Anche quest'anno il Natale è arrivato, e anche quest'anno l'abbiamo atteso a lungo e a lungo ci siamo tutti preparati per lui. Nei supermercati, è come minimo dai primi di novembre che panettoni e pandori, fatte sparire le maschere e i dolcetti funerei di Halloween, hanno fatto capolino dagli scaffali. Le luminarie sono state accese per le vie di città e paesi in date che variano dalla fine di novembre e i primi di dicembre. Programmi televisivi e rubriche sui giornali non hanno fatto che ricordarci tradizioni culinarie natalizie, l'origine di Santa Claus e le probabili analogie con festività pagane più antiche. Nelle hall degli alberghi e sin dall'ingresso dei negozi si sentono le onnipresenti canzoncine natalizie degli Wham o di Mariah Carey. Eppure, c'è qualcosa che manca, un'assenza che pesa come un macigno in questi natali del Terzo Millennio, particolarmente impressionante in un Paese come il nostro, con le sue tradizioni e la sua storia.
Fateci caso, come ci ho fatto caso io: si arriva al 24 dicembre, dopo due mesi di jinglebells, panettoni, pandori, babbinatale, regali, shopping natalizio, alberi, palline, ghirlande, dolci, luci, lucine, luminarie, botti, vacanze, cenoni, cartoline, piste da sci, neve finta, party aziendali, giocattoli... senza aver mai sentito nominare Gesù Cristo. Pensateci: si può arrivare alla vigilia senza aver mai speso una parola, men che meno un pensiero o una riflessione a ciò che costituisce il Natale in sé e per sé, ossia alla nascita di Cristo, alla discesa del Dio vivente nella materia e al suo umanizzarsi anche a costo di accogliere la sofferenza e l'umana miseria, anticipazione di quel sacrificio di sé che, con la Pasqua, svilupperà ancor maggiori momenti di significato metafisico e teologico. Un'assenza che è qualcosa di agghiacciante per quanto dice dello stato in cui è ridotta la coscienza e la vita interiore della società tutta.
A questo, poi, collabora la stessa Chiesa Cattolica, che, nel percorso di suicidio assistito portato avanti sino ad ora con notevole successo, per bocca del suo pontefice massimo ricorda, arrivati al 24, che questa “non è una festa del consumismo”. Una persona dotata ancora di buonsenso dovrebbe sentirsi presa in giro all'ascoltare un invito del genere dopo un mese e mezzo o due mesi di campagna acquisti sfrenata in cui ci hanno messo in mezzo anche il Black Friday, così, perché non ci manchi niente, col classico tempismo di chi chiude la stalla quando i buoi sono ormai fuggiti. E cosa aspettarsi da un mondo dominato dalle aziende e dal produttivismo, quando la stessa istituzione che dovrebbe curarsi dello stato delle anime evita di esprimersi sull'orgia di spese e dissipazione solo quando ormai il danno è fatto? A questo aggiungiamo l'inerzia con cui ormai si assiste ad attacchi, censure e vere e proprie bestemmie contro tutto ciò che rappresenta la fede e i suoi simboli, non ultimo il presepe, di cui ha già dato un ampio panorama Franco Marino proprio su questa pagina.
Insomma, pare di assistere ad una scristianizzazione simile a quella esplosa in Francia durante la Rivoluzione, quando si volle, in poche settimane, cancellare la millenaria influenza della religione cristiana sulla vita e lo spirito dei francesi sostituendola con più adeguati, e in linea con le direttive politiche del Potere, culti dell'Essere Supremo e della Dea Ragione. Le differenze sono evidenti, dato che i giacobini si scatenarono chiudendo monasteri e vandalizzando chiese e monumenti, malmenando preti, uccidendo in massa monaci e religiose, senza peraltro causare alcun crollo nell'attaccamento popolare verso la fede cristiana, anzi, vedendo poco dopo una ripresa nei decenni successivi. Oggi questa scristianizzazione, arrivata sino al sancta sanctorum dei momenti in cui la fede cristiana celebra il proprio redentore, ossia la nascita, la sua morte e resurrezione, ha agito in maniera molto più subdola e lenta, ma riuscendo, al contrario dell'altra, pienamente nell'obbiettivo di dissolvere nell'apatia e nel materialismo ogni residuo di vita spirituale o di interesse per gli aspetti non fisici dell'esistenza nelle masse. E pensate a quale reazione ricevereste se, ad un adolescente alle prese coi suoi momenti social o una elegante signora impegnata a scrutare le vetrine ben addobbate, chiedeste come si preparano alla venuta di Cristo in terra...
Si può capire molto bene il perché di tale operazione. Vivendo in un sistema con le caratteristiche ben descritte dal professor Mora, quando lo definisce “orgiastico-mercantile”, bisogna mettere al centro della vita degli esseri umani, ossia al posto del cuore e della mente, dei contro-valori come la ricerca frenetica di svago e novità al fine di riempire il tempo dell'esistenza. Svago e novità che hanno l'aspetto materiale delle attività ludiche fini a sé stesse, riducendo a questo stato anche le relazioni personali e sessuali, e il consumo di merci sempre più inutili e sempre più deperibili, in modo che le casse delle multinazionali possano riempirsi a ritmo direttamente proporzionale a quello con cui si svuotano le tasche della massa di consumatori. Consumo bulimico sia di cose che di persone, esemplificato sia dagli acquisti compulsivi sia dai milioni di follower di cui ci si ciba nel tentativo di riempire di senso esistenze che sono ormai pozzi senza fondo. La massa, quella che un tempo era la plebe, è infatti solo un serbatoio di clienti e denaro, non importando il carattere di cittadino o di credente. Anzi, queste caratteristiche dell'umano, ossia il cittadino razionale che riflette e domanda, il fedele che si interroga e si tormenta fra speranza e timore, entrambi pretendendo e aspirando alla verità, sono di disturbo in un sistema in cui l'unica razionalità concessa è quella economico-finanziaria e gli unici desideri e speranze devono essere quelli veicolati dal marketing, risolventesi nel consumo di robaccia sin troppo terrena. Ovvio che anche per il Natale si è proceduto al suo sistematico svuotamento di significato e alla riduzione in festa commerciale, di mero consumismo senza alcun risvolto metafisico o mistico. Ed era punto di arrivo irrinunciabile che, dal Natale, sparisse Cristo, Dio, e tutto ciò che ne costituisce l'anima. Così come è un automa senz'anima, manovrabile e sostituibile l'uomo ideale della società costruita ad immagine e somiglianza del capitalismo avanzato, finanziario o orgiastico-mercantile che dir si voglia, così senz'anima rimangono anche le festività create e riempite di riti e simboli appositamente perché ci si fermasse, si mettessero di lato le occupazioni di tutti i giorni per contemplare, se non anche riflettere, il mistero dell'esistenza e la sua radice divina.
E rimaniamo così anche noi, come questo Natale: dei gusci vuoti da cui qualcosa di disumano ha rubato tutto ciò che c'era di più umano, ma anche di più divino.
Fateci caso, come ci ho fatto caso io: si arriva al 24 dicembre, dopo due mesi di jinglebells, panettoni, pandori, babbinatale, regali, shopping natalizio, alberi, palline, ghirlande, dolci, luci, lucine, luminarie, botti, vacanze, cenoni, cartoline, piste da sci, neve finta, party aziendali, giocattoli... senza aver mai sentito nominare Gesù Cristo. Pensateci: si può arrivare alla vigilia senza aver mai speso una parola, men che meno un pensiero o una riflessione a ciò che costituisce il Natale in sé e per sé, ossia alla nascita di Cristo, alla discesa del Dio vivente nella materia e al suo umanizzarsi anche a costo di accogliere la sofferenza e l'umana miseria, anticipazione di quel sacrificio di sé che, con la Pasqua, svilupperà ancor maggiori momenti di significato metafisico e teologico. Un'assenza che è qualcosa di agghiacciante per quanto dice dello stato in cui è ridotta la coscienza e la vita interiore della società tutta.
A questo, poi, collabora la stessa Chiesa Cattolica, che, nel percorso di suicidio assistito portato avanti sino ad ora con notevole successo, per bocca del suo pontefice massimo ricorda, arrivati al 24, che questa “non è una festa del consumismo”. Una persona dotata ancora di buonsenso dovrebbe sentirsi presa in giro all'ascoltare un invito del genere dopo un mese e mezzo o due mesi di campagna acquisti sfrenata in cui ci hanno messo in mezzo anche il Black Friday, così, perché non ci manchi niente, col classico tempismo di chi chiude la stalla quando i buoi sono ormai fuggiti. E cosa aspettarsi da un mondo dominato dalle aziende e dal produttivismo, quando la stessa istituzione che dovrebbe curarsi dello stato delle anime evita di esprimersi sull'orgia di spese e dissipazione solo quando ormai il danno è fatto? A questo aggiungiamo l'inerzia con cui ormai si assiste ad attacchi, censure e vere e proprie bestemmie contro tutto ciò che rappresenta la fede e i suoi simboli, non ultimo il presepe, di cui ha già dato un ampio panorama Franco Marino proprio su questa pagina.
Insomma, pare di assistere ad una scristianizzazione simile a quella esplosa in Francia durante la Rivoluzione, quando si volle, in poche settimane, cancellare la millenaria influenza della religione cristiana sulla vita e lo spirito dei francesi sostituendola con più adeguati, e in linea con le direttive politiche del Potere, culti dell'Essere Supremo e della Dea Ragione. Le differenze sono evidenti, dato che i giacobini si scatenarono chiudendo monasteri e vandalizzando chiese e monumenti, malmenando preti, uccidendo in massa monaci e religiose, senza peraltro causare alcun crollo nell'attaccamento popolare verso la fede cristiana, anzi, vedendo poco dopo una ripresa nei decenni successivi. Oggi questa scristianizzazione, arrivata sino al sancta sanctorum dei momenti in cui la fede cristiana celebra il proprio redentore, ossia la nascita, la sua morte e resurrezione, ha agito in maniera molto più subdola e lenta, ma riuscendo, al contrario dell'altra, pienamente nell'obbiettivo di dissolvere nell'apatia e nel materialismo ogni residuo di vita spirituale o di interesse per gli aspetti non fisici dell'esistenza nelle masse. E pensate a quale reazione ricevereste se, ad un adolescente alle prese coi suoi momenti social o una elegante signora impegnata a scrutare le vetrine ben addobbate, chiedeste come si preparano alla venuta di Cristo in terra...
Si può capire molto bene il perché di tale operazione. Vivendo in un sistema con le caratteristiche ben descritte dal professor Mora, quando lo definisce “orgiastico-mercantile”, bisogna mettere al centro della vita degli esseri umani, ossia al posto del cuore e della mente, dei contro-valori come la ricerca frenetica di svago e novità al fine di riempire il tempo dell'esistenza. Svago e novità che hanno l'aspetto materiale delle attività ludiche fini a sé stesse, riducendo a questo stato anche le relazioni personali e sessuali, e il consumo di merci sempre più inutili e sempre più deperibili, in modo che le casse delle multinazionali possano riempirsi a ritmo direttamente proporzionale a quello con cui si svuotano le tasche della massa di consumatori. Consumo bulimico sia di cose che di persone, esemplificato sia dagli acquisti compulsivi sia dai milioni di follower di cui ci si ciba nel tentativo di riempire di senso esistenze che sono ormai pozzi senza fondo. La massa, quella che un tempo era la plebe, è infatti solo un serbatoio di clienti e denaro, non importando il carattere di cittadino o di credente. Anzi, queste caratteristiche dell'umano, ossia il cittadino razionale che riflette e domanda, il fedele che si interroga e si tormenta fra speranza e timore, entrambi pretendendo e aspirando alla verità, sono di disturbo in un sistema in cui l'unica razionalità concessa è quella economico-finanziaria e gli unici desideri e speranze devono essere quelli veicolati dal marketing, risolventesi nel consumo di robaccia sin troppo terrena. Ovvio che anche per il Natale si è proceduto al suo sistematico svuotamento di significato e alla riduzione in festa commerciale, di mero consumismo senza alcun risvolto metafisico o mistico. Ed era punto di arrivo irrinunciabile che, dal Natale, sparisse Cristo, Dio, e tutto ciò che ne costituisce l'anima. Così come è un automa senz'anima, manovrabile e sostituibile l'uomo ideale della società costruita ad immagine e somiglianza del capitalismo avanzato, finanziario o orgiastico-mercantile che dir si voglia, così senz'anima rimangono anche le festività create e riempite di riti e simboli appositamente perché ci si fermasse, si mettessero di lato le occupazioni di tutti i giorni per contemplare, se non anche riflettere, il mistero dell'esistenza e la sua radice divina.
E rimaniamo così anche noi, come questo Natale: dei gusci vuoti da cui qualcosa di disumano ha rubato tutto ciò che c'era di più umano, ma anche di più divino.
Buon Natale a tutti.