Una delle definizioni meno comprese della guerra fu quella che ne diede Marinetti, quando la definì "la sola vera igiene del mondo". Molti videro in queste parole un'esaltazione della guerra, l'imbecillità imbizzarrita di un "cretino fosforescente" come lo definì D'Annunzio o comunque una boutade. In realtà, chiunque conosca gli uomini per come sono fatti, senza indossare le lenti rosa del pacifismo, sa che purtroppo la guerra è iscritta nella storia dell'umanità e con essa finirà, perché essa spesso avviene a seguito di una serie di follie che si accumulano nel tempo e non vengono risolte. Dirsi pacifisti senza se né ma, è in linea di principio nobile ma fine a se stesso.
Questi discorsi urtano la sensibilità perché la gente pensa, in maniera molto stereotipata, che la guerra sia quella cosa per cui due nazioni prendono un fucile e decidono di spararsi. In realtà, qualsiasi cosa ci costringa a dover scontrarci con qualcuno per controllare lo spazio in cui si vive, ci obbliga a dover entrare in conflitto con chi si contrappone a noi. In questo senso, il nemico può essere un'associazione criminale, un concorrente che cerca di fare di tutto per estrometterci da un mercato, chiunque tenti di appropriarsi di un nostro interesse.
Questo articolo si rende necessario perché tutte le volte che scrivo in merito all'inevitabilità di una guerra - sia tra stati, sia fratricida - ciò che scrivo viene puntualmente visto per quello che non è né sarà mai, ossia l'epitome dell'esaltazione della morte e della distruzione tout court. E al riguardo occorrono alcune precisazioni.
Primo: non solo un conflitto su larga scala è ineludibile ma, sostanzialmente, è già in atto. Le classi dirigenti americane hanno deciso di ridurre la popolazione europea, che è anche la ragione che sta dietro a tutti i deliri che avete visto in questi ultimi trent'anni che nascono unicamente dall'intento di utilizzare l'Europa come bancomat per il debito americano, ormai insostenibile.
Secondo: quando una guerra è inevitabile, dire "facciamo l'amore ma non la guerra" non serve assolutamente a nulla. Conta una sola cosa: vincere. Se si perde, ci si riduce in schiavi del nemico che, se ci batterà, farà di noi esattamente ciò che vogliamo. Dunque, bisogna combattere con qualsiasi mezzo a disposizione, fosse anche il più spietato. Gli appelli alla pace sono nobili ma fini a se stessi.
Semplicemente, semmai, bisogna capire dalla parte di chi schierarsi.
E personalmente, ho già scritto a più riprese che se scoppiasse una guerra, mi darei alla latitanza esattamente come i partigiani negli anni Quaranta. Il che, secondo alcuni, striderebbe con la definizione che mi sono sempre dato di patriota. Il fatto è che in ballo non sono le sorti dell'Italia ma soltanto quelle degli Stati Uniti, alla disperata ricerca di un pretesto per distruggere le economie europee e che dunque, proprio perché siamo patrioti, si debba lottare contro chi sta cercando di trascinarci in una carneficina alla quale, oltretutto, dopo decenni in cui il maschio è stato educato a fare la femmina, arriveremmo completamente impreparati.
Ecco perché, in questo senso, un'escalation è auspicabile. Non perché da questa posizione si abbia l'ambizione di andare a rischiare il sedere in qualche pantano ucraino, yemenita, palestinese o cosa. Ma perché il mondo è, da troppo tempo, in un limbo dal quale si esce solamente in maniera violenta. La gente non può andare avanti per altri decenni con minacce di crisi finanziarie, sanitarie, climatiche, che sono poi la scusa delle classi dirigenti per tosare risparmi e patrimoni. Tutta questa ansia, prima o poi, porta alla depressione, come avviene sempre quando, per troppo tempo, si tiene un popolo sotto adrenalina. E d'altra parte, che si possa andare avanti per altro tempo con materie prime che sono ormai in esaurimento - il che spiega anche perché battano con l'emergenza climatica e alimentare - è solo una pia illusione. Le guerre scoppiano sempre e comunque quando ci sono poche risorse per troppe persone. E dal momento che c'è un'evidente emergenza demografica - che oltretutto, se aumentasse la popolazione, si aggraverebbe - era inevitabile che questo prima o poi provocasse delle tensioni.
Concentrarsi sul conflitto ucraino è un altro degli errori comunemente commessi. Quello del Donbass è soltanto uno dei bubboni - e nemmeno il più purulento - dei tanti che sono sparsi nel mondo e che sono relativi ad un Occidente che ha vissuto al di sopra delle proprie effettive possibilità.
Dopodiché il punto è avere chiaro con chi schierarsi e perché. Io diserterò un'eventuale chiamata alle armi. Ma lo faccio consapevole che poi di armi ne dovrò avere altre con cui ribellarmi ad un regime che non si farà alcuno scrupolo ad usarmi come carne da macello per garantire il debito pubblico americano.
Dirsi contro la guerra, strillare inviperiti e impazziti contro chi la evoca, non ha alcuna utilità pratica. Occorre invece che tutti si preparino mentalmente all'idea che arriveranno anni difficili e inizino a calarsi nella mentalità adeguata ad una situazione che non è in alcun modo recuperabile e che, se anche per assurdo si arrivasse alla pace nel Donbass, intanto non garantirebbe che un conflitto non sorga da altre parti ma soprattutto non vieta che nella stessa Ucraina non possano esserci, tra qualche anno, altri problemi.
E' finita l'età dell'oro iniziata con la sbornia dell'illuminismo e se ne apre un'altra. Come è sempre successo nella storia dell'umanità. E, come sempre, a fare igiene delle follie di una fase storica, sarà una guerra sanguinosissima.
Questi discorsi urtano la sensibilità perché la gente pensa, in maniera molto stereotipata, che la guerra sia quella cosa per cui due nazioni prendono un fucile e decidono di spararsi. In realtà, qualsiasi cosa ci costringa a dover scontrarci con qualcuno per controllare lo spazio in cui si vive, ci obbliga a dover entrare in conflitto con chi si contrappone a noi. In questo senso, il nemico può essere un'associazione criminale, un concorrente che cerca di fare di tutto per estrometterci da un mercato, chiunque tenti di appropriarsi di un nostro interesse.
Questo articolo si rende necessario perché tutte le volte che scrivo in merito all'inevitabilità di una guerra - sia tra stati, sia fratricida - ciò che scrivo viene puntualmente visto per quello che non è né sarà mai, ossia l'epitome dell'esaltazione della morte e della distruzione tout court. E al riguardo occorrono alcune precisazioni.
Primo: non solo un conflitto su larga scala è ineludibile ma, sostanzialmente, è già in atto. Le classi dirigenti americane hanno deciso di ridurre la popolazione europea, che è anche la ragione che sta dietro a tutti i deliri che avete visto in questi ultimi trent'anni che nascono unicamente dall'intento di utilizzare l'Europa come bancomat per il debito americano, ormai insostenibile.
Secondo: quando una guerra è inevitabile, dire "facciamo l'amore ma non la guerra" non serve assolutamente a nulla. Conta una sola cosa: vincere. Se si perde, ci si riduce in schiavi del nemico che, se ci batterà, farà di noi esattamente ciò che vogliamo. Dunque, bisogna combattere con qualsiasi mezzo a disposizione, fosse anche il più spietato. Gli appelli alla pace sono nobili ma fini a se stessi.
Semplicemente, semmai, bisogna capire dalla parte di chi schierarsi.
E personalmente, ho già scritto a più riprese che se scoppiasse una guerra, mi darei alla latitanza esattamente come i partigiani negli anni Quaranta. Il che, secondo alcuni, striderebbe con la definizione che mi sono sempre dato di patriota. Il fatto è che in ballo non sono le sorti dell'Italia ma soltanto quelle degli Stati Uniti, alla disperata ricerca di un pretesto per distruggere le economie europee e che dunque, proprio perché siamo patrioti, si debba lottare contro chi sta cercando di trascinarci in una carneficina alla quale, oltretutto, dopo decenni in cui il maschio è stato educato a fare la femmina, arriveremmo completamente impreparati.
Ma nel momento in cui si decide di disertare - questo sarebbe disobbedire alla chiamata alle armi - di fatto ci si metterebbe contro lo Stato che farà ai disertori tutto il male che può, dal sequestrare i loro beni a metterli in galera. Di fatto, questo significherebbe fare la guerra allo Stato. Non c'entra nulla il pacifismo. Io non è che diserterò perché "odio la guerra". Perché se in ballo ci fosse, davvero, la sopravvivenza della mia nazione e non semplicemente la salvezza degli Stati Uniti, non solo sarebbe mio dovere prendere le armi, ma lo farei con immenso piacere. Per conto mio, io questo l'ho già scritto in altre circostanze - e ne faccio una questione di metodo, non di merito - se fossi al corrente di movimenti di resistenza simili a quelli partigiani, mi sarei già unito e non esiterei a sparare contro i miei concittadini.
Questa, di fatto, sarebbe una guerra a tutti gli effetti.Ecco perché, in questo senso, un'escalation è auspicabile. Non perché da questa posizione si abbia l'ambizione di andare a rischiare il sedere in qualche pantano ucraino, yemenita, palestinese o cosa. Ma perché il mondo è, da troppo tempo, in un limbo dal quale si esce solamente in maniera violenta. La gente non può andare avanti per altri decenni con minacce di crisi finanziarie, sanitarie, climatiche, che sono poi la scusa delle classi dirigenti per tosare risparmi e patrimoni. Tutta questa ansia, prima o poi, porta alla depressione, come avviene sempre quando, per troppo tempo, si tiene un popolo sotto adrenalina. E d'altra parte, che si possa andare avanti per altro tempo con materie prime che sono ormai in esaurimento - il che spiega anche perché battano con l'emergenza climatica e alimentare - è solo una pia illusione. Le guerre scoppiano sempre e comunque quando ci sono poche risorse per troppe persone. E dal momento che c'è un'evidente emergenza demografica - che oltretutto, se aumentasse la popolazione, si aggraverebbe - era inevitabile che questo prima o poi provocasse delle tensioni.
Concentrarsi sul conflitto ucraino è un altro degli errori comunemente commessi. Quello del Donbass è soltanto uno dei bubboni - e nemmeno il più purulento - dei tanti che sono sparsi nel mondo e che sono relativi ad un Occidente che ha vissuto al di sopra delle proprie effettive possibilità.
Dopodiché il punto è avere chiaro con chi schierarsi e perché. Io diserterò un'eventuale chiamata alle armi. Ma lo faccio consapevole che poi di armi ne dovrò avere altre con cui ribellarmi ad un regime che non si farà alcuno scrupolo ad usarmi come carne da macello per garantire il debito pubblico americano.
Dirsi contro la guerra, strillare inviperiti e impazziti contro chi la evoca, non ha alcuna utilità pratica. Occorre invece che tutti si preparino mentalmente all'idea che arriveranno anni difficili e inizino a calarsi nella mentalità adeguata ad una situazione che non è in alcun modo recuperabile e che, se anche per assurdo si arrivasse alla pace nel Donbass, intanto non garantirebbe che un conflitto non sorga da altre parti ma soprattutto non vieta che nella stessa Ucraina non possano esserci, tra qualche anno, altri problemi.
E' finita l'età dell'oro iniziata con la sbornia dell'illuminismo e se ne apre un'altra. Come è sempre successo nella storia dell'umanità. E, come sempre, a fare igiene delle follie di una fase storica, sarà una guerra sanguinosissima.
Le parole di Marinetti, rilette oggi, suonano molto meno folli.