Un po' di persone mi hanno chiesto di commentare le prospettive politiche future di Vannacci. Secondo alcuni, pare che stia per fondare una sorta di comitato elettorale che potrebbe diventare partito. Secondo altri, il generale potrebbe entrare nella Lega. Insomma, non si sa ancora nulla ma la notizia già campeggia su molti giornali. Al riguardo che dire? Molti si aspettano un articolo su Vannacci e invece di lui parlerò ben poco, per una serie di ragioni.
La prima è che io del personaggio non so praticamente nulla né mi sono premurato di approfondire. Non mi suscita alcuna curiosità. So che è stato un militare di un certo valore - e non mi sono mai sognato di negarlo - ma essere un buon soldato non implica nel contempo essere un bravo politico. Può darsi benissimo che Vannacci sia molto meglio di ciò che appare ma, in tutta sincerità, se qualcuno basasse la fiducia nei suoi confronti sul libro che ha scritto, se ha un minimo di onestà intellettuale, non potrà che riconoscere che quel libro non contiene nient'altro che la frittura e la rifrittura a pagamento di tutto ciò che ogni giorno potete leggere sui social, gratis. Cose anche, in qualche caso, condivisibili, ma che non vanno alla sostanza del problema, non alla maniera di un John Kleeves, per capirci. Che su tutto ciò che ci sta accadendo oggi scrisse trent'anni fa.
La furbizia di Vannacci sta nell'aver fatto una vrancata di tutti i luoghi comuni del dissenso, mettendoli in un libro che ha avuto un gran successo e gli ha generato guadagni pari ad un appartamento a Roma. Chapeau per la brillante operazione commerciale. Ma credo che nessuno abbia imparato niente che già non sapesse.
Ma perché allora dedicare un articolo con questo titolo? Perché è avvilente notare come si diventi rapidamente un punto di riferimento, indossando segni esteriori che fanno breccia nel cuore dei disperati. Esiste, infatti, una grossissima differenza tra il sapere dettato dalla competenza e quello "per sentito dire". Molta più gente di quel che crediamo le cose che mostra di sapere non le sa, certo, per reale competenza ma perché ha letto e rimasticato cose di altri. La competenza è qualcosa di molto più profondo, è padroneggiare tutti i marchingegni di una macchina complessa, sapendo dove intervenire quando si inceppa qualcosa. E se la differenza tra ciò che credevo di sapere e ciò che nei fatti sapevo ha messo in crisi me persino quando ho cominciato ad interessarmi di questioni condominiali - e io non penso di essere l'ultimo dei cretini - figuriamoci se non può andare in crisi un presidente del consiglio senza esperienza che si trova ad occuparsi di dossier, di documenti, di rapporti, di macchine burocratiche. Tutta roba che prevede una cosa molto semplice che si chiama competenza.
E avvilisce proprio la noncuranza nei confronti di questo concetto. Voglio dire: se io leggessi 1000 libri sul pugilato e guardassi 1000 ore di incontri, potrei scrivere libri e documentari sul pugilato. Ma questo non farebbe di me un pugile. Se prendessimo, per esempio, una cosa di cui questo paese avrebbe bisogno ossia le liberalizzazioni, e a proporle fosse Bersani, io avrei di fronte un signore che è stato l'unico ad averle fatte, piacciano o meno. Mi fiderei sicuramente molto più di lui che di Vannacci.
Invece, oggi, qualsiasi persona può presentarsi con un programma e chiedere dei voti, senza che nessuno possa sincerarsi della sua competenza. Perché un programma non contiene soltanto le cose che si vorrebbero fare ma anche e soprattutto *come* farle. Viceversa, non si chiama programma ma "libro dei desideri", che qualsiasi imbecille sarebbe in grado di scrivere.
Con lo stesso ragionamento, potrei presentarmi sul ring, forte dei miei 1000 libri letti e dei miei 1000 incontri guardati, e sfidare Mike Tyson. Che ci vuole? "Schiva il jab!" "Colpisci e spostati!" "Esci dalle corde!". Il problema è che se io effettivamente salissi sul ring con Mike Tyson, verrei fatto a pezzi in pochi secondi, anche oggi che il vecchio Mike va verso i sessanta.
Questo completo disprezzo per le capacità personali, per le competenze e per le esperienze acquisite non è ovviamente soltanto della politica. Si verifica per esempio anche nel mio mestiere. Quando capitava che collaborassi da esterno con delle Web Agency, assistevo ad una scena più o meno simile.
Cliente: "Vorrei un software che trasformi l'acqua in vino e che moltiplichi pani e pesci!"
CEO della web agency: "Ma certo! Che ci vuole! Costa 5000 euro. Mi dia 1000 euro di acconto"
Cliente: "Che bello! Grazie! Potrò rivaleggiare con quel falegname che 2000 anni fa furoreggiava in Palestina".
CEO: "Franco, ci serve il tuo aiuto. Abbiamo bisogno di un software che trasformi l'acqua in vino e moltiplichi pani e pesci!"
Franco Marino: "Non è possibile, nella storia ci è riuscito soltanto un falegname della Palestina sulle cui virtù miracolistiche oggi molti hanno dubbi. Il vostro cliente vi ha chiesto una cosa impossibile"
CEO: "Ma il cliente ci ha pagato un acconto di 1000 euro e ce ne pagherà 10.000 a lavoro saldato"
Franco Marino: "Problemi vostri che non mi avete chiesto se fosse fattibile".
CEO: "Ok Franco, sei licenziato!".
Cliente: "Ehi ma perché vi siete presi i soldi e non mi avete dato il software che trasforma l'acqua in vino e moltiplichi pani e pesci? Che fine avete fatto? Sto provando su www.webagency.com e il vostro sito non me lo fa più vedere! TRUFFATORI!! LADRI!!"
Di chi è la colpa in questo caso? Non certo di Franco che ha detto che questa cosa non si può fare ma della Web Agency che si è presa un impegno che non può mantenere - e che se n'è approfittata, rubandosi i soldi - e del cliente che ha chiesto una cosa irrealistica e dunque irrealizzabile, rimettendoci 1000 euro. Ed è esattamente questo l'equivoco che provoca la pessima classe dirigente che abbiamo.
Quel che voglio dire è che il punto non è cosa voglia fare Vannacci - perché il suo pensiero sulle problematiche che stiamo vivendo l'ha (alquanto grossolanamente) esposto nel suo libro - ma come voglia eliminare i problemi che denuncia.
Se poco poco volesse cambiare l'1% delle cose di cui si lamenta, dovrebbe affrontare poteri talmente forti che potrebbero stritolarlo in qualsiasi momento. E a quel punto non gli rimarrebbe che fare come quell'idiota di Tsipras, che prima si è presentato come il salvatore del popolo greco dai diktat della Troika, salvo poi sentirsi dire dalla Troika stessa "O fai quel che diciamo noi oppure da domani non avrai i soldi per curare i femori rotti, per pagare i medici e le pensioni". Morale della favola, Tsipras si è adeguato e alla fine ha eseguito i diktat senza battere ciglio.
Ora il problema non era, ovviamente, che Tsipras sbagliasse nell'opporsi alla Troika ma che abbia dichiarato guerra a quel sistema senza avere le armi giuste, senza procurarsi le dovute protezioni.
Quando con un grosso politico del passato ci trovammo a parlare, ai tempi dello scandalo della D'Addario, delle difficoltà che incontrava Berlusconi, quel vecchio birbante mi fece una lista di cose, tutte legali, che il Cavaliere avrebbe potuto fare per neutralizzare la Magistratura e il giornalismo d'inchiesta. E' esattamente questa la competenza che manca. E che mancava, per esempio, a Berlusconi, che era abilissimo come aggregatore di consensi, da buon imprenditore, ma che nel giuoco della politica tattica era di un'imbarazzante ingenuità.
Per cui io da Vannacci non mi aspetto che mi snoccioli tutto l'elenco di frasi fatte - anche giuste in alcuni casi - prese sui social da Fragola86 o da Banana33, ma che mi faccia sapere come intende muoversi per superare tutte le resistenze che inevitabilmente incontrerà. Dunque, con chi si si alleerà, come fronteggerà i poteri che gli si metteranno di traverso, come difenderà tutti coloro che lo supporteranno e che inevitabilmente subiranno ritorsioni. Questa è la competenza. Che non si acquisisce certo raggranellando gli sfoghi social con i quali scrivere un libro. Fino a quel momento, non si fa politica ma reality show.
La prima è che io del personaggio non so praticamente nulla né mi sono premurato di approfondire. Non mi suscita alcuna curiosità. So che è stato un militare di un certo valore - e non mi sono mai sognato di negarlo - ma essere un buon soldato non implica nel contempo essere un bravo politico. Può darsi benissimo che Vannacci sia molto meglio di ciò che appare ma, in tutta sincerità, se qualcuno basasse la fiducia nei suoi confronti sul libro che ha scritto, se ha un minimo di onestà intellettuale, non potrà che riconoscere che quel libro non contiene nient'altro che la frittura e la rifrittura a pagamento di tutto ciò che ogni giorno potete leggere sui social, gratis. Cose anche, in qualche caso, condivisibili, ma che non vanno alla sostanza del problema, non alla maniera di un John Kleeves, per capirci. Che su tutto ciò che ci sta accadendo oggi scrisse trent'anni fa.
La furbizia di Vannacci sta nell'aver fatto una vrancata di tutti i luoghi comuni del dissenso, mettendoli in un libro che ha avuto un gran successo e gli ha generato guadagni pari ad un appartamento a Roma. Chapeau per la brillante operazione commerciale. Ma credo che nessuno abbia imparato niente che già non sapesse.
Ma perché allora dedicare un articolo con questo titolo? Perché è avvilente notare come si diventi rapidamente un punto di riferimento, indossando segni esteriori che fanno breccia nel cuore dei disperati. Esiste, infatti, una grossissima differenza tra il sapere dettato dalla competenza e quello "per sentito dire". Molta più gente di quel che crediamo le cose che mostra di sapere non le sa, certo, per reale competenza ma perché ha letto e rimasticato cose di altri. La competenza è qualcosa di molto più profondo, è padroneggiare tutti i marchingegni di una macchina complessa, sapendo dove intervenire quando si inceppa qualcosa. E se la differenza tra ciò che credevo di sapere e ciò che nei fatti sapevo ha messo in crisi me persino quando ho cominciato ad interessarmi di questioni condominiali - e io non penso di essere l'ultimo dei cretini - figuriamoci se non può andare in crisi un presidente del consiglio senza esperienza che si trova ad occuparsi di dossier, di documenti, di rapporti, di macchine burocratiche. Tutta roba che prevede una cosa molto semplice che si chiama competenza.
E avvilisce proprio la noncuranza nei confronti di questo concetto. Voglio dire: se io leggessi 1000 libri sul pugilato e guardassi 1000 ore di incontri, potrei scrivere libri e documentari sul pugilato. Ma questo non farebbe di me un pugile. Se prendessimo, per esempio, una cosa di cui questo paese avrebbe bisogno ossia le liberalizzazioni, e a proporle fosse Bersani, io avrei di fronte un signore che è stato l'unico ad averle fatte, piacciano o meno. Mi fiderei sicuramente molto più di lui che di Vannacci.
Invece, oggi, qualsiasi persona può presentarsi con un programma e chiedere dei voti, senza che nessuno possa sincerarsi della sua competenza. Perché un programma non contiene soltanto le cose che si vorrebbero fare ma anche e soprattutto *come* farle. Viceversa, non si chiama programma ma "libro dei desideri", che qualsiasi imbecille sarebbe in grado di scrivere.
Con lo stesso ragionamento, potrei presentarmi sul ring, forte dei miei 1000 libri letti e dei miei 1000 incontri guardati, e sfidare Mike Tyson. Che ci vuole? "Schiva il jab!" "Colpisci e spostati!" "Esci dalle corde!". Il problema è che se io effettivamente salissi sul ring con Mike Tyson, verrei fatto a pezzi in pochi secondi, anche oggi che il vecchio Mike va verso i sessanta.
Questo completo disprezzo per le capacità personali, per le competenze e per le esperienze acquisite non è ovviamente soltanto della politica. Si verifica per esempio anche nel mio mestiere. Quando capitava che collaborassi da esterno con delle Web Agency, assistevo ad una scena più o meno simile.
Cliente: "Vorrei un software che trasformi l'acqua in vino e che moltiplichi pani e pesci!"
CEO della web agency: "Ma certo! Che ci vuole! Costa 5000 euro. Mi dia 1000 euro di acconto"
Cliente: "Che bello! Grazie! Potrò rivaleggiare con quel falegname che 2000 anni fa furoreggiava in Palestina".
CEO: "Franco, ci serve il tuo aiuto. Abbiamo bisogno di un software che trasformi l'acqua in vino e moltiplichi pani e pesci!"
Franco Marino: "Non è possibile, nella storia ci è riuscito soltanto un falegname della Palestina sulle cui virtù miracolistiche oggi molti hanno dubbi. Il vostro cliente vi ha chiesto una cosa impossibile"
CEO: "Ma il cliente ci ha pagato un acconto di 1000 euro e ce ne pagherà 10.000 a lavoro saldato"
Franco Marino: "Problemi vostri che non mi avete chiesto se fosse fattibile".
CEO: "Ok Franco, sei licenziato!".
Cliente: "Ehi ma perché vi siete presi i soldi e non mi avete dato il software che trasforma l'acqua in vino e moltiplichi pani e pesci? Che fine avete fatto? Sto provando su www.webagency.com e il vostro sito non me lo fa più vedere! TRUFFATORI!! LADRI!!"
Di chi è la colpa in questo caso? Non certo di Franco che ha detto che questa cosa non si può fare ma della Web Agency che si è presa un impegno che non può mantenere - e che se n'è approfittata, rubandosi i soldi - e del cliente che ha chiesto una cosa irrealistica e dunque irrealizzabile, rimettendoci 1000 euro. Ed è esattamente questo l'equivoco che provoca la pessima classe dirigente che abbiamo.
Quel che voglio dire è che il punto non è cosa voglia fare Vannacci - perché il suo pensiero sulle problematiche che stiamo vivendo l'ha (alquanto grossolanamente) esposto nel suo libro - ma come voglia eliminare i problemi che denuncia.
Se poco poco volesse cambiare l'1% delle cose di cui si lamenta, dovrebbe affrontare poteri talmente forti che potrebbero stritolarlo in qualsiasi momento. E a quel punto non gli rimarrebbe che fare come quell'idiota di Tsipras, che prima si è presentato come il salvatore del popolo greco dai diktat della Troika, salvo poi sentirsi dire dalla Troika stessa "O fai quel che diciamo noi oppure da domani non avrai i soldi per curare i femori rotti, per pagare i medici e le pensioni". Morale della favola, Tsipras si è adeguato e alla fine ha eseguito i diktat senza battere ciglio.
Ora il problema non era, ovviamente, che Tsipras sbagliasse nell'opporsi alla Troika ma che abbia dichiarato guerra a quel sistema senza avere le armi giuste, senza procurarsi le dovute protezioni.
Quando con un grosso politico del passato ci trovammo a parlare, ai tempi dello scandalo della D'Addario, delle difficoltà che incontrava Berlusconi, quel vecchio birbante mi fece una lista di cose, tutte legali, che il Cavaliere avrebbe potuto fare per neutralizzare la Magistratura e il giornalismo d'inchiesta. E' esattamente questa la competenza che manca. E che mancava, per esempio, a Berlusconi, che era abilissimo come aggregatore di consensi, da buon imprenditore, ma che nel giuoco della politica tattica era di un'imbarazzante ingenuità.
Per cui io da Vannacci non mi aspetto che mi snoccioli tutto l'elenco di frasi fatte - anche giuste in alcuni casi - prese sui social da Fragola86 o da Banana33, ma che mi faccia sapere come intende muoversi per superare tutte le resistenze che inevitabilmente incontrerà. Dunque, con chi si si alleerà, come fronteggerà i poteri che gli si metteranno di traverso, come difenderà tutti coloro che lo supporteranno e che inevitabilmente subiranno ritorsioni. Questa è la competenza. Che non si acquisisce certo raggranellando gli sfoghi social con i quali scrivere un libro. Fino a quel momento, non si fa politica ma reality show.
E sinceramente - e viste le percentuali astensionistiche non sono il solo - dei reality ne ho fin sopra i capelli.