Nonostante sia ormai una costante del panorama occidentale, non smetto mai di trovare affascinante il livello sempre più abissale dell'ipocrisia con cui il dibattito pubblico venga costantemente manipolato, sia dai mezzi di comunicazione che dalla classe politica. Dico “affascinante” così come si può restare affascinati da una creatura immonda o da una catastrofe naturale, secondo un curioso meccanismo estetico per il quale ci sono delle cose così brutte, ma tanto brutte, che finiscono per essere perfette nella loro mostruosità, e quindi sfiorano il bello. Il doppio standard con cui in Occidente si tirano fuori i diritti umani e i crimini di guerra sono una di quelle cose.

Per oltre un anno e mezzo abbiamo visto giornalisti di ambo i sessi percorrere in lungo e in largo l'Ucraina, ben spesati e alloggiati nei migliori hotel del Paese, alla frenetica e a volte comica ricerca di crimini contro l'umanità da documentare, quasi sempre con risultati surreali. Citerò soprattutto Raignù24, il canale che ho deciso di seguire con maggior dedizione, anche perché, essendo una metastasi del servizio televisivo pubblico devota alla disinformazione è un caso particolarmente pregno di significato (lo paghiamo noi tutti, volenti o nolenti). La pletora di personaggi fantozziani armati di microfono e telecamera e travestiti da inviati di guerra senza essersi mai davvero trovati a portata di tiro è un'armata Вrancaleone davvero comica nella sua goffaggine. Abbiamo visto Securo e Piagnerelli indicarci un rottame di ferro ai loro piedi come la carcassa di una bomba a frammentazione esplosa poche ore prima, senza neppure aspettare il lungo processo di sminamento e quindi, a rigor di logica, coi piedi in mezzo all'esplosivo (comunque sono entrambi miracolosamente sopravvissuti, non preoccupatevi). Lo stesso Sесurо con la collega Fernandes, dopo aver trasmesso un servizio da Nikolaev in cui lamentava come il bombardamento dei perfidi russi avesse privato la popolazione civile di luce ed acqua, postava poco dopo su Twitter foto della loro cenetta da un ristorante locale in cui, evidentemente, luce ed acqua erano sfuggite ai missili russi. E come scordare lo scioccante servizio del citato Рiаgnеrеlli, il quale, da Bucha, indicava una busta di plastica blu sporgente da un'auto accartocciata come un essere umano vittima di un carro russo? Per nulla dire delle decine di servizi trasmessi da una qualche piazza di Kiev o Odessa, a raccontare cose accadute a cinque o seicento chilometri di distanza grazie alla lettura verbatim delle veline del regime di Zelensky, fonte che tutti conosciamo come a prova (è il caso di dirlo) di bomba? Tanta fu l'ansia di trovare stragi e massacri da gettare sulle spalle del sanguinario invasore che si spacciò per ospedale bombardato quello pediatrico di Mariupol, che però era rimasto interamente in piedi e i cui unici danni visibili erano un sistematico vandalismo ad opera dell'esercito ucraino. Ospedale evacuato da giorni, tanto che non si poté mostrare alcun cadavere, e ci si dovette accontentare di sbandierare le foto di due donne, “simbolo” del criminale bombardamento, una delle quali, Mariana Podgurskaja, venne poi degradata perché se ne andò, l'ingrata, nella zona controllata dall'invasore e della sua foto-simbolo se ne è persa ogni traccia. L'altra, invece, stesa su una barella, pare essere stata l'unica vittima di tutto l'ospedale dato che ci è stato detto che sia “in seguito” deceduta, e dobbiamo fidarci, dato che lo dicono loro, e dato che stavolta, avendo evitato di darci nome e cognome, non è possibile verificare in alcun modo. Come invece è successo per le due gemelle di Kramatorsk Yulia e Anna Aksenchenko, date per morte dal citato Рiаgnеrеlli e a ruota da tutti i giornali italiani, ma che non sembrano mai esistite sui social né in generale su internet dove i ragazzi della loro età passano la maggior parte del tempo (se qualcuno ne trovasse un profilo social mi faccia sapere, perché io non ci sono riuscito, né in caratteri latini né in cirillico). Fra l'altro secondo questi agguerriti cronisti sarebbero le uniche vittime di un missile balistico, ossia uno di quelli che possono portare anche testate nucleari, e se fosse vero qualche generale russo dovrebbe piangere lacrime di sangue al vedere armi concepite per devastare intere regioni (e che costano milioni a pezzo) usate per fare due morti civili e basta. Quando però i crimini di guerra sono molto più chiari e conclamati, solo ad opera di quelli inclusi nella lista dei “buoni”, stranamente l'attenzione prestata è ben diversa. Restando all'Ucraina, i nostri mezzi di disinformazione hanno denunciato a più riprese l'uso di bombe a frammentazione da parte russa, ma non potendo poi portare al pubblico lo straccio di una prova evidente la cosa è stata lasciata cadere (senza ovviamente mai avere l'onestà di una smentita). E quando poi, invece, è stato l'esercito di Kiev ad iniziare ad usarle massicciamente perché massicciamente rifornito dagli USA, neppure abbiamo mai saputo quando e in che occasione. Paura che il pubblico a casa pensasse male?

Ma è negli ultimi quaranta giorni che abbiamo visto i salti mortali più abili dei nostri sedicenti “professionisti dell'informazione”. A Gaza avvengono, ogni giorno e ogni notte, bombardamenti a tappeto su zone densamente popolate. Undicimila morti, praticamente tutti civili, sepolti sotto alle macerie delle proprie case, degli ospedali, degli asili, delle scuole, e di altri luoghi tipicamente ad uso civile. Acqua, luce e gas tagliati a due milioni e mezzo di persone impossibilitate a spostarsi dove godrebbero di un relativo riparo, e nella situazione paradossale di sentirsi invitate ad evacuare verso sud tramite quei mezzi di comunicazione a cui non possono più accedere proprio ad opera di chi li invita ad andarsene, e, quando provano a muoversi in massa, colpiti anche così da razzi e granate. Ce ne sarebbe per montare servizi apocalittici che mostrino la realtà dei crimini di guerra e di un genocidio (non lo dico io, lo dice l'ONU, che viene in genere citata come la Bocca della Verità, tranne che stavolta).

E i nostri prodi giornalisti?

I nostri prodi giornalisti trasmettono da Tel Aviv o Gerusalemme, ben dentro al territorio israeliano, ben alloggiati e senza problemi di elettricità o acqua calda nella doccia, e da lì ci raccontano, o pretendono di raccontarci, la realtà della guerra. Nessuno sta a Gaza, l'epicentro dell'apocalisse, e il poco che vediamo sono filmati pescati in rete e filtrati in modo che non si vedano mai morti e mutilati. E dire che un anno fa, a Bucha, non pareva vero mostrare pile di sacchi neri di plastica pieni di chissà cosa come prova di un massacro di massa (e dovevamo fidarci, possono forse mentire, loro?), oggi che le pile di cadaveri, senza uno straccio a coprirne il sangue, i moncherini, i visi schiacciati e le membra deformate sono disponibili a tutti, sulle reti ufficiali italiane siamo sempre a zero. Paura di impressionare la von der Layda?

Ci dicono, ripetendo a pappardella, che sotto agli ospedali ci sono i cunicoli, o addirittura il quartier generale di Hamas. Può essere. Sotto a tutti? Chissà. E anche sotto ai condomini di Gaza City, ai campi profughi, alle chiese e alle scuole? Lo dice l'esercito israeliano. E loro ripetono, senza l'ombra di un dubbio, di un'analisi, di una domanda che aiuti a capire. Oggi rappresentanti di Israele hanno dichiarato che buona parte del personale ONU a Gaza è composto da membri di Hamas. Raignù lo ha riportato senza ridere, come un'affermazione degna di fede, senza che sia dato sapere come ne abbiano verificato l'attendibilità, e quindi non dovremmo sospettare si tratti dell'ennesima scusa per bombardare (o dopo aver già bombardato) obbiettivi civili sulla cui autenticità prima d'ora non c'erano mai stati dubbi.

E i rappresentanti politici UE e USA, l'autoproclamato Impero del Bene, quello che parla per la bocca da lucertolone di Borrell e di Blinken, gente la cui sicumera farebbe sorridere di compiacimento il dottor Goebbels? Il primo che aveva condannato con solenne faccia tosta, il giorno dopo l'esplosione del Nord Stream 2, che era provato (come? Da chi?) fosse un atto di guerra della Federazione Russa (e ora persino i giornali USA ammettono sia stata opera ucraina, per non poter dire che dietro ci stanno gli stessi americani e britannici); il secondo che condanna la fornitura di armi dalla Corea del Nord alla Russia, mentre il suo paese fornisce miliardi di armi, anche vietate dalle convenzioni internazionali, a Kiev. L'Occidente si è schierato da subito con Israele “senza condizioni”. E non si trattava della semplice solidarietà umana dopo gli attacchi sanguinosi del 7 ottobre, ma di un vero e proprio assegno in bianco alla successiva ritorsione. Quelle che quando le facevano i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale venivano chiamate “rappresaglie” e condannate poi a Norimberga come crimini contro l'umanità. Quelle che le varie Liliane Segre ricordano come fossero cosa di ieri, mentre non vedono quelle che sono effettivamente accadute ieri, e oggi. L'Occidente, dopo un mese di bombardamenti a tappeto, stragi e cascate di sangue civile e innocente, è solidamente e sinceramente dalla parte di chi quell'annientamento di massa lo sta operando. Oggi, dopo undicimila morti, qualcuno balbetta che forse “sono troppi”, espressioni sin troppo evidenti di carità pelosa atte solo a fornirsi un alibi quando, come in Francia, verrà il momento di renderne conto ai propri elettori di origine araba non proprio legati da sentimenti di affetto verso Israele. Oggi i nostri stessi governi restano i primi fornitori di armi ad un Paese che li usa per colpire deliberatamente quelle zone fittamente abitate da civili, quegli ospedali, quei ristoranti, quelle scuole, quei campi profughi che, nel nome dei diritti umani, pretendevano di difendere e proteggere in Ucraina.

Ma avete idea di cosa sarebbe oggi l'Ucraina se, in un anno e mezzo, la Federazione Russa avesse condotto una guerra con la metà della violenza e della potenza scatenata da Israele su Gaza? Città come Kiev, Leopoli e Odessa sarebbero rase al suolo. I civili morti sarebbero qualche milione, e il governo-fantoccio di Zelensky trasmetterebbe le sue veline da Varsavia o da Riga, come Hamas lo fa dal Qatar. Ma pare che questo sia il classico elefante nella stanza: così grosso da non poter non essere visto da tutti, e stranamente nessuno lo vede, nessuno ne parla, nessuno lo nota. Così come nessuno ha il coraggio di chiedersi perché così non sia. Perché la risposta non potrebbe essere quella che la Russia è troppo debole o ha paura (farebbe pugni con la propaganda che ce l'ha presentata come un mostro senza freni per un anno e mezzo). La risposta sarebbe che la Russia, e Putin per primo, vogliono preservare quelle zone perché hanno tutta l'intenzione di integrarle, insieme alla popolazione, nel futuro della Federazione. Israele non ha evidentemente intenzione di integrare un bel niente, ecco perché sta letteralmente polverizzando tutto quello c'è a Gaza.

Ed ecco perché si blatera di crimini quando c'è da dipingere l'avversario come un mostro, e si fa finta di nulla, addirittura avallando versioni che non reggerebbero all'analisi di un ragazzino di terza media o presentandoli come una sorta di catastrofi naturali di cui non si può incolpare nessuno. E poi ci si collega con Vienna, Londra e Parigi, e si racconta tutti preoccupati dell'odio “antisemita” che una bella fetta di popolazione locale dimostra contro gli stessi ebrei loro concittadini. E poi si confezionano servizi, come quelli di Marina Lalovic di oggi, in cui ci si spreme per tirare fuori da un canale Telegram gestito da un signor nessuno mai sentito prima una “fake news” con un bambino palestinese morto, quando i bambini palestinesi morti sono già cinquemila e se ne troverebbero centinaia di foto e video reali e certificati in rete, senza neppure lo sforzo di andare a Gaza a rischiare la pelle (come i giornalisti veri, comunque, hanno sempre fatto).

Strano che nel mondo i Paesi occidentali siano sempre più odiati o disprezzati, e che quote sempre più rilevanti della loro stessa popolazione ne rinneghi e politica e propaganda in modo sempre più virulento.

Si può comunque continuare a far finta che l'elefante nella stanza non ci sia. Almeno fino a che non si sarà imbizzarrito.

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Friedrich von Tannenberg
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