Sto per scrivere un articolo odioso, di quelli che mi alieneranno le simpatie di molti lettori. Ma d'altra parte, "non dobbiamo fare lingua in bocca sotto la doccia". Mi riferisco al caso di Ischia dove, per l'ennesima volta, nell'ennesima via, si è avuto un crollo dovuto ad un'alluvione e sui social trabocca l'indignazione, si usano parole come "tragedia", "disgrazia". Ma andiamo per gradi.
La situazione di Ischia era nota, è recidiva, ed è dovuta ad una serie di cose semplicissime: quelle case non devono stare lì, quelle case sono fatte male. Quando una casa crolla, che sia per una scossa di terremoto o per un'alluvione, è sempre e solo un problema costruttivo, ossia dove e come costruisci. E al riguardo l'equazione è semplice: se la casa è fatta bene ed è in un luogo sicuro, non crolla. Se invece è fatta male ed è in un posto dove non si può costruire, quando arriva un'alluvione o una scossa di terremoto, crolla.
Fin qui tutto semplice ma qui entra in gioco il rapporto che gli italiani hanno con le autorità, che si basa su un tacito accordo: io cittadino pago le tasse perché lo Stato si faccia gli affari suoi e non interferisca con le mie cretinate. In caso di problemi potrò lavarmi la coscienza incolpando l'autorità che però, essendo da me pagata perché non mi punisse, a sua volta non verrà punita.
E' per questa ragione che in questo paese succedono cose come quelle di Ischia, di Amatrice e di tanti altri posti. E stiamo parlando di posti dove gli eventi più o meno naturali di cui stiamo parlando sono niente rispetto a ciò che, per esempio, accade in Giappone, dove terremoti come quello di Amatrice sono quasi all'ordine del giorno, ma ai giapponesi fanno il solletico. Da quelle parti hanno semplicemente chiaro un principio: se bisogna fare una casa, bisogna farla con materiali adeguati e in posti adeguati, altrimenti sono guai.
Di come questa sia ormai diventata una società a prova di cretino ho già scritto nell'articolo dove parlavo di Daniele morto suicida perché ingannato da un sessantenne che si era spacciato per una modella. Ma di tutta questa storia, qual è stato il giudizio finale? La colpa non è di un truffatore che ha ingannato un ragazzino ingenuo, né del ragazzino che dinnanzi alla foto di una modella (fosse stata una ragazza normale, non l'avrebbe calcolata di striscio) si è a tal punto arrapato da non chiederle le prove audiovisive della sua esistenza. Sapete a chi hanno dato la colpa? Alle Iene, che in fin dei conti non hanno fatto niente di che: hanno solo rintracciato il truffatore chiedendogli perché lo avesse fatto.
In sintesi, l'italiano non tollera di assumersi le responsabilità della propria cattiva condotta delle cose. Siamo arrivati al punto di dire che la colpa dei crolli non è di chi compra le case, ma dello stato che non li ha buttati fuori di lì. Come se uno andasse a prostitute senza preservativo e fosse colpa della Polizia se si becca l'AIDS. Finora il gioco ha funzionato, perché le autorità ben consapevoli di offrire un servizio prezioso per la cattiva coscienza degli italiani e di richiedere in cambio l'impunità, non sono intervenute. Ma è ridicolo che tutte le volte che accada qualcosa ad Ischia e Amatrice e dunque il giocattolo si rompe, si invochino interventi delle autorità che non ci saranno mai. Perché le autorità e la cittadinanza sono d'accordo nel proseguire una farsa che si ripete ogni volta e che avrà, come epilogo, l'oblio.
La situazione di Ischia era nota, è recidiva, ed è dovuta ad una serie di cose semplicissime: quelle case non devono stare lì, quelle case sono fatte male. Quando una casa crolla, che sia per una scossa di terremoto o per un'alluvione, è sempre e solo un problema costruttivo, ossia dove e come costruisci. E al riguardo l'equazione è semplice: se la casa è fatta bene ed è in un luogo sicuro, non crolla. Se invece è fatta male ed è in un posto dove non si può costruire, quando arriva un'alluvione o una scossa di terremoto, crolla.
Fin qui tutto semplice ma qui entra in gioco il rapporto che gli italiani hanno con le autorità, che si basa su un tacito accordo: io cittadino pago le tasse perché lo Stato si faccia gli affari suoi e non interferisca con le mie cretinate. In caso di problemi potrò lavarmi la coscienza incolpando l'autorità che però, essendo da me pagata perché non mi punisse, a sua volta non verrà punita.
E' per questa ragione che in questo paese succedono cose come quelle di Ischia, di Amatrice e di tanti altri posti. E stiamo parlando di posti dove gli eventi più o meno naturali di cui stiamo parlando sono niente rispetto a ciò che, per esempio, accade in Giappone, dove terremoti come quello di Amatrice sono quasi all'ordine del giorno, ma ai giapponesi fanno il solletico. Da quelle parti hanno semplicemente chiaro un principio: se bisogna fare una casa, bisogna farla con materiali adeguati e in posti adeguati, altrimenti sono guai.
Di come questa sia ormai diventata una società a prova di cretino ho già scritto nell'articolo dove parlavo di Daniele morto suicida perché ingannato da un sessantenne che si era spacciato per una modella. Ma di tutta questa storia, qual è stato il giudizio finale? La colpa non è di un truffatore che ha ingannato un ragazzino ingenuo, né del ragazzino che dinnanzi alla foto di una modella (fosse stata una ragazza normale, non l'avrebbe calcolata di striscio) si è a tal punto arrapato da non chiederle le prove audiovisive della sua esistenza. Sapete a chi hanno dato la colpa? Alle Iene, che in fin dei conti non hanno fatto niente di che: hanno solo rintracciato il truffatore chiedendogli perché lo avesse fatto.
In sintesi, l'italiano non tollera di assumersi le responsabilità della propria cattiva condotta delle cose. Siamo arrivati al punto di dire che la colpa dei crolli non è di chi compra le case, ma dello stato che non li ha buttati fuori di lì. Come se uno andasse a prostitute senza preservativo e fosse colpa della Polizia se si becca l'AIDS. Finora il gioco ha funzionato, perché le autorità ben consapevoli di offrire un servizio prezioso per la cattiva coscienza degli italiani e di richiedere in cambio l'impunità, non sono intervenute. Ma è ridicolo che tutte le volte che accada qualcosa ad Ischia e Amatrice e dunque il giocattolo si rompe, si invochino interventi delle autorità che non ci saranno mai. Perché le autorità e la cittadinanza sono d'accordo nel proseguire una farsa che si ripete ogni volta e che avrà, come epilogo, l'oblio.
Questa è l'Italia, ma almeno ci vengano risparmiate le lacrime di coccodrillo.