Credo di aver già fatto questa specie di "parabola": se un cuore non funziona bene, dà origine ad una lunga serie di disfunzioni a carico di altri organi, col risultato che alla fine non si muore manco più di cuore ma di altro. Questo principio spiega il mio disagio nel trattare argomenti singoli senza curarmi dello sfondo generale: del resto La Grande Italia nasce proprio per coordinare le letture di tutti i fenomeni in un unico grande filo logico. Così, mentre Elon Musk, scoprendo l'acqua calda, ci dice che in Italia si fanno pochi figli, dividendo il dissenso tra i reazionari che danno la colpa alle madri snaturate e chi invece se la prende col governo, forse è meglio recuperare il vero filo logico dietro al vero punto della questione, che è molto semplice: l'Italia è in gravissima crisi economica e non è un paese autosufficiente, oltre ad andare incontro ad un futuro che sarà nerissimo, indipendentemente da come finirà la guerra in Ucraina. Quando un paese, per poter sopravvivere, deve rendere conto di ogni decisione ad altri poteri, di altri paesi, i quali certamente non hanno interesse a ritrovarsi un competitore agguerrito in più sul grande mercato internazionale, è ovvio che non prenderà mai quei provvedimenti che servano a risolvere questi problemi.
Ma non c'è niente da fare: l'ottusità pervade il dibattito pubblico ove ogni giorno, riguardo alla crisi dei singoli settori, alcuni dei quali vere e proprie eccellenze dell'italianità - anzi no del made in Italy come dice il governo, che poi vuol multare chi usa le parole inglesi - si discute di problemi che non si risolveranno perché partono dal presupposto che il problema sia settoriale e non generale.
L'edilizia è in crisi? La colpa è del fatto che non si costruisce più. Il calcio italiano è in crisi? La colpa è che manca il centravanti o che ci sono troppi stranieri. Il doppiaggio italiano in crisi? La colpa è dei doppiatori che non sono più bravi. La scuola è in crisi? Colpa degli insegnanti, anzi no, colpa degli alunni. Nessuno si chiede se, semplicemente, l'Italia abbia la possibilità materiale di cambiare le cose. E questo fatalmente riguarda anche la denatalità, dove si scontrano i fanatismi libertari e quelli progressisti, quando in realtà le cose sono molto più grevi e grette, se vogliamo. Il motivo per cui la gente non fa più figli non è perché le donne preferiscano mostrare le proprie vergogne su Onlyfans ma semplicemente perché non conviene farli. E le donne non è perché provino chissà quale gradimento ad esporsi a sconosciuti potenzialmente pericolosi, invece di dedicarsi ai loro stalloni: semplicemente, quel sito permette ad alcune disoccupate di racimolare quei soldi che non riescono a trovare facendo lavori normali. E se i lavori normali non si trovano perché si scoraggia la libera impresa a tal punto che quel po' di imprenditoria che c'è è parastatale e offre lavori solo a condizione che i lavoratori prostituiscano diritti e salari, c'è da lamentarsi che poi una famiglia abbia i soldi necessari per sostentarsi? I figli costano troppo, ci sono pochi soldi e, soprattutto, decenni di finto benessere hanno alzato le pretese degli italiani, aumentando la propensione all'individualismo e indebolendo quelle naturali strutture sociali che sono le famiglie. Solo che i nostri pargoli non è che smettano di costare solo perché l'economia è in crisi. Anche obnubilati da un benessere del tutto artificiale, hanno la logopedia, il tennis, l'apparecchio ai denti e poi crescendo vogliono il motorino, la macchina etc. immersi poi in un sistema che al minimo scappellotto fuori posto, invoca i servizi sociali e invece pretenderebbe che li si tratti da futuri fenomeni del calcio o della musica, quando non sono né l'uno né l'altro. Il tutto senza la garanzia che poi quei figli effettivamente un giorno ricambino le amorevoli cure ricevute.
Soltanto ottant'anni fa, alle madri della patria, cioè quelle che facevano sei figli, regalavano una casa colonica ed una mucca. Oggi ci dicono che quel modello è retrogrado e che la sanità mentale è rappresentata non più dal maschio muscoloso e villoso e dalla femmina formosa, che anzi è confinata come le bestie nella categoria protetta, orridamente definita "curvy" (come se fosse una malattia e non la normalità per una donna avere le curve). Al contrario, va di moda il maschio nu poco ricchione e la femmina che si fa crescere sulle cosce il bosco di Capodimonte, tutto questo perché qualcuno ha deciso che siamo troppi e allora dobbiamo diventare unisex, facendo venire il vomito all'altro sesso, creare conflitti intersessuali e dunque scoraggiare la tendenza naturale del maschio e della femmina di accoppiarsi e procreare. In queste condizioni conviene fare figli? La persona razionale risponde no. Poi certo, non tutti sono capaci di dominare gli istinti e io per esempio il mio istinto non l'ho dominato facendola una figlia. Ma mi rendo conto, da orfano figlio unico, quanto sarebbe tragica la sua situazione se la madre di mia figlia non vivesse praticamente nella stessa casa della sorella e con una madre ancora in buona salute, con due cuginetti che sono i suoi fratellini e se io, invece di lavorare praticamente da casa, dovessi andare ogni giorno in ufficio: sarei costretto a prendere la baby-sitter, che giustamente si fa pagare. E dunque la natalità è in crisi, il calcio è in crisi, l'edilizia è in crisi, il cinema è in crisi, perché è l'Italia ad essere in crisi. Sul piano economico anzitutto, dunque sociale. E non solo non si vede l'uscita da questa crisi ma finanche dalla mentalità che ha portato questa crisi. Si continua ad invocare l'intervento del governo da una parte e dall'altra, senza considerare che forse il problema possa essere proprio del fatto che ci sia sempre un governo a rendere difficili le cose, a partire per esempio dalle troppe regole e dalle troppe tasse che scoraggiano la nascita di imprese che producano la ricchezza che il governo dovrà redistribuire, senza che nessuno si ponga il problema che i bassi stipendi dipendano dal fatto che ci sono poche imprese. E senza considerare che forse ci sono interessi sovranazionali che impediscano la nascita di un forte distretto industriale.
Ma non c'è niente da fare: l'ottusità pervade il dibattito pubblico ove ogni giorno, riguardo alla crisi dei singoli settori, alcuni dei quali vere e proprie eccellenze dell'italianità - anzi no del made in Italy come dice il governo, che poi vuol multare chi usa le parole inglesi - si discute di problemi che non si risolveranno perché partono dal presupposto che il problema sia settoriale e non generale.
L'edilizia è in crisi? La colpa è del fatto che non si costruisce più. Il calcio italiano è in crisi? La colpa è che manca il centravanti o che ci sono troppi stranieri. Il doppiaggio italiano in crisi? La colpa è dei doppiatori che non sono più bravi. La scuola è in crisi? Colpa degli insegnanti, anzi no, colpa degli alunni. Nessuno si chiede se, semplicemente, l'Italia abbia la possibilità materiale di cambiare le cose. E questo fatalmente riguarda anche la denatalità, dove si scontrano i fanatismi libertari e quelli progressisti, quando in realtà le cose sono molto più grevi e grette, se vogliamo. Il motivo per cui la gente non fa più figli non è perché le donne preferiscano mostrare le proprie vergogne su Onlyfans ma semplicemente perché non conviene farli. E le donne non è perché provino chissà quale gradimento ad esporsi a sconosciuti potenzialmente pericolosi, invece di dedicarsi ai loro stalloni: semplicemente, quel sito permette ad alcune disoccupate di racimolare quei soldi che non riescono a trovare facendo lavori normali. E se i lavori normali non si trovano perché si scoraggia la libera impresa a tal punto che quel po' di imprenditoria che c'è è parastatale e offre lavori solo a condizione che i lavoratori prostituiscano diritti e salari, c'è da lamentarsi che poi una famiglia abbia i soldi necessari per sostentarsi? I figli costano troppo, ci sono pochi soldi e, soprattutto, decenni di finto benessere hanno alzato le pretese degli italiani, aumentando la propensione all'individualismo e indebolendo quelle naturali strutture sociali che sono le famiglie. Solo che i nostri pargoli non è che smettano di costare solo perché l'economia è in crisi. Anche obnubilati da un benessere del tutto artificiale, hanno la logopedia, il tennis, l'apparecchio ai denti e poi crescendo vogliono il motorino, la macchina etc. immersi poi in un sistema che al minimo scappellotto fuori posto, invoca i servizi sociali e invece pretenderebbe che li si tratti da futuri fenomeni del calcio o della musica, quando non sono né l'uno né l'altro. Il tutto senza la garanzia che poi quei figli effettivamente un giorno ricambino le amorevoli cure ricevute.
Soltanto ottant'anni fa, alle madri della patria, cioè quelle che facevano sei figli, regalavano una casa colonica ed una mucca. Oggi ci dicono che quel modello è retrogrado e che la sanità mentale è rappresentata non più dal maschio muscoloso e villoso e dalla femmina formosa, che anzi è confinata come le bestie nella categoria protetta, orridamente definita "curvy" (come se fosse una malattia e non la normalità per una donna avere le curve). Al contrario, va di moda il maschio nu poco ricchione e la femmina che si fa crescere sulle cosce il bosco di Capodimonte, tutto questo perché qualcuno ha deciso che siamo troppi e allora dobbiamo diventare unisex, facendo venire il vomito all'altro sesso, creare conflitti intersessuali e dunque scoraggiare la tendenza naturale del maschio e della femmina di accoppiarsi e procreare. In queste condizioni conviene fare figli? La persona razionale risponde no. Poi certo, non tutti sono capaci di dominare gli istinti e io per esempio il mio istinto non l'ho dominato facendola una figlia. Ma mi rendo conto, da orfano figlio unico, quanto sarebbe tragica la sua situazione se la madre di mia figlia non vivesse praticamente nella stessa casa della sorella e con una madre ancora in buona salute, con due cuginetti che sono i suoi fratellini e se io, invece di lavorare praticamente da casa, dovessi andare ogni giorno in ufficio: sarei costretto a prendere la baby-sitter, che giustamente si fa pagare. E dunque la natalità è in crisi, il calcio è in crisi, l'edilizia è in crisi, il cinema è in crisi, perché è l'Italia ad essere in crisi. Sul piano economico anzitutto, dunque sociale. E non solo non si vede l'uscita da questa crisi ma finanche dalla mentalità che ha portato questa crisi. Si continua ad invocare l'intervento del governo da una parte e dall'altra, senza considerare che forse il problema possa essere proprio del fatto che ci sia sempre un governo a rendere difficili le cose, a partire per esempio dalle troppe regole e dalle troppe tasse che scoraggiano la nascita di imprese che producano la ricchezza che il governo dovrà redistribuire, senza che nessuno si ponga il problema che i bassi stipendi dipendano dal fatto che ci sono poche imprese. E senza considerare che forse ci sono interessi sovranazionali che impediscano la nascita di un forte distretto industriale.
Come vedete, considerazioni che spostano molto lontano il tema di questo articolo, fino a far sbadigliare chi in fondo si è preso il disturbo di leggere questa pagina per sapere se la colpa della denatalità sia di questa o di quell'altra ragione. Ma è come quando si vuole trapiantare un rene ad un cardiopatico. Se il cuore è malato, il trapianto di rene non serve a nulla. L'Italia non ha l'indipendenza per poter fare le cose che davvero servirebbero. Se si analizza, solo dalla sua orbita, un singolo problema, sostanzialmente si parla del nulla.