Da quando Chiara Ferragni è ascesa al proscenio delle prime pagine dei giornali si leggono moltissime analisi sul suo fenomeno mediatico, contrapponendo il modernismo spinto di chi ritiene quella degli influencer una realtà ineluttabile e il reazionarismo di chi pensa che si stava meglio quando si stava peggio e ci dovevamo sorbire le scemenze senza poter replicare. In realtà non vorrei parlare della Ferragni in sé, personaggio di cui non so niente - nulla di personale, ma si occupa di tematiche su cui sono un totale analfabeta - ma della cosiddetta “critica” e dunque della figura del critico. Che è sempre esistito. Chiamarlo influencer è solo un inutile anglismo. Se prendiamo per esempio la pittura, la scultura e in generale le cosiddette arti raffigurative, non ne capisco assolutamente nulla, anche perché, essendo totalmente negato per il disegno, non ho mai sviluppato una passione in tal senso e non ho mai dunque accumulato quel po’ di competenza che mi permetta di goderne. Non saprei dire perchè un dipinto del Caravaggio sia migliore di uno di Piero Della Francesca e, in questo caso, se io volessi acquistare un quadro di questi artisti – ad averci le decine di milioni di euro che sicuramente dovrei tirare fuori – avrei bisogno di un critico d’arte che, in quanto tale, su di me acquisirebbe un enorme potere, proprio perché sono quello che dovrà tirare fuori i soldi.
Viceversa, i miei vent'anni di studio del pianoforte, oltre che la capacità di suonare la chitarra, il basso e un po' il sassofono, nonché il cosiddetto "orecchio assoluto", mi permettono di riconoscere lontano un miglio uno dei tanti bluff musicale e dunque rendermi immune dal seguire certe mode, così come, da persona con un bagaglio di studi giuridici alle spalle, riesco a sgamare le scemenze dei tanti torquemada in toga.
Abbiamo così il primo punto che è banale ma fino ad un certo punto: un critico per essere letto ha bisogno dell'ignoranza sul tema di cui si occupa dei suoi lettori che, viceversa, farebbero da sé. Quanto più il lettore è ignorante, tanto più il critico sarà determinante. In un mondo ideale, il critico è una figura di mediazione tra l’ignoranza del lettore su un determinato argomento – del tutto scusabile, non si può sapere tutto di tutto – e la sua volontà di capirne di più, di fruirne. In un mondo ideale, il critico scrive quello che pensa, quello che promana dalla sua coscienza, senza obbedire a logiche politiche, di puro e semplice potere, di pubbliche relazioni con questa o con quella figura. Nel mondo reale, il critico è una figura politicizzata, agganciata, sia in termini di sentimenti che di interessi personali – con coloro che dovrebbe criticare, ricavando vantaggi personali nella sua azione.
Questo porta alla Ferragni che, sia chiaro, non ruba il successo di cui gode bensì sfrutta la combinazione di due fattori: la pressione sociale compiuta dalle centrali del potere plutocratico sui singoli individui bisognosi di validazione sociale – vera spinta sociale alla base della moda – e la mancanza da parte di questi ultimi delle metriche necessarie per quantificare il valore di un prodotto, figlia dell'ignoranza, che li rende incapaci di distinguere un paio di scarpe dall'altro. Anche per questo, quando saltò fuori la storia dell'acqua Ferrarelle della Ferragni venduta a 8 euro a bottiglia e infuriarono le critiche contro di lei, fondamentalmente mi misi a ridere, non tanto perché chiunque, fosse anche un minorato mentale, sa benissimo che il fattore Ferragni circa la bontà dell’acqua è totalmente irrilevante quanto perché nessuno abbia nulla da dire su quegli stessi fessi che mentre si scandalizzano per l’acqua della Ferragni, comprano telefonini di 1000 euro e automobili di 90.000 euro. La questione, cioè, non è che non esistano telefonini o automobili che effettivamente valgano più di altri. E' che chi li compra raramente sa distinguere il valore degli uni rispetto agli altri ma si sottopongono a quegli acquisti unicamente sotto dettatura della moda.
Le classi dirigenti di oggi, attraverso aziende cui hanno delegato importantissimi ruoli strategici, operano ogni giorno una schiacciante pressione sociale acciocché i cittadini si autoschiavizzino seguendo le mode, imponendo loro di formarsi bisogni e gusti che poi i critici convoglieranno verso i prodotti di consumo. Attraverso il legame con le grandi aziende del loro campo di interesse o anche le figure della politica, il critico si arricchisce, acquisisce potere e diventa, per ciò stesso, una figura temuta e rispettata, attorno al quale si sviluppa un vasto codazzo di affezionati che pendono dalle sue labbra magari illudendosi che il critico gli dia la carezzina sotto forma di like o di retweet. C’è questo – e solo questo – dietro il successo di figure come la Ferragni, e in generale dei critici musicali, politici etc. e in generale del recente fenomeno degli influencer. Quanto più si è ignoranti in un determinato tema, tantopiù il critico acquisisce un potere enorme in quell’ambito. Quanto più l'ignoranza è generalizzata, tantopiù la critica diventa una delle tanti armi con cui indirizzare i gusti. E il critico oggi svolge lo stesso ruolo che svolgono i gerarchi dei regimi totalitari. I gerarchi controllano che i cittadini seguano i dettami del regime, naturalmente punendo coloro che non si adeguano. Parimenti, i critici controllano che i consumatori comprino quello che il regime plutocratico ordina, punendo con l’irrilevanza e l’emarginazione sociale quelli che non eseguono.
Viceversa, i miei vent'anni di studio del pianoforte, oltre che la capacità di suonare la chitarra, il basso e un po' il sassofono, nonché il cosiddetto "orecchio assoluto", mi permettono di riconoscere lontano un miglio uno dei tanti bluff musicale e dunque rendermi immune dal seguire certe mode, così come, da persona con un bagaglio di studi giuridici alle spalle, riesco a sgamare le scemenze dei tanti torquemada in toga.
Abbiamo così il primo punto che è banale ma fino ad un certo punto: un critico per essere letto ha bisogno dell'ignoranza sul tema di cui si occupa dei suoi lettori che, viceversa, farebbero da sé. Quanto più il lettore è ignorante, tanto più il critico sarà determinante. In un mondo ideale, il critico è una figura di mediazione tra l’ignoranza del lettore su un determinato argomento – del tutto scusabile, non si può sapere tutto di tutto – e la sua volontà di capirne di più, di fruirne. In un mondo ideale, il critico scrive quello che pensa, quello che promana dalla sua coscienza, senza obbedire a logiche politiche, di puro e semplice potere, di pubbliche relazioni con questa o con quella figura. Nel mondo reale, il critico è una figura politicizzata, agganciata, sia in termini di sentimenti che di interessi personali – con coloro che dovrebbe criticare, ricavando vantaggi personali nella sua azione.
Questo porta alla Ferragni che, sia chiaro, non ruba il successo di cui gode bensì sfrutta la combinazione di due fattori: la pressione sociale compiuta dalle centrali del potere plutocratico sui singoli individui bisognosi di validazione sociale – vera spinta sociale alla base della moda – e la mancanza da parte di questi ultimi delle metriche necessarie per quantificare il valore di un prodotto, figlia dell'ignoranza, che li rende incapaci di distinguere un paio di scarpe dall'altro. Anche per questo, quando saltò fuori la storia dell'acqua Ferrarelle della Ferragni venduta a 8 euro a bottiglia e infuriarono le critiche contro di lei, fondamentalmente mi misi a ridere, non tanto perché chiunque, fosse anche un minorato mentale, sa benissimo che il fattore Ferragni circa la bontà dell’acqua è totalmente irrilevante quanto perché nessuno abbia nulla da dire su quegli stessi fessi che mentre si scandalizzano per l’acqua della Ferragni, comprano telefonini di 1000 euro e automobili di 90.000 euro. La questione, cioè, non è che non esistano telefonini o automobili che effettivamente valgano più di altri. E' che chi li compra raramente sa distinguere il valore degli uni rispetto agli altri ma si sottopongono a quegli acquisti unicamente sotto dettatura della moda.
Le classi dirigenti di oggi, attraverso aziende cui hanno delegato importantissimi ruoli strategici, operano ogni giorno una schiacciante pressione sociale acciocché i cittadini si autoschiavizzino seguendo le mode, imponendo loro di formarsi bisogni e gusti che poi i critici convoglieranno verso i prodotti di consumo. Attraverso il legame con le grandi aziende del loro campo di interesse o anche le figure della politica, il critico si arricchisce, acquisisce potere e diventa, per ciò stesso, una figura temuta e rispettata, attorno al quale si sviluppa un vasto codazzo di affezionati che pendono dalle sue labbra magari illudendosi che il critico gli dia la carezzina sotto forma di like o di retweet. C’è questo – e solo questo – dietro il successo di figure come la Ferragni, e in generale dei critici musicali, politici etc. e in generale del recente fenomeno degli influencer. Quanto più si è ignoranti in un determinato tema, tantopiù il critico acquisisce un potere enorme in quell’ambito. Quanto più l'ignoranza è generalizzata, tantopiù la critica diventa una delle tanti armi con cui indirizzare i gusti. E il critico oggi svolge lo stesso ruolo che svolgono i gerarchi dei regimi totalitari. I gerarchi controllano che i cittadini seguano i dettami del regime, naturalmente punendo coloro che non si adeguano. Parimenti, i critici controllano che i consumatori comprino quello che il regime plutocratico ordina, punendo con l’irrilevanza e l’emarginazione sociale quelli che non eseguono.
Differenze mi pare ce ne siano poche.