Qualche giorno fa ho letto un articolo del Washington Post che denuncia la "minaccia di un ritorno del clericalismo antiscientifico nelle destre radicali europee", e l'ho incrociato con l'osservazione di come in questi giorni si stia tentando di ideologizzare le vicende di Ischia, trasformandole per l'ennesima volta in qualcosa di cui è colpevole l'Uomo in generale. E la cosa non mi piace per niente. Che esistano rischi di un rigurgito clericale, non è un'opinione infondata. Che l'area del dissenso venga corteggiata da una certa area del cattolicesimo più integralista, quasi sconfinante nell'ortodossia slava, è cosa che può confermare chiunque graviti in quell'ambiente. Ma bisogna anche chiedersi perché, e la storia già offre un precedente: il fascismo nacque come reazione a tante minacce, tra cui quella del fanatismo del positivismo scientista. E passati i quarant'anni, avendo esperienza di queste campagne di massa e di argomenti di dibattito pubblico divenuti mainstream, il mio timore è molto chiaro: si tenterà di sfruttare la vicenda di Ischia per creare un fronte di opinione attraverso il quale subdolamente imporre cose che oggi verrebbero viste come inaccettabili. Cosa che naturalmente poi legittimerà le pulsioni autoritarie della destra che, oggi come allora, non farebbe nulla se non passare alla cassa, opponendosi ad una forma di integralismo uguale e contraria.
Ora, giova ripetere in merito alle vicende ischitane, che i colpevoli sì, sono uomini. Ma ischitani. Esistono delle colpe specifiche che risiedono in chi costruisce dove non deve costruire. Ma la responsabilità penale, in questo paese, è personale. Se ad Ischia crollano delle case, la colpa non è di tutti. Io non ho certo colpa di quella vicenda e non voglio rispondere di cose che non ho fatto, magari con provvedimenti generali, dove vengo chiamato in causa anche io. Ma quando per esempio ieri sera sul tardi si è collegato Mario Tozzi, geologo, personaggio molto simile nello stile a Burioni, mi sono accorto di una sensazione che sicuramente avrà provato chi, nei due anni e mezzo di pandemia, si è schierato contro i vari lockdown e obblighi vaccinali: quella di ascoltare un "uomo di scienza" e di attivare immediatamente il medesimo allarme truffatore che si prova quando si ascolta una fattucchiera, un mago o cose di quel tipo. Cosa che ovviamente sconcerta. Sia perché Tozzi non è (come non lo è Burioni) un truffatore, sia perché la scienza non è ovviamente equiparabile alla magia. Il punto è un altro. Come è possibile che sia cresciuta la sfiducia nella scienza?
Personalmente, io ho con la scienza i rapporti che ho puntualmente con chiunque e con qualsiasi cosa nei confronti dei quali non maturo alcuna illusione: un rapporto sereno. Non mi sono mai aspettato che, quando mio padre era affetto dal morbo di Parkinson, il neurologo trovasse la cura che lo facesse rialzare e tornare a giocare a tennis come quando era giovane. Ma è proprio questo il punto: conosco i punti di forza della scienza e dunque anche i limiti. La scienza ha come punto di forza quello di darci delle informazioni, dei dati, senza i quali noi non possiamo compiere delle valutazioni fondamentali.
Si prendano i vaccini. Sappiamo benissimo cosa essi siano, che essi proteggano da alcune malattie, sappiamo che esistono queste malattie. Fin qui siamo alle informazioni. Ma la decisione di obbligare le persone a vaccinarsi o di chiuderle in casa durante un'epidemia, non è una decisione scientifica bensì politica, perché mentre la scienza non è tenuta a rispondere delle conseguenze sociali delle proprie scoperte, la politica invece deve porsi il problema di che tipo di società si viene a creare quando, dopo aver sacrificato i diritti dei propri cittadini e distrutto ampi settori dell'economia, il paese si ritrova con una marea di disoccupati e di costi sociali. Raccontava De Benedetti che, quando Agnelli lo chiamò a risanare la FIAT, gli propose di licenziare decine di migliaia di persone. In quel momento, lo scienziato dell'economia De Benedetti aveva proposto una soluzione che dal suo punto di vista era scientifica. Agnelli, nel dargli del matto, gli disse che quella soluzione era totalmente impraticabile e avrebbe provocato disordini politici. Aveva ovviamente ragione Agnelli.
Abbiamo così chiaro il primo punto: non tutti i dati scientifici ci offrono una verità applicabile. Se un domani la geologia ci dicesse che per rimediare ai disastri geologici la strada più giusta sia confiscare le case degli italiani per rifarle da zero e dare ad ognuno degli italiani un risarcimento di 20-30 mila euro, quella sarebbe un'informazione. La scelta resterebbe comunque della politica, che avrebbe tutto il diritto di ritornare dai geologi e dire "Cari signori, trovate un'altra soluzione perché questa è totalmente inapplicabile". Se un domani la sanità dicesse per assurdo (per assurdo? Ho quasi paura di dare dei suggerimenti) che con una popolazione così ampia, rischiamo ulteriori epidemie, la scelta di fare una strage di massa oppure di ritornare dagli scienziati e dire "cari dottori, dovete inventare un altro sistema per impedirlo", sarebbe puramente politica. Non mi pare di dire niente di insensato, eppure? Eppure proliferano gli inviti ad "affidarsi alla scienza", a dare per scontata la buonafede della scienza, dimenticando che qualsiasi branca del sapere è fatta da uomini. Che possono essere corrotti o ricattabili. E che possono anche falsificare verità scientifiche o per paura di ritorsioni, o perché arrivati a livelli così alti in forza del fatto di essere personalmente ricattabili, o perché semplicemente corrotti.
Ora, giova ripetere in merito alle vicende ischitane, che i colpevoli sì, sono uomini. Ma ischitani. Esistono delle colpe specifiche che risiedono in chi costruisce dove non deve costruire. Ma la responsabilità penale, in questo paese, è personale. Se ad Ischia crollano delle case, la colpa non è di tutti. Io non ho certo colpa di quella vicenda e non voglio rispondere di cose che non ho fatto, magari con provvedimenti generali, dove vengo chiamato in causa anche io. Ma quando per esempio ieri sera sul tardi si è collegato Mario Tozzi, geologo, personaggio molto simile nello stile a Burioni, mi sono accorto di una sensazione che sicuramente avrà provato chi, nei due anni e mezzo di pandemia, si è schierato contro i vari lockdown e obblighi vaccinali: quella di ascoltare un "uomo di scienza" e di attivare immediatamente il medesimo allarme truffatore che si prova quando si ascolta una fattucchiera, un mago o cose di quel tipo. Cosa che ovviamente sconcerta. Sia perché Tozzi non è (come non lo è Burioni) un truffatore, sia perché la scienza non è ovviamente equiparabile alla magia. Il punto è un altro. Come è possibile che sia cresciuta la sfiducia nella scienza?
Personalmente, io ho con la scienza i rapporti che ho puntualmente con chiunque e con qualsiasi cosa nei confronti dei quali non maturo alcuna illusione: un rapporto sereno. Non mi sono mai aspettato che, quando mio padre era affetto dal morbo di Parkinson, il neurologo trovasse la cura che lo facesse rialzare e tornare a giocare a tennis come quando era giovane. Ma è proprio questo il punto: conosco i punti di forza della scienza e dunque anche i limiti. La scienza ha come punto di forza quello di darci delle informazioni, dei dati, senza i quali noi non possiamo compiere delle valutazioni fondamentali.
Si prendano i vaccini. Sappiamo benissimo cosa essi siano, che essi proteggano da alcune malattie, sappiamo che esistono queste malattie. Fin qui siamo alle informazioni. Ma la decisione di obbligare le persone a vaccinarsi o di chiuderle in casa durante un'epidemia, non è una decisione scientifica bensì politica, perché mentre la scienza non è tenuta a rispondere delle conseguenze sociali delle proprie scoperte, la politica invece deve porsi il problema di che tipo di società si viene a creare quando, dopo aver sacrificato i diritti dei propri cittadini e distrutto ampi settori dell'economia, il paese si ritrova con una marea di disoccupati e di costi sociali. Raccontava De Benedetti che, quando Agnelli lo chiamò a risanare la FIAT, gli propose di licenziare decine di migliaia di persone. In quel momento, lo scienziato dell'economia De Benedetti aveva proposto una soluzione che dal suo punto di vista era scientifica. Agnelli, nel dargli del matto, gli disse che quella soluzione era totalmente impraticabile e avrebbe provocato disordini politici. Aveva ovviamente ragione Agnelli.
Abbiamo così chiaro il primo punto: non tutti i dati scientifici ci offrono una verità applicabile. Se un domani la geologia ci dicesse che per rimediare ai disastri geologici la strada più giusta sia confiscare le case degli italiani per rifarle da zero e dare ad ognuno degli italiani un risarcimento di 20-30 mila euro, quella sarebbe un'informazione. La scelta resterebbe comunque della politica, che avrebbe tutto il diritto di ritornare dai geologi e dire "Cari signori, trovate un'altra soluzione perché questa è totalmente inapplicabile". Se un domani la sanità dicesse per assurdo (per assurdo? Ho quasi paura di dare dei suggerimenti) che con una popolazione così ampia, rischiamo ulteriori epidemie, la scelta di fare una strage di massa oppure di ritornare dagli scienziati e dire "cari dottori, dovete inventare un altro sistema per impedirlo", sarebbe puramente politica. Non mi pare di dire niente di insensato, eppure? Eppure proliferano gli inviti ad "affidarsi alla scienza", a dare per scontata la buonafede della scienza, dimenticando che qualsiasi branca del sapere è fatta da uomini. Che possono essere corrotti o ricattabili. E che possono anche falsificare verità scientifiche o per paura di ritorsioni, o perché arrivati a livelli così alti in forza del fatto di essere personalmente ricattabili, o perché semplicemente corrotti.
Non è pericolosa la scienza, è pericoloso l'uso che se ne fa. E' pericolosa l'idea che ad uno scienziato, in forza delle informazioni che fornisce, venga offerto un potere e un'impunità che non può avere nel momento in cui tenta di imporre soluzioni che hanno un impatto politico e delle quali non debba rispondere. Che Tozzi, Burioni, e in generale qualsiasi scienziato, vogliano trasformare le proprie conoscenze in un'azione politica, è del tutto legittimo. In quel caso, devono però o fondare un partito (il "partito degli scienziati", che ironia della sorte avrebbe come sigla quella di un partito di derivazione comunista) oppure affidarsi ad un partito che sposi in pieno le loro idee e sottomettersi al responso della cittadinanza. Ma nel momento in cui si pretende che la politica, attraverso slogan imbecilli ("la scienza non è democratica") si adegui supinamente alle informazioni della scienza, si stanno gettando le premesse per un regime che non sarebbe più rassicurante solo perché invece di avere Giovinezza o Bandiera Rossa come inno e i baffi a manubrio del tiranno di turno, ha la musica di Quark e i toni suadenti della buonanima di Piero Angela. Quel regime diventerebbe, a tutti gli effetti, il più pericoloso regime totalitario della storia, ed è in nome di un fraintendimento della scienza che si sta lentamente conducendo il mondo a giustificare stragi di massa, gettando il seme nel terreno fertile del reazionarismo del fondamentalismo religioso. Non c'entra niente il fascismo. Che, come si diceva all'inizio, non farebbe altro che passare alla cassa come già avvenuto cento anni fa.