Tutte le volte che si vuole riformare la scuola, si commette lo stesso errore di quanto si combatte il cancro: non agire sulle vere cause della malattia. Di per sé guarire dal cancro non è difficile, la vera difficoltà è impedire la recidiva spesso fatale, ragione per la quale di solito all'utente viene asportato l'organo da cui ha avuto inizio la malattia, perché probabilmente è programmato geneticamente per produrre cellule cancerogene. Non potendo asportare la scuola (anche perché già così dilagano i "se io avrei", il verbo avere senz'acca, la moda di "scendere il cane" per poi "pisciarlo") nondimeno parliamo di un organo che si ammala perché geneticamente programmato per ammalarsi. L'alterazione del DNA si chiama "statalismo". Un difetto che vediamo soprattutto nel rapporto patologico dell'italiano medio col merito e con la laurea: con i propri e con quelli altrui. E del resto, in un paese che garantisce un posto statale a chiunque esca col minimo dei voti da un percorso di studi, questi si convincerà che non debba fare sforzi ulteriori che prendere quella sufficienza che gli consentirà di fare tre mesi di mare senza rimorsi di coscienza o di passare un esame. Ma se questo vale in un ambiente statale, viceversa, nel privato, le cose cambiano radicalmente. Non c'è più uno stato che, interessato a garantirsi voti, fabbrica lavori inutili da assegnare a formichine chiamate a seguire specifici protocolli a cui adeguarsi, ma aziende che vogliono solo il meglio, dal momento che devono confrontarsi con aziende altrettanto agguerrite. Chi ha soldi da spendere e vuol farli fruttare, non si accontenta di un lavoratore sufficiente, lo vuole eccellente. A giusta ragione.
Ed è esattamente questo il punto. In un paese dove i bravi vengono calpestati e dove si parla effettivamente di merito, il vero problema non è se la Rossignoli sia o meno (e secondo me non lo è) un'imbrogliona, ma che nessuno abbia realizzato che il merito è quella cosa per cui ci sono i superiori e gli inferiori. E questo vale anche se un domani si scoprisse che la Rossignoli abbia comprato in danaro o in natura il suo titolo di ragazza prodigio. Dal linciaggio mediatico contro di lei è emerso che molti ancora credono che "basta impegnarsi per diventare qualcuno". Invece no, a volte ci sono quelli più bravi. E se pensate che questa qui, solo perché laureatasi a 23 anni, brava a suonare il pianoforte, col fisico da atleta, sia ad un passo dal vincere un premio Nobel, ho da darvi una brutta notizia: ho visto di molto meglio. Conobbi un ragazzino quando gestivo un forum di videogiochi e alla sua età (dodici anni) programmava meglio di molti senior con decenni di esperienza, oltre a suonare tre strumenti. Come è possibile? Non lo so. Però oggi lavora per Facebook.
Ha fatto molto discutere la vicenda di Carlotta Rossignoli, da ieri linciata perché accusata - senza prove ma solo sulla base di alcune deduzioni - di essersi laureata troppo presto e di aver goduto di chissà quali agevolazioni. Intendiamoci, la ragazza non fa nulla per rendersi simpatica, perché se è vero (e non ne sono sicuro) che effettivamente in questi anni abbia passato il proprio tempo a salmodiare quanto è brava, quanto è bella, vantandosi di non avere un fidanzato e soprattutto - sfondone piuttosto curioso per un genio della medicina - dicendo che "il riposo è tempo perso", qualche chiacchiera se l'è indubbiamente chiamata. Ma già questo è un primo punto paradossalmente a favore della giovine. Perché chi, con una pletora di "laureati in fact-checking" pronti all'assalto di chiunque metta la testa fuori dal sacco, fa lo sborone con qualche scheletro nell'armadio, tanto sveglio non è.
E' stato annunciato che si indagherà sull'effettiva veridicità del percorso della Rossignoli. E però la questione non è se effettivamente ci sia qualcosa di strano, ma le argomentazioni fornite per giustificare eventuali carte truccate. Si dice "La ragazza è una precoce laureata in medicina, suona il pianoforte, fa un'intensa attività fisica, non può essere vero tutto questo". Domanda: ma l'ipotesi che questa ragazza sia semplicemente molto più dotata della media non è considerabile? Abituati ad essere considerati tutti quanti dei piccoli geni, un incrocio tra Totti e Einstein, i bambini vengono criminalmente cresciuti nell'idea che per chiunque ci sarà un posto nel mondo, "basta che si impegnino" o, per dirla alla buonanima di Steve Jobs, che siano "affamati e folli". E invece purtroppo ci sono i talenti e ci sono quelli che talenti non sono. C'è chi come Carlotta Rossignoli (poi magari non sarà lei, ma magari lo saranno tanti altri) può laurearsi a 23 anni, fare l'influencer, suonare Chopin e chi, per quanto si impegnerà, resterà sempre un passo indietro. Il merito non sempre premia, anzi più spesso punisce.
Ed è esattamente questo il punto. In un paese dove i bravi vengono calpestati e dove si parla effettivamente di merito, il vero problema non è se la Rossignoli sia o meno (e secondo me non lo è) un'imbrogliona, ma che nessuno abbia realizzato che il merito è quella cosa per cui ci sono i superiori e gli inferiori. E questo vale anche se un domani si scoprisse che la Rossignoli abbia comprato in danaro o in natura il suo titolo di ragazza prodigio. Dal linciaggio mediatico contro di lei è emerso che molti ancora credono che "basta impegnarsi per diventare qualcuno". Invece no, a volte ci sono quelli più bravi. E se pensate che questa qui, solo perché laureatasi a 23 anni, brava a suonare il pianoforte, col fisico da atleta, sia ad un passo dal vincere un premio Nobel, ho da darvi una brutta notizia: ho visto di molto meglio. Conobbi un ragazzino quando gestivo un forum di videogiochi e alla sua età (dodici anni) programmava meglio di molti senior con decenni di esperienza, oltre a suonare tre strumenti. Come è possibile? Non lo so. Però oggi lavora per Facebook.
Dite che avrà corrotto Zuckerberg?