L'ex POTUS Donald Trump è (era?) il candidato repubblicano più gettonato. Con tutti i suoi limiti e lati oscuri, rappresenta ancora la guida indiscussa dei forgotten men, gli umiliati e offesi della globalizzazione. La sua estromissione rischia di allargare le crepe esistenti nella società statunitense e di sfociare, tragicamente, in una seconda guerra civile americana. Secondo il blogger Federico Dezzani, l’evento sarebbe opera del deep state, un magheggio propedeutico all’assalto alla Cina, l’ormai fatale regolamento di conti tra egemone ed emergente, meglio noto come trappola di Tucidide, fortunata formula coniata dal politologo americano Graham Allison.
La teoria di Dezzani è al contempo affascinante e bislacca, e suscita non poche perplessità.
Cos’è che non torna? Sai di dover affrontare un temibile antagonista, il nuovo prodigio manifatturiero che vanta una popolazione di 1 miliardo e mezzo di formichine laboriose, un esercito che schiera facilmente 20 milioni di formichine soldato e possiede missili in grado di annientare le portaerei, fiore all’occhiello della tua capacità di proiezione militare. E tu che fai? Architetti uno scontro intestino ad hoc in una società lacerata da profonde divisioni. È una ricostruzione credibile? Ovviamente no. E’ suggestiva? Senz’altro. Una grande potenza nucleare con le spalle al muro potrebbe non resistere alla tentazione di indossare il berretto a sonagli: quando si è nella merda fino al collo non si ha altra scelta che quella di fingersi pazzo o buffone per confondere i nemici. Cosa accadrà?
Non ho la sfera di cristallo, posso solo azzardare alcune ipotesi.
A) Il partito democratico potrebbe stipulare una pace separata con Pechino per inguaiare e isolare la Russia per la seconda volta nell’ultimo mezzo secolo. Affinché ciò accada, è necessario schiaffare in gattabuia il leader più filorusso e tendenzialmente sinofobo, probabile nuovo inquilino della Casa Bianca nel 2024. È attendibile? Diciamo che è meno inverosimile della “finta” guerra civile. Cosa non torna?
La Cina rafforzerebbe a cuor leggero un concorrente che ha già dato prova di volerla destabilizzare e smembrare. Inoltre finirebbe con l’offuscare l’immagine di locomotiva del multipolarismo così faticosamente costruita e consolidata presso alcune realtà africane e latinoamericane.
E poi le converrebbe venire meno al detto maoista “bastona il cane che affoga”? Dubito molto.
B) Trump e Putin potrebbero aver stretto un patto segreto finalizzato a: 1) tagliare fuori l’ormai sfrenata combriccola neocon e 2) contenere l’ascesa del gigante asiatico. Il risultato sarebbe un nuovo ordine mondiale retto da un Occidente allargato alla Russia, primus inter pares in coppia con gli americani. L’accordo libererebbe la Russia dall’ancestrale sindrome dell’accerchiamento a condizione di riversare materie prime a buon mercato su di un ovest boccheggiante e sull’orlo della bancarotta.
C) Trump è il garante di quella parte maggioritaria di società nordamericana che non regge più lo stress da unica superpotenza, a dire il vero sempre meno "super". Una sua rielezione avrebbe effetti dirompenti. Come promesso farebbe cessare le ostilità in Ucraina, ma The Donald si spingerebbe oltre, ridisegnando la politica estera e il modo di rapportarsi col resto del pianeta.
Accetterebbe di buon grado di convivere in modo pacifico con i due blocchi, l’eurasiatico e l’orientale, la sostanziale democratizzazione nei rapporti internazionali e la nascita di un nuovo ordine mondiale multipolare. Gli Stati Uniti d’America autenticamente isolazionisti, con le dovute correzioni e in attesa di tempi migliori, avrebbero l’opportunità di prosperare anche senza l’assillo di dover dominare il mondo.
Dunque Trump-Gorbaciov inaugurerebbe la variante yankee di Perestrojka e Glasnost. Ipotesi attendibile, certo, ma difficile da realizzare: da una parte il popolo e il suo condottiero, dall’altra lo strapotere finanziario e mediatico delle lobbies. Siamo sinceri, si tratterebbe di una partita in salita. I vertici militari potrebbero fungere da ago della bilancia, magari dopo qualche altra scoppola. Staremo a vedere.
La teoria di Dezzani è al contempo affascinante e bislacca, e suscita non poche perplessità.
Cos’è che non torna? Sai di dover affrontare un temibile antagonista, il nuovo prodigio manifatturiero che vanta una popolazione di 1 miliardo e mezzo di formichine laboriose, un esercito che schiera facilmente 20 milioni di formichine soldato e possiede missili in grado di annientare le portaerei, fiore all’occhiello della tua capacità di proiezione militare. E tu che fai? Architetti uno scontro intestino ad hoc in una società lacerata da profonde divisioni. È una ricostruzione credibile? Ovviamente no. E’ suggestiva? Senz’altro. Una grande potenza nucleare con le spalle al muro potrebbe non resistere alla tentazione di indossare il berretto a sonagli: quando si è nella merda fino al collo non si ha altra scelta che quella di fingersi pazzo o buffone per confondere i nemici. Cosa accadrà?
Non ho la sfera di cristallo, posso solo azzardare alcune ipotesi.
A) Il partito democratico potrebbe stipulare una pace separata con Pechino per inguaiare e isolare la Russia per la seconda volta nell’ultimo mezzo secolo. Affinché ciò accada, è necessario schiaffare in gattabuia il leader più filorusso e tendenzialmente sinofobo, probabile nuovo inquilino della Casa Bianca nel 2024. È attendibile? Diciamo che è meno inverosimile della “finta” guerra civile. Cosa non torna?
La Cina rafforzerebbe a cuor leggero un concorrente che ha già dato prova di volerla destabilizzare e smembrare. Inoltre finirebbe con l’offuscare l’immagine di locomotiva del multipolarismo così faticosamente costruita e consolidata presso alcune realtà africane e latinoamericane.
E poi le converrebbe venire meno al detto maoista “bastona il cane che affoga”? Dubito molto.
B) Trump e Putin potrebbero aver stretto un patto segreto finalizzato a: 1) tagliare fuori l’ormai sfrenata combriccola neocon e 2) contenere l’ascesa del gigante asiatico. Il risultato sarebbe un nuovo ordine mondiale retto da un Occidente allargato alla Russia, primus inter pares in coppia con gli americani. L’accordo libererebbe la Russia dall’ancestrale sindrome dell’accerchiamento a condizione di riversare materie prime a buon mercato su di un ovest boccheggiante e sull’orlo della bancarotta.
C) Trump è il garante di quella parte maggioritaria di società nordamericana che non regge più lo stress da unica superpotenza, a dire il vero sempre meno "super". Una sua rielezione avrebbe effetti dirompenti. Come promesso farebbe cessare le ostilità in Ucraina, ma The Donald si spingerebbe oltre, ridisegnando la politica estera e il modo di rapportarsi col resto del pianeta.
Accetterebbe di buon grado di convivere in modo pacifico con i due blocchi, l’eurasiatico e l’orientale, la sostanziale democratizzazione nei rapporti internazionali e la nascita di un nuovo ordine mondiale multipolare. Gli Stati Uniti d’America autenticamente isolazionisti, con le dovute correzioni e in attesa di tempi migliori, avrebbero l’opportunità di prosperare anche senza l’assillo di dover dominare il mondo.
Dunque Trump-Gorbaciov inaugurerebbe la variante yankee di Perestrojka e Glasnost. Ipotesi attendibile, certo, ma difficile da realizzare: da una parte il popolo e il suo condottiero, dall’altra lo strapotere finanziario e mediatico delle lobbies. Siamo sinceri, si tratterebbe di una partita in salita. I vertici militari potrebbero fungere da ago della bilancia, magari dopo qualche altra scoppola. Staremo a vedere.