Se un pericoloso virus si diffondesse in un paese, uccidendo tutti i malati e tutti gli animali da cui potrebbe provenire avremmo eradicato il virus. Ma chi suggerisse questo rimedio rischierebbe di essere guardato o come un pazzo o come un criminale. E nondimeno sarebbe una risposta scientifica: è ovvio che se si ammazzano tutti i portatori e le fonti di un virus, di fatto quel virus è debellato. Da questo, si arriva ad una conclusione logica: non tutto ciò che è scientificamente valido, è anche fattibile senza che questo crei conseguenze peggiori. Ma non è certo colpa dello scienziato, che in quel momento indica solo una soluzione.
Questo concetto - la distinzione tra mezzi e fini - è difficile da spiegare dopo decenni di bombardamento scientista. Tutti si sono convinti che la scienza non sia un metodo ma un gentile signore che, con la voce flautata di Piero Angela sulle note di Quark, ci dice come guarire dalle malattie. Del resto, accade lo stesso con l'idealizzazione dei magistrati: si è confusa un'asettica funzione burocratica con la convinzione che il magistrato debba "lottare contro la mafia, la corruzione", che tradotto significa mandare alla sbarra imprenditori, politici, che casomai poi si rivelano innocenti come è accaduto un'infinità di volte, senza risponderne all'opinione pubblica in nome di una non meglio definita palingenesi morale volta al sacro Bene. Ecco dunque il magistrato eroe in lotta contro il Male, né più né meno di come lo scienziato lotta contro il riscaldamento globale o contro un virus.
In realtà, la scienza - come del resto anche il diritto - è una mera prassi fine a se stessa. Essendo un informatico - ed essendo, di fatto, uno scienziato (anche se la mia sindrome dell'impostore mi fa ridere a questa autodefinizione) - mi capita spesso di vedermi assegnati dei progetti. Il mio compito di scienziato (continuo a ridere, ma di fatto è quello che nel mio piccolo sono) non è di contestarli ma di eseguirli previa attenta valutazione. Se il cliente mi chiede di fargli un sito in ASP su un server linux, o mi chiede un server come quello su cui si regge La Grande Italia per ospitare Facebook, in entrambi i casi gli dico che non è fattibile e dunque rinuncio all'incarico. Ma non ho alcun titolo per esprimermi sulla validità del suo progetto: il mio compito è di mettergli a disposizione i mezzi per realizzarlo. Analogamente, di fronte ad ogni emergenza - ieri è stata la volta del covid, oggi è quella del clima - si parte dal presupposto che siano i medici o i meteorologi a dovervi fare fronte. Ma questa è una sciocchezza. Lo scienziato, di fronte ad un virus, ci dà solo informazioni su come guarire chi ne è affetto, su come immunizzare chi potrebbe esserne affetto e come avviene il contagio. Il suo compito finisce lì. Nel momento in cui vuole obbligare le persone in maniera diretta (obbligo vaccinale) o indiretta (green pass, lockdown) facendo pressione sugli interessi delle persone, non è più uno scienziato ma un politico in quanto tale chiamato ad assumersi la responsabilità davanti al popolo delle sue decisioni. Analogamente, anche la questione del riscaldamento globale mi lascia del tutto indifferente. Io che il caldo lo soffro terribilmente, sarei ben felice di avere estati più fresche. Ma se il rimedio suggerito dagli scienziati è "Costringete gli italiani a spendere centomila euro a testa per rifare le case, comprare nuove automobili e smettere di mangiare carne e latticini", una politica fatta da persone sane di mente va dagli scienziati e dice loro "Ci spiace, non possiamo mandare sul lastrico centinaia di milioni di persone con i vostri metodi. Ritentate e sarete più fortunati". Perché la politica, diversamente dalla scienza, deve anche rispondere delle conseguenze di un rimedio scientifico che crea altri problemi. E, personalmente, se l'alternativa è di spendere soldi che non ho, mi tengo il caldo così com'è, che per la verità mi ricordo di estati peggiori.
Anche per questo, per esempio, a me non è mai interessato sapere se il vaccino proteggesse dal Covid o meno e non mi sono mai, dunque, intruppato nel triste fenomeno della virologia da stadio che ha animato tutta la farsa pandemica. Nel contestare Burioni o Bassetti, non mi sono mai messo al rimorchio di Tarro o di Montagnier, né mi sono mai attaccato ad ogni malore improvviso che colpisse grandi obesi o cariatidi con un piede nella fossa urlando al vaccino. Non ne ho fatto un fatto sanitario, per me la questione è sempre e solo stata politica. Se anche un giorno il vaccino mi promettesse di farmi diventare alto due metri, palestrato, superdotato e farmi campare fino a cento anni in ottima salute, per poi morire nel sonno, se anche si scoprisse che quei malori improvvisi fossero normalissimi e il vaccino non c'entrasse nulla, il semplice fatto che qualcuno mi obbligasse a farlo, mi farebbe dire di no. Basterebbe rispondere ai pifferai dello scientismo in questo modo e questo sarebbe sufficiente a spegnere ogni emergenzialismo. E analogamente agli allarmi climatici, la risposta deve essere la medesima. E' sciocco confrontarsi con i vari baroni della meteorologia, della climatologia, della geologia e altre scemenze: anche ammesso che abbandonando le nostre case senza un indennizzo economico, buttando la nostra auto e smettendo di mangiare carne, risolveremmo il problema climatico, ebbene non ce ne frega nulla.
Spesso il dissenso si riempie di cialtroni, perché chi subisce le conseguenze negative di un'informazione scientifica, sbagliando il bersaglio, cerca di competere con gli scienziati sul piano delle loro conoscenze, finendo inevitabilmente infilzati non appena la discussione si fa tecnica, quando il segreto per poter mettere al muro i vari Burioni e Tozzi è dire loro "sì, avete ragione voi, la tal soluzione proposta risolverà il problema ma non ce ne frega nulla, la vostra soluzione non è applicabile. Se per non morire di influenza dobbiamo morire di fame o rischiare che vengano a prenderci con i forconi, ritentate e sarete più fortunati". Se la soluzione di un problema è la creazione di un altro problema, quella soluzione non è una soluzione. E non ci vuole una laurea in medicina o in geologia per capirlo. Basta usare la logica.
Questo concetto - la distinzione tra mezzi e fini - è difficile da spiegare dopo decenni di bombardamento scientista. Tutti si sono convinti che la scienza non sia un metodo ma un gentile signore che, con la voce flautata di Piero Angela sulle note di Quark, ci dice come guarire dalle malattie. Del resto, accade lo stesso con l'idealizzazione dei magistrati: si è confusa un'asettica funzione burocratica con la convinzione che il magistrato debba "lottare contro la mafia, la corruzione", che tradotto significa mandare alla sbarra imprenditori, politici, che casomai poi si rivelano innocenti come è accaduto un'infinità di volte, senza risponderne all'opinione pubblica in nome di una non meglio definita palingenesi morale volta al sacro Bene. Ecco dunque il magistrato eroe in lotta contro il Male, né più né meno di come lo scienziato lotta contro il riscaldamento globale o contro un virus.
In realtà, la scienza - come del resto anche il diritto - è una mera prassi fine a se stessa. Essendo un informatico - ed essendo, di fatto, uno scienziato (anche se la mia sindrome dell'impostore mi fa ridere a questa autodefinizione) - mi capita spesso di vedermi assegnati dei progetti. Il mio compito di scienziato (continuo a ridere, ma di fatto è quello che nel mio piccolo sono) non è di contestarli ma di eseguirli previa attenta valutazione. Se il cliente mi chiede di fargli un sito in ASP su un server linux, o mi chiede un server come quello su cui si regge La Grande Italia per ospitare Facebook, in entrambi i casi gli dico che non è fattibile e dunque rinuncio all'incarico. Ma non ho alcun titolo per esprimermi sulla validità del suo progetto: il mio compito è di mettergli a disposizione i mezzi per realizzarlo. Analogamente, di fronte ad ogni emergenza - ieri è stata la volta del covid, oggi è quella del clima - si parte dal presupposto che siano i medici o i meteorologi a dovervi fare fronte. Ma questa è una sciocchezza. Lo scienziato, di fronte ad un virus, ci dà solo informazioni su come guarire chi ne è affetto, su come immunizzare chi potrebbe esserne affetto e come avviene il contagio. Il suo compito finisce lì. Nel momento in cui vuole obbligare le persone in maniera diretta (obbligo vaccinale) o indiretta (green pass, lockdown) facendo pressione sugli interessi delle persone, non è più uno scienziato ma un politico in quanto tale chiamato ad assumersi la responsabilità davanti al popolo delle sue decisioni. Analogamente, anche la questione del riscaldamento globale mi lascia del tutto indifferente. Io che il caldo lo soffro terribilmente, sarei ben felice di avere estati più fresche. Ma se il rimedio suggerito dagli scienziati è "Costringete gli italiani a spendere centomila euro a testa per rifare le case, comprare nuove automobili e smettere di mangiare carne e latticini", una politica fatta da persone sane di mente va dagli scienziati e dice loro "Ci spiace, non possiamo mandare sul lastrico centinaia di milioni di persone con i vostri metodi. Ritentate e sarete più fortunati". Perché la politica, diversamente dalla scienza, deve anche rispondere delle conseguenze di un rimedio scientifico che crea altri problemi. E, personalmente, se l'alternativa è di spendere soldi che non ho, mi tengo il caldo così com'è, che per la verità mi ricordo di estati peggiori.
Anche per questo, per esempio, a me non è mai interessato sapere se il vaccino proteggesse dal Covid o meno e non mi sono mai, dunque, intruppato nel triste fenomeno della virologia da stadio che ha animato tutta la farsa pandemica. Nel contestare Burioni o Bassetti, non mi sono mai messo al rimorchio di Tarro o di Montagnier, né mi sono mai attaccato ad ogni malore improvviso che colpisse grandi obesi o cariatidi con un piede nella fossa urlando al vaccino. Non ne ho fatto un fatto sanitario, per me la questione è sempre e solo stata politica. Se anche un giorno il vaccino mi promettesse di farmi diventare alto due metri, palestrato, superdotato e farmi campare fino a cento anni in ottima salute, per poi morire nel sonno, se anche si scoprisse che quei malori improvvisi fossero normalissimi e il vaccino non c'entrasse nulla, il semplice fatto che qualcuno mi obbligasse a farlo, mi farebbe dire di no. Basterebbe rispondere ai pifferai dello scientismo in questo modo e questo sarebbe sufficiente a spegnere ogni emergenzialismo. E analogamente agli allarmi climatici, la risposta deve essere la medesima. E' sciocco confrontarsi con i vari baroni della meteorologia, della climatologia, della geologia e altre scemenze: anche ammesso che abbandonando le nostre case senza un indennizzo economico, buttando la nostra auto e smettendo di mangiare carne, risolveremmo il problema climatico, ebbene non ce ne frega nulla.
Spesso il dissenso si riempie di cialtroni, perché chi subisce le conseguenze negative di un'informazione scientifica, sbagliando il bersaglio, cerca di competere con gli scienziati sul piano delle loro conoscenze, finendo inevitabilmente infilzati non appena la discussione si fa tecnica, quando il segreto per poter mettere al muro i vari Burioni e Tozzi è dire loro "sì, avete ragione voi, la tal soluzione proposta risolverà il problema ma non ce ne frega nulla, la vostra soluzione non è applicabile. Se per non morire di influenza dobbiamo morire di fame o rischiare che vengano a prenderci con i forconi, ritentate e sarete più fortunati". Se la soluzione di un problema è la creazione di un altro problema, quella soluzione non è una soluzione. E non ci vuole una laurea in medicina o in geologia per capirlo. Basta usare la logica.
Ah la cara e vecchia logica...