consolidavano la loro presa arte e la cultura, la destra profonda tromboneggiava, scacazzava in giro la retorica poverista dei tempi in cui Berta filava, venerava i mercenari del Katanga, si rimirava nello Specchio qualunquista di Giorgio Nelson Page, imprecava contro il Mondo Cane – bipolare e neocolonizzato – descritto da Gualtiero Jacopetti. Le Foibe e le stragi compiute dai partigiani? Tragedie che accadono quando perdi la guerra. Il detto latino recita vae victis, guai ai vinti, a cui tocca pagare i danni e subire la soverchieria dei vincenti. Tutto qui, figuriamoci se mi metto a fare l’avvocato d’ufficio di Josip Broz, beniamino degli angloamericani. Quel furbo di sette cotte di Paolo Mieli ha coniato il revisionismo resistenziale non per placare gli animi e sopire i rancori che ardono sotto le ceneri del tempo, non per riconciliare, bensì per alimentare ed eternare un’inutile e furibonda rissa da gattacci di strada travestita da diatriba storica. A destra sguazzate nelle magagne dei nemici e scrivete che Marx bistrattava il genero creolo e ingravidava le cameriere. Fatti suoi: dopotutto rimase un esponente della borghesia colta, non è mai stato e non ha mai voluto essere un consolatore degli afflitti. Ernesto Che Guevara perseguitava i gay e bollava come decadenza borghese l’omosessualità. Embè, da quando in qua la destra dura e pura protegge gli omosessuali? Vi siete dimenticati il trattamento che avete riservato a Pasolini per mezzo di quella mandrucona inacidita di Gianna Preda? E piantatela con la tiritera di Gio' Stajano o la mania di dipingere Fiume come la Woodstock nera degli anni venti, cinquecento giorni di sesso, droga e… charleston. In tempi grami e incerti di multipolarismo incipiente vorrei una destra che sappia essere concreta, al contempo colta e ruspante, non una manica di scappati di casa in crisi di identità che scimmiottano il progressismo, ne riproducono i tic narcisistici e rivendicano, come tanti saltimbanchi, il loro essere “vera sinistra libertaria.” Il passato che non passa e continua a dividere. Io cancellerei tutte le ricorrenze “sacre”, a partire dal 25 aprile e dalla giornata della Memoria: per me possono tranquillamente fermentare nel bidone dell’umido. La vicenda ucraina dovrebbe aver aperto gli occhi ai più scettici e dimostrato una volta per tutte la strumentalità dell’antifascismo, carnevalata cinica e oscena, esca buona per reprimere e criminalizzare il dissenso. E anche l’anticomunismo ideologico è segno di miopia, e non di rado nasconde intenti poco lodevoli. La verità è che la storia italiana è divisiva, incasinata, contradditoria e, come spesso capita, crudele. Uscire dal ginepraio non sarà una passeggiata e richiederà l’apporto di nuove generazioni incontaminate, immuni ai veleni del passato. Manca una rivoluzione nazionale vera che agisca in profondità, spazzando via il marciume che cova dappertutto esalando miasmi tossici. La marcia su Roma fu il classico pateracchio all'italiana, non una rivoluzione. La rivoluzione fa rotolare le teste, non fa le marce. La Resistenza, monopolizzata dai comunisti, fu un tentativo di sovietizzare l’Italia e oggi è diventato un dispositivo di censura vigliacco e, ripeto, cinico e osceno. L’ultimo ventennio è stato segnato dall’equivoco bipolarista. Berlusconi ha tenuto insieme con lo sputo i nostalgici come Mirko Tremaglia, quelli che “se passavamo a El Alamein…” (non sarebbe successo un cazzo, si perdeva lo stesso), con gli esponenti più aggressivi della lobby sionista che sovragestiscono la Farnesina, come Fiamma Nirenstein. E poi orfani delle tribù perdute come i socialisti, i comunisti pentiti e i democristiani smarriti, ognuno col suo viaggio, ognuno diverso (cit.), ciascuno con totem e tabù personali, le sue fisime e le sue idiosincrasie. Chiamare centrodestra un mosaico di tale portata è quantomeno discutibile. Il berlusconismo ha accolto i proscritti degli avversari. Pasquale Squitieri non ha mai rinnegato la sua formazione gramsciana ed ha girato pubblicità progresso contro incidenti e morti sul lavoro. E che dire dei due fiorentini partigiani, Oriana Fallaci e Franco Zeffirelli? La prima, femminista anarchicheggiante, è stata adottata per via della sua islamofobia, invero coerente, dato che a posteriori rivalutò l’invasione sovietica dell’Afghanistan; il secondo fu amante e allievo dell'aristocratico rosso Luchino Visconti, nonché discente di quel Giorgio La Pira che gli incauti destroterminali definirebbero cattocomunista. Inoltre ammise a mezza voce di essere legato ai valori socialdemocratici. Persino Junio Valerio Borghese rivelava a Giampaolo Pansa (poi futuro mito della destra) «Se non fosse il fatto che nella nostra concezione politica non c’è né sinistra, né centro, né destra, potrei essere tranquillamente classificato di sinistra. Se lei chiama essere classificato di sinistra l’aderire alle necessità di un popolo lavoratore come è quello italiano, noi siamo allora nettamente di sinistra! Lei pensi che noi siamo perfino per la socializzazione!» Ed era pure favorevole al divorzio, non fosse altro per rifilare un dispiacere a Giorgio Almirante che, da figlio di teatranti, si piccava di recitare la parte dello zuavo pontificio. Poi, certo, il Comandante paventava lo sbarco dell'Armata Rossa in Versilia e coltivava certe idee balzane che sfociavano nell’aut aut: La scelta è tra Roma e Mosca. In ogni caso, lo ringrazio per aver fatto piangere la Royal Navy. Meno ideologia, più nazione. Confesso di essere uno spettatore quasi apolitico. Mi diverto un sacco riguardando il monarchico Totò, i missini Lando Buzzanca e Lino Banfi, i democristiani Franco e Ciccio. Critica di costume, comicità e avanspettacolo vecchio stile, ricco di doppisensi salaci e malapropismi. Apprezzo tiepidamente i berlingueriani Benigni, Nuti e Troisi e ammiro, pur con qualche riserva, il clintoniano Woody Allen. Ho amato tantissimo la prima maniera di Verdone e ho ridacchiato con i comici del Bagaglino, pur disapprovando alcune fisime misantropiche, “sfasciste” più che fasciste, riscontrabili soprattutto nei film diretti da Castellacci e Pingitore, che sembrano vituperare la piccolissima borghesia che vuole ascendere verso il ceto medio e anela la casa di proprietà, l’attività in proprio e l’estate al mare: che male vi fa chi vuole addentare un po’ di benessere e di edonismo? Non lamentatevi se le donne non vi vogliono più bene. Gaber era tendenzialmente di sinistra ed ha scritto e cantato versi graffianti, di disperato e disilluso patriottismo: “Se non c'erano gli americani a quest'ora… eravamo europei”, nazisti o sovietici, ma pur sempre europei, poiché le ideologie periscono e passano, ma la kultur permane. E che dire della profetica “Il potere dei più buoni”? Mai sentito nulla del genere dalle parti di Atreiu. Generalmente, cerco di non farmi incastrare dal ricatto destra o sinistra. Dove sta scritto che se una cosa piace alla sinistra deve per forza fare schifo alla destra e viceversa? C'è una massa di italiani che non si riconoscono più in questa guerra civile che si trascina stancamente. Cari compatrioti, tappiamoci la terza narice dell’ideologismo rincretinente, riscopriamoci italiani e stringiamoci a coorte.

Fine

Smetto di
rompervi i coglioni tediarvi con questi argomenti

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