Quando, da napoletano, mi sento rinfacciare il problema della camorra, sorrido. Perché conoscendo decine di altre mafie, di ogni parte del mondo, realizzo la fessaggine e la malafede di chi territorializza questi fenomeni, o la furbizia di chi come Saviano ne ha fatto il passe-partout per il successo - infatti il fesso non è lui ma chi lo segue. Proprio la presenza di fenomeni criminali in determinati luoghi e non in altri, deride chi sul truce sguardo di Genny Savastano e sulla tragicomica convinzione che contadini della Sicilia profonda potessero sapere a che ora passava Giovanni Falcone da Capaci, ha costruito un'ampia letteratura. Personalmente, ho sempre pensato che la criminalità organizzata sia figlia di quella cultura socialista e statalista che portando il cittadino ad attendersi dallo stato cose che materialmente non è in grado di dargli, lo porta a rivolgersi invece ad altre forme di "stato" (la mafia è, a tutti gli effetti, uno stato) che poi, va da sé, ne approfitteranno. Giusta o sbagliata che sia, questa è la mia tesi. La settorializzazione del fenomeno, attraverso un ingente ricorso agli stereotipi, sembra spiegare localmente (attraverso una presunta inferiorità del napoletano) un fenomeno globale e che si presta a valutazioni più ampie, che probabilmente non piacerebbero a chi campa sulla narrazione criminale. Se scrivessi che si esce dalla criminalità organizzata rinunciando all'idea dello Stato padre, avrei contro tutti coloro che amano essere "figli", nonché lo Stato padre stesso, che sull'obbedienza di questi figliuoli fonda il suo core business.
In merito alla violenza sulle donne, mi pare di assistere ad un fenomeno molto simile. Del resto, la parola "violenza" è, per se stessa, molto generica. Essendo un uomo molto più forte fisicamente di una donna, è alquanto improbabile che esista una "violenza fisica sugli uomini". Ma infatti l'etimologia di violenza non si limita affatto alla violenza fisica. Secondo la Treccani, per violenza si intende "un atto volontario, esercitato da un soggetto su un altro, in modo da determinarlo ad agire contro la sua volontà". Etimologicamente: "che vìola", ciò che oltrepassa il limite della volontà altrui. Messa in questo modo, non esiste solo una violenza maschile, ma anche femminile, di peculiarità differente proprio perché una donna, in quanto fisicamente più debole, usa altre armi, per esempio manipolando un uomo psicologicamente più debole, sfruttando la propria capacità seduttiva e il basso "valore di mercato" di lui, oppure sfruttando la presunzione di impunità giudiziaria. Accade per esempio nei casi di alienazione parentale o nella triste circostanza in cui molti uomini finiscano in mezzo ad una strada, e dunque un uomo pur di non subire questo percorso, tollera cose che normalmente lo porterebbero ad agire diversamente. Tutte le volte che si determina una persona ad agire contro la sua volontà, si compie una violenza. E' proprio con le premesse di cui sopra che parlare di "violenza sulle donne", battendo sulla "mascolinità tossica", significa dire un sacco di scemenze. La violenza non deriva dal sesso ma del rispetto che si ha nei confronti del prossimo. Se un uomo è violento, non abusa della propria forza fisica soltanto su una donna ma su qualsiasi essere umano dal quale ottenere qualcosa contro la sua volontà, a partire per esempio da un uomo fisicamente più debole. E analogamente, una donna violenta, se ne avesse la forza, eserciterebbe quella violenza fisica che non può mettere in atto e che invece compie psicologicamente. Anche contro un'altra donna. Il problema è la cultura della violenza, che peraltro vediamo ogni giorno ovunque. Da parte per esempio di personaggi dello spettacolo che sfruttano il proprio peso mediatico per condurre campagne contro determinate persone. Quella non è violenza? Non è violenza auspicare ogni giorno l'eliminazione dalla vita civile di una persona solo per una parola fuori posto? Solo che affrontare il tema in questo modo porterebbe a conclusioni non gradite a comitati di affari che hanno lucrato sul problema e a sistemi di potere che non hanno interesse ad affrontare questo ed altri fenomeni fondati su questo equivoco. Così mentre dilagano telefoni rosa, carriere politiche da parte di personaggi che non hanno altra qualità che sfruttare l'onda, si nasconde la vera origine del problema. Quale?
Tra chi mi legge, più di una donna ha subito violenze dal partner. E' sufficiente ascoltare i racconti per capire che la violenza si insinua nella vittima come un cancro. Dapprima “è solo uno schiaffo”. Ma la vittima decide che per uno schiaffo non vale la pena chiudere un rapporto. “Può scappare”. Il problema è che quello schiaffo poi diventa più violento, poi arriva il calcio, poi arriva il pugno, in un escalation che, se non frenata, può diventare addirittura fatale. Ma il problema è a monte. Se la vittima avesse lasciato il partner al primo schiaffo, ciò non sarebbe accaduto. Consentendoglielo, il partner ha capito che esistono dei limiti che possono essere violati. Col consenso della vittima. Se tutto quello che sta accadendo in questo paese da due anni e mezzo fosse stato istantaneo, si può stare certi che per quanto il potere possa controllare militarmente i mezzi di comunicazione, di informazione e di infotainment, non ci sarebbe stata questa passività o perlomeno si sarebbe colta la violenza a cui siamo sottoposti da un anno e mezzo. Invece il tutto è stato inoculato a piccole dosi, costanti. In un perenne vai e vieni, stop and go. Che molti chiamano, secondo un'espressione molto di moda, finestre di Overton e io ben più rozzamente definisco "rana nell’ebollitore". Abbiamo accettato passivamente che politici violenti cancellassero progressivamente quei dettami costituzionali che teoricamente, avrebbero dovuto porvi freno.
Chi si è vaccinato non per paura di ammalarsi – in quel caso, non condivido ma rispetto – ma solo per tornare a godere delle libertà sottratte, farà presto una tragica scoperta: avendo accettato di farsi schiaffeggiare dal potere, presto lo schiaffo diventerà pugno. Poi diventerà calcio. Poi diventerà violenza furia, cieca, botte. Fino alla morte. E il sistema di potere non ammetterà la propria violenza, perché, come molti violenti, è convinto di fare del bene. Non è violento, è la vittima che provoca. Alle vittime della fantomatica violenza maschile chiedo: non vi ricorda qualcuno?
La realtà è che molte vittime sono colpevoli di ciò che un partner violento fa loro. Perché si mettono nelle condizioni di dipendere da lui e non inseguono invece un'indipendenza personale, perché non si ribellano al primo schiaffo, proprio come i cittadini si sarebbero dovuti ribellare al primo lockdown, perché non si iscrivono a dei corsi dove imparano l'autodifesa e dunque a neutralizzare la violenza (di chiunque), perché lo stato - ben interessato a mantenere vivo e incompreso il fenomeno e succube dunque chi ne è vittima - non investe sulla capacità del cittadino di autodifendersi.
In merito alla violenza sulle donne, mi pare di assistere ad un fenomeno molto simile. Del resto, la parola "violenza" è, per se stessa, molto generica. Essendo un uomo molto più forte fisicamente di una donna, è alquanto improbabile che esista una "violenza fisica sugli uomini". Ma infatti l'etimologia di violenza non si limita affatto alla violenza fisica. Secondo la Treccani, per violenza si intende "un atto volontario, esercitato da un soggetto su un altro, in modo da determinarlo ad agire contro la sua volontà". Etimologicamente: "che vìola", ciò che oltrepassa il limite della volontà altrui. Messa in questo modo, non esiste solo una violenza maschile, ma anche femminile, di peculiarità differente proprio perché una donna, in quanto fisicamente più debole, usa altre armi, per esempio manipolando un uomo psicologicamente più debole, sfruttando la propria capacità seduttiva e il basso "valore di mercato" di lui, oppure sfruttando la presunzione di impunità giudiziaria. Accade per esempio nei casi di alienazione parentale o nella triste circostanza in cui molti uomini finiscano in mezzo ad una strada, e dunque un uomo pur di non subire questo percorso, tollera cose che normalmente lo porterebbero ad agire diversamente. Tutte le volte che si determina una persona ad agire contro la sua volontà, si compie una violenza. E' proprio con le premesse di cui sopra che parlare di "violenza sulle donne", battendo sulla "mascolinità tossica", significa dire un sacco di scemenze. La violenza non deriva dal sesso ma del rispetto che si ha nei confronti del prossimo. Se un uomo è violento, non abusa della propria forza fisica soltanto su una donna ma su qualsiasi essere umano dal quale ottenere qualcosa contro la sua volontà, a partire per esempio da un uomo fisicamente più debole. E analogamente, una donna violenta, se ne avesse la forza, eserciterebbe quella violenza fisica che non può mettere in atto e che invece compie psicologicamente. Anche contro un'altra donna. Il problema è la cultura della violenza, che peraltro vediamo ogni giorno ovunque. Da parte per esempio di personaggi dello spettacolo che sfruttano il proprio peso mediatico per condurre campagne contro determinate persone. Quella non è violenza? Non è violenza auspicare ogni giorno l'eliminazione dalla vita civile di una persona solo per una parola fuori posto? Solo che affrontare il tema in questo modo porterebbe a conclusioni non gradite a comitati di affari che hanno lucrato sul problema e a sistemi di potere che non hanno interesse ad affrontare questo ed altri fenomeni fondati su questo equivoco. Così mentre dilagano telefoni rosa, carriere politiche da parte di personaggi che non hanno altra qualità che sfruttare l'onda, si nasconde la vera origine del problema. Quale?
Tra chi mi legge, più di una donna ha subito violenze dal partner. E' sufficiente ascoltare i racconti per capire che la violenza si insinua nella vittima come un cancro. Dapprima “è solo uno schiaffo”. Ma la vittima decide che per uno schiaffo non vale la pena chiudere un rapporto. “Può scappare”. Il problema è che quello schiaffo poi diventa più violento, poi arriva il calcio, poi arriva il pugno, in un escalation che, se non frenata, può diventare addirittura fatale. Ma il problema è a monte. Se la vittima avesse lasciato il partner al primo schiaffo, ciò non sarebbe accaduto. Consentendoglielo, il partner ha capito che esistono dei limiti che possono essere violati. Col consenso della vittima. Se tutto quello che sta accadendo in questo paese da due anni e mezzo fosse stato istantaneo, si può stare certi che per quanto il potere possa controllare militarmente i mezzi di comunicazione, di informazione e di infotainment, non ci sarebbe stata questa passività o perlomeno si sarebbe colta la violenza a cui siamo sottoposti da un anno e mezzo. Invece il tutto è stato inoculato a piccole dosi, costanti. In un perenne vai e vieni, stop and go. Che molti chiamano, secondo un'espressione molto di moda, finestre di Overton e io ben più rozzamente definisco "rana nell’ebollitore". Abbiamo accettato passivamente che politici violenti cancellassero progressivamente quei dettami costituzionali che teoricamente, avrebbero dovuto porvi freno.
Chi si è vaccinato non per paura di ammalarsi – in quel caso, non condivido ma rispetto – ma solo per tornare a godere delle libertà sottratte, farà presto una tragica scoperta: avendo accettato di farsi schiaffeggiare dal potere, presto lo schiaffo diventerà pugno. Poi diventerà calcio. Poi diventerà violenza furia, cieca, botte. Fino alla morte. E il sistema di potere non ammetterà la propria violenza, perché, come molti violenti, è convinto di fare del bene. Non è violento, è la vittima che provoca. Alle vittime della fantomatica violenza maschile chiedo: non vi ricorda qualcuno?
La realtà è che molte vittime sono colpevoli di ciò che un partner violento fa loro. Perché si mettono nelle condizioni di dipendere da lui e non inseguono invece un'indipendenza personale, perché non si ribellano al primo schiaffo, proprio come i cittadini si sarebbero dovuti ribellare al primo lockdown, perché non si iscrivono a dei corsi dove imparano l'autodifesa e dunque a neutralizzare la violenza (di chiunque), perché lo stato - ben interessato a mantenere vivo e incompreso il fenomeno e succube dunque chi ne è vittima - non investe sulla capacità del cittadino di autodifendersi.