Ad impossibilia nemo tenetur è un brocardo latino che significa "Nessuno è tenuto alle cose impossibili". Si può detestare una persona, per quel che è, per quel che rappresenta. Ma non si può darle colpe che non ha. Quando, per esempio, la Raggi si candidò a sindaco di Roma, c'erano due tipologie di commentatori: quelli che percepivano la sua palese inadeguatezza - poi dimostrata con i fatti - e quelli che, scorrettamente e disonestamente, le davano colpe che risalivano ad un passato remoto. Roma è una città maltrattata, ridicolizzata, violentata, che può essere salvata solo da una rivoluzione. E di questo la Raggi non aveva nessuna colpa.
Analogamente, di Elly Schlein, di cui prevedevo - per motivi che chiarirò nel corso dell'articolo - la sua elezione quando ancora davano per favorito Bonaccini, penso tutto il peggio che si possa pensare. La trovo una figura caricaturale che, come tutti i candidati di quella tipologia, è lì non per quel che sa fare ma per ciò che fa credere di rappresentare. Ero sicuro che sarebbe stata eletta perché non avendo alcun tipo di possibilità di vincere, il PD aveva bisogno di una figura che raggruppasse in se stessa tutto ciò che un conservatore detesta e che manda in sollucchero quella parte di progressisti idioti, convinti che governare un paese significhi sbandierare tematiche LGBT, sponsorizzare il meticciato, urlare slogan antifascisti dinnanzi alla bara di un fascismo morto e sepolto che non tornerà più.

Questo non significa che si debba darle colpe che non ha, come fa Conte che le rinfaccia di non aver fatto fuori i "cacicchi e capibastone del suo partito". In effetti, questa era la promessa della Schlein, la quale poi deve essersi resa conto che i problemi del PD nascono da molto più lontano di quanto le fatue analisi di Conte ipotizzino e che cacicchi e capibastone hanno tutto quel potere perché sono gli unici che sanno fare politica. In realtà, la crisi del PD non è partitica ma ideologica. E ha a che fare con la fine del mito del paradiso terrestre rappresentato dal socialismo reale che, dalla caduta dell'URSS, non ha trovato più spazi di espansione. Crollato quel sistema di valori, il serpentone metamorfico del PDS che poi sarebbe divenuto DS e infine PD si è ritrovato senza bussola: dapprima ha creduto di poterla identificare in un antiberlusconismo di facciata spacciato per sinistra e infine, quando si è scoperto che dirsi contro Berlusconi non aveva alcun senso se dall'altra parte non c'era un benessere da proporre, il PD ha perso ogni dimensione di sinistra, fino a diventare un partito di destrosinistra, senza i pregi ma solo con i difetti di ambedue le fazioni.
Nel frattempo, cresceva il Movimento 5 Stelle che comunque qualcosa di sinistra (pseudoreddito di cittadinanza, Bonus 110) l'ha fatta e che quindi oggi può vantare, almeno davanti all'elettore di sinistra, una credibilità maggiore in tal senso rispetto alla sinistra storica tradizionale che quando i grillini parlavano di reddito di cittadinanza, li accusava di essere bamboccioni e sfaticati.
L'unica utilità della sinistra tradizionale è, ad oggi, quella di fungere da bastione - con i piedi di argilla - del politicamente (e medicalmente, ed ecologicamente e geopoliticamente) corretto, non potendo appoggiarsi a nessun altro valore.
Il PD oggi sopravvive unicamente come commando ultrà del progressismo. Urla, offende, insulta l'avversario perché sa di non poter convincere gli indecisi e che è l'unico modo per tenere a sé un gruppo di persone - per fortuna sempre più esiguo - completamente fuori dalla realtà da non capire che il problema di questo paese non è costruire cessi inclusivi o salvare il panda della Culonia Citeriore ma sfamare pance sempre meno piene. E quei pochi personaggi come De Luca, Bonaccini, Decaro, che, pur con le loro sgradevolezze, comunque almeno le basi di come si amministra un territorio le posseggono - e che a volte quando parlano sembrano di destra - sono odiati dalle eminenze grigie del PD che li guardano sempre come dei rozzi capetti locali.
In una condizione di questo tipo, i leader del PD, da Prodi in poi, hanno tutti il destino comune di essere inizialmente sbandierati, da media mainstream sempre meno letti, visti e ascoltati, come nuovi Obama (la Schlein, manco a farlo a bella posta, era nel team dell'ex-presidente degli USA) e dunque venduti come cavalli vincenti per poi, conclamata la loro impossibilità - più che incapacità - di fare qualcosa, essere abbandonati al loro destino di bistecca di brocco.

Ho odiato moltissimo il PD, più per l'umanità che rappresenta che per i reali programmi, che anzi qualcosa di buono come il Jobs Act pure l'ha fatta. E infatti l'autore di quella "cosa di destra" è stato rapidamente cacciato.
Oggi invece mi fa soltanto una gran pena. E anche se naturalmente, da queste pagine, non mancheremo di prendere in giro la Schlein quando farà qualcosa di caricaturale, tipo l'armocromia o le sue pittoresche espressioni, addossarle la crisi del PD non sarebbe eticamente e umanamente onesto.

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La Schlein pecca di manifesta inadeguatezza, però aveva comunque una investitura popolare. Conte, almeno all'inizio, neppure quella, messo là da quel buffone di Grillo e dei suoi compari, e che ha causato danni incommensurabili al paese che pagheremo per anni ed anni.
 

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Franco Marino
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