A volte capita di trovare degli animali che hanno bisogno di essere soccorsi, ma che non si sappia come agire o che si agisca inutilmente.
Rispetto a questo, ho letto un post su facebook su un gufo che è morto per aver mangiato un topo avvelenato. Il creatore del post ha fatto un appello per sensibilizzare sul non utilizzo di veleni per topi, ma di ricorrere ad altri rimedi non tossici, proprio per non avvelenare gli animali che si cibano di essi.

Io stessa sono sensibile agli animali feriti, però ho pensato al senso che quella morte possa aver avuto per la donna che ha trovato quel gufo in fin di vita e che è morto dopo pochi minuti.
Quante volte riceviamo segni da animali vivi, morti o mutilati? Tutto ciò che incontriamo ci parla e possiamo, attraverso esso, ricavarne un messaggio simbolico.

Ho pensato che tutte le idee utopiche di pace universale, di estirpazione del male sono nobili ideali, ma escludono quella parte della realtà, crudele e spiacevole, che pure ci dà indicazioni, a livello personale o collettivo.
Forse devo necessariamente incontrare un gufo morto, una civetta con l'ala spezzata o assistere all'accanimento di altri uccelli su un merlo in fin di vita per avere quella intuizione che spinge più in profondità il mio sguardo.
Magari intervengo pure in queste situazioni, perché devo fare così, ma il simbolo emerge sempre a darmi la chiave di lettura di ciò che ho vissuto in quel momento.

Questo vale per ogni aspetto della realtà. Mi sono ricordata dell'esempio che un maestro spirituale fece, tempo fa, circa l'irruzione di un toro in città. Aveva detto più o meno questo: "I romani non si chiedevano perché il toro si fosse infuriato e fosse entrato in città, ma cosa quel comportamento volesse comunicare per il destino di Roma".

E questo mi ha riportato al mistero del Male, ma anche al fatto che esso sia subordinato al Bene (non praevalebunt). Perché, se il Male è un aspetto della realtà che giudichiamo tale, esso può comunque portarci a quel Bene che rappresenta, in realtà, quell'eterno presente che non ha fine né inizio.

Dopo la croce, nessuno si attendeva la resurrezione, ma il mistero del sepolcro vuoto ne ha dato testimonianza.
Il Male, in quest'ottica, si fa strumento di conoscenza della realtà e si pone al servizio del Bene.
Non intendo, qui, Bene e Male come forze dualistiche in opposizione e lotta, ma Male come occultamento del Bene, che è quell'Ordine che tutto comprende, cioè Dio.

Durante una lezione sull'Inferno di Dante, mi aveva colpito proprio il fatto che il Male fosse nato nel momento del peccato originale, ossia quando Adamo ed Eva sono entrati nella dimensione dualistica dello spazio-tempo. Da quel momento in poi, l'uomo lascia l'eternità per entrare nella storia.
È il momento della divisione, della visione parziale delle cose.

Per poter leggere il Male nella sua valenza simbolica, dobbiamo essere simboli noi stessi, cioè uniti in noi stessi. Così lo si può concepire nell'ordine delle cose.
Umanamente, è difficile, ci sono forme di crudeltà che richiamano la vendetta e ci fanno cadere in una violenza uguale e contraria. Ma non è tanto la violenza in sé da condannare, quanto il modo e il momento nel quale viene adoperata.
Ricordiamoci che l'essere umano è ponte tra animale e divino: sta a lui scegliere verso cosa tendere.

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Mina Vagante
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