Ad Asiago, paese di montagna del Vicentino, in passato si svolgeva ad ogni ferragosto la "Festa del Prunno", nome di una vasta radura dove venivano allestite pantagrueliche grigliate accompagnate da montagne di polenta ed ettolitri di vino. Era una sagra che richiamava gente da tutti i paesi dell'altipiano e molti villeggianti. In quell'occasione, a fine giornata, veniva eletta la "Reginetta del Bosco" tra le ragazze che avevano voglia di esibirsi, o meglio il coraggio di salire sul palco, poichè la valutazione veniva fatta in base alle scelte del pubblico espresse in: applausi, o fischi, o commenti che oggigiorno sarebbero giudicati sessisti e passibili di denuncia tipo: "Bella mona" o il contrario "Brutta scaratona" (termine veneto intraducibile riferito ad infiorescenze di arbusti). Facevo parte di un gruppo di sedici-diciassettenni, la maggior parte squattrinati a tal punto da mettere insieme le misere paghette settimanali per affittare, una volta alla settimana, una FIAT 850 dove, a turno, per un tempo limite di mezz'ora, entravano due coppie per pomiciare, due davanti e due dietro con un asciugamano come divisorio. L'unico diciottenne patentato che affittava l'auto aveva il diritto di entrare con la sua ragazza da solo e per tre quarti d'ora. Fu alla "Festa del Prunno" del 1966 che decidemmo di fare un terribile scherzo agli organizzatori che, per vari motivi, ci rompevano i coglioni. Per la maggior parte del tempo era noia mortale che cercavamo di interrompere con scherzi qui e là. Nel nostro gruppo c'era una ragazzo di diciassette anni dalla bellezza imbarazzante, ovviamente biondo, occhi azzurro cielo, lineamenti dolci e delicati, ancora mezzo imberbe. Lo convincemmo a trasformasi in "figa fatale" e partecipare alla gara per l'elezione della "Reginetta de Bosco". Gli depilammo le gambe, gli rasammo i pochi peli del mento, coprimmo i capelli corti con un fazzoletto legato all'"egiziana" com'era di moda a quel tempo dopo aver visto il film "Cleopatra". Sul viso una bella spalmata di fondotinta coprente, trucco pesante e ciglia finte. Gli mettemmo un reggipetto con e coppe piene di cotone, una camicetta elastica, gli facemmo indossare una minigonna stile "bonagrassia della mona" che tradotto dal veneto significa "mantovana" ossia quella porzione di tessuto applicata sulla parte alta della tenda in senso orizzontale per nascondere gli agganci, dopo avergli fatto indossare un paio di mutande elastiche strettissime per contenere tutto l'apparato sessuale maschile che, nonostante la giovane età, era ben sviluppato, e lo mandammo ad iscriversi. Si chiamava Ennio e si firmò Ennia ed ebbe il numero 15. Quando sfilò sul palco fu l'apoteosi! La reazione dei maschi fu impressionante, impetuosa e infuocata, tanto che alcuni che avevano tentato di salire vennero tirati giù a forza. Noi eravamo preoccupati perchè non pensavamo che "Ennia" fosse così appetibile, c'erano altre ragazze bellocce e più formose, non avevamo minimamente pensato che il nostro "prototrans"avrebbe avuto un tale successo! Ma "Quindici, quindici, quindici" fu l'urlo unanime della folla. E il numero 15 fu eletto/ a "Reginetta del Bosco". Ennio si prese il premio che non ricordo più cosa fosse, una soppressa o due, credo, e poi saltò giù dal palco fuggendo verso il bosco con i maschiacci che lo/la rincorrevano. Nei giorni successivi qualcuno parlò, forse aiutato dalle bevute giornaliere, il comitato interpellò qualcuno di noi ma tutto fu messo a tacere ed "Ennia n. 15" rimase nella lista delle vincitrici della "Festa del Prunno".

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Giuse S
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