Inutile discettare della figura del neopresidente argentino Javier Milei, delle sue intemperanze tardo adolescenziali, del perché sia stato chiamato a parlare al (e apparentemente contro il) World Economic Forum, dei suoi eventuali padroni e padrini, dell'entusiasmo che la sua allocuzione ha suscitato negli ultrà della stampa “mercatista”, ancorché rigorosamente sussidiata coi denari pubblici (vero, Cerasa? “Pagato, liberista pagato, pagato, pagato, pagato, pagato!” per dirla con Sgarbi). Il “socialismo” evocato da Milei rappresenta l'asserragliarsi degli Stati Uniti d'America e dei loro alleati-ostaggi, i quali faticano a imporre la propria governance al resto del mondo. Il “socialismo” ecologista e pauperistico delle élite serve a rivestire di una patina di ineluttabilità la fine dell'abbondanza e l'inizio di un periodo decennale di conflitti, lutti, restrizioni e privazioni dovute anche al fatto di aver perso il controllo delle catene di approvvigionamento globali. Lo spettro del socialismo antioccidentale, agitato da un elemento percepito come "antisistema" da certi ambienti liberalconservatori, serve a riconciliare le masse conservatrici euroamericane non con le narrazioni del WEF, che sono ormai ampiamente screditate, ma con gli obiettivi profondi, ovvero: riassoggettare il sud globale e, soprattutto, spaccare l'asse sino-russo (l'amministrazione Biden ci sta provando con le cattive, portando il terrorismo fin dentro la Russia, Trump ci proverà con le buone, concedendo un piccolo cadeau a Putin). Per scongiurare la nascita di una opposizione vera e imprevedibile, se ne fabbrica una artificiale e la si eterodirige, una destra populista globale amica del dollaro e dell'Occidente (che è un costrutto fallace, come dimostra l'implacabile guerra ibrida condotta dagli USA ai danni dell'Europa), visceralmente sinofoba e russofoba, facilmente collegabile alle frange degradate della sinistra renziana, calendiana e macroniana che animano il gruppo “europeista” Renew Europe o alle destre radicali tipo CasaPound. Veniamo al socialismo come risposta alla relativa carenza di risorse. In un mondo in cui i super ricchi incamerano cifre astronomiche, la maggioranza vivacchia o si impoverisce e gli imprenditori si suicidano, il risorgere del socialismo o del nazionalsocialismo, o qualcosa di simile, sarà inevitabile. Per forza! Esistono soluzioni alternative per gli sconfitti della globalizzazione? Al momento no. Cosa dovrebbero fare gli outsider? Dovrebbero applaudire Bezos e Gates, spararsi la quinta dose o attendere che l'eutanasia venga legalizzata? Quante sono le bocche in eccesso, tre-quattro miliardi? Di questi, solo qualche milione accetterà con le buone di togliere il disturbo. I restanti, la maggioranza, un po' per celia e un po' per non morire proveranno a opporsi, si organizzeranno, seguiranno l'uomo della provvidenza e il demagogo estremista e fanatico di turno, socialista o meno. Sì perché non vi è alcuna differenza sostanziale tra un Milei che promette di demolire le istituzioni statali e chi vorrebbe nazionalizzare l'intera economia e/o stampare banconote per produrre ricchezza reale. Trovandosi con le spalle al muro, la gente correrà dietro al primo imbonitore di passaggio, di qualsiasi colore esso sia. E tra i seguaci dei falsi profeti troveremo tantissimi lavoratori dipendenti e autonomi ridotti sul lastrico dall'incalzare dell'Intelligenza Artificiale e dalle politiche suicide imposte dalle oligarchie euro-americane. Al libertarismo, che è il comunismo dei ricchi, preferisco il vecchio caro liberalismo democratico, quello che Jean-Claude Michèa, con una formula ingiustamente spregiativa chiama “l'impero del male minore”. Quella che i basettoni anarcolibertari definiscono “minaccia socialista” è soltanto l'inevitabile reazione ai danni – e alle ferite mai sanate – causati dalla sbornia oligarchica degli ultimi decenni, che ha rovinato la classe media e non pochi benestanti e imprenditori. Le classi dirigenti e i super ricchi hanno preferito arraffare senza alcun ritegno, senza curarsi del domani, riparandosi dietro la scusa del “merito”, anche quando il guadagno veniva conseguito con la frode politica e i raggiri mediatici. Troppo potere e troppa ricchezza tolgono il senso della misura e della realtà. Non c'è peggior tiranno di chi è ricco e potente oltremisura, e di chi crede di esserlo per volontà divina: una volta privato di freni, lacci e lacciuoli giuridici e morali, esso divorerà prima la concorrenza composta dai suoi pari, e poi gli stessi consumatori e clienti. Oggi, guarda caso proprio mentre il monopolio delle materie prime e il timone di un mondo avviato verso la Quarta Rivoluzione Industriale scivolano dalle loro mani, i plutocrati dell'ovest ricominciano con la filastrocca della scarsità di risorse (se ne accorgono solo ora?), e ci suggeriscono tante belle cose. Ci suggeriscono che per salvare il pianeta sia preferibile tornare alla società preindustriale; che è necessario immolarci per non pesare sulle spalle di Madre Natura, immolarci nel vero senso della parola, cioè usare le spoglie mortali in eccesso – quelle di noi poveracci – per concimare gli orti di pochi privilegiati; che alla plebe conviene nutrirsi di insetti e cellule cancerogene mentre l'infimo un per cento continuerà a sbafarsi bistecche di manzo Wagyu. Insomma, configurano una forma di società che è una via di mezzo tra un romanzo distopico e un revival delle peggiori realtà schiaviste del passato, dove l'ascensore sociale e il benessere diffuso saranno un lontano ricordo. Sfido io che le moltitudini strizzino l'occhio alle esperienze comunitarie-totalitarie del passato. Nessuno vuole finire a pasturare le murene di qualche Trimalcione davosiano.


PS. Marx non si concentrava sul momento distributivo delle risorse bensì su quello produttivo. Il Capitalismo, inefficiente, era destinato a essere superato perché il padroncino, estraniatosi dal processo produttivo vero e proprio, si limitava a parassitare, a incassare dividendi e a scialacquare. Il socialismo, inteso come unione dei produttori (dal primo ingegnere all'ultimo manovale), avrebbe prodotto di più e distribuito meglio rispetto al capitalismo. Questa era, in soldoni, l'analisi (sbagliata e smentita dai fatti) offerta dal socialismo scientifico di Karl Marx.

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