La casa che Dio ama costruire è la vita dei Santi

- Benedetto XVI



Con questa frase si apre l'introduzione di "Piccoli passi possibili", un libro che raccoglie le testimonianze sulla vita della (presto) beata Chiara Corbella Petrillo.

Il sigillo di santità viene posto ufficialmente dalla Chiesa cattolica dopo una serie di verifiche sulla fede, la vita, i miracoli postumi del potenziale santo, ma, nell'invisibile quotidianità umana, vi sono tantissimi esempi di santità, alcuni dei quali ancora sconosciuti.

Quando pensiamo ai santi, spesso la nostra mente rievoca icone del passato, come San Francesco d'Assisi, santa Teresa d'Avila o, andando ancora più indietro, i santi Pietro e Paolo e tutte quelle grandiose figure dalle quali ci sentiamo distaccati non soltanto in termini spazio-temporali, ma anche nella possibilità di accogliere la chiamata alla santità.

Per questo motivo, ritengo che sia importante parlare dei santi a noi più vicini e chi meglio di Chiara, il cui processo di beatificazione è ancora in corso?

Chi era questa donna straordinaria?
Chiara era una ragazza romana come tante altre. Studiava, era innamorata dell'uomo che poi sposerà, aveva pregi e difetti come tutti.
Faceva però qualcosa, già da bambina, che oggi raramente si fa coi propri figli: pregava.

Lei e sua sorella Elisa condividevano il momento del Rosario con la loro madre, cattolica praticante. Ma non è che pregassero con chissà che ardore devozionale, ma con tutte quelle piccole resistenze che si possono immaginare a quell'età: la stanchezza dopo ore passate a scuola, il desiderio di guardare qualcosa in TV o di dedicarsi ad altro.
Poi arrivava la mamma, a un certo momento, che diceva: "È l'ora del Rosario".
Ma perché queste bimbe non hanno mai rinunciato a quel momento, rinunciando ad altro?

Così testimonia Elisa, sorella di Chiara: "Quella rinuncia veniva ripagata dalla forza di sapere che avevi dato tutto per il Signore e poi ricevevi da Lui molto di più. Ricevevi quasi del tempo in più, perché poi tutto filava più liscio, avevi più energie, più intuizioni su quello che dovevi studiare... Eri più veloce."

E ancora: "quella mezz'ora al giorno ci dava la possibilità di stare con Gesù e di viverlo poi nella quotidianità; tutto quello che vivevi dopo era vissuto secondo la sua volontà ".

Vi posso garantire che chiunque faccia un qualche tipo di pratica spirituale, come la preghiera o la meditazione, testimonia le stesse cose. Può farlo con un linguaggio diverso, soprattutto se non appartiene alla tradizione cristiana, ma la sostanza è la stessa. La pratica spirituale non appesantisce la giornata, neanche dopo otto ore di lavoro, e ti fa assaporare le cose con un gusto superiore.
Chi dice "vorrei pregare, ma non ho tempo" semplicemente non sa quel che dice, perché non ne ha fatto esperienza.


La vita di Chiara comincia, quindi, con questa attenzione materna alla sua educazione spirituale. Il contatto con Gesù, soprattutto attraverso la figura di Maria, è una costante nel suo cammino terreno.

A un certo punto, appena adulta, Chiara va a Medjugorje e, lì, incontra Enrico. Chiara dirà poi a suo padre: "Questo me lo sposo!"
Promettono di tenersi in contatto e, quando tornano a Roma, i due si rivedono, per iniziare una storia d'amore inizialmente molto tormentata.

La cosa che mi ha colpito di Chiara è che, nonostante avesse vissuto la maternità in maniera totalizzante, lei non si è mai sentita principalmente madre. No, il suo attaccamento più grande era Enrico, l'unico e grande amore della sua vita. Chiara non metteva i suoi figli al di sopra di tutto, sapeva che erano un dono del Signore e che il suo ultimo, Francesco, era un dono che il Signore concedeva al mondo. Ma questi figli non sarebbero nati se lei ed Enrico non si fossero amati veramente, senza riserve, senza anteporre le paure e le insicurezze personali al dono totale di sé all'altro.

Mentre stanno insieme, dopo una serie di tira e molla, i due decidono di partecipare alla marcia del perdono di Assisi e, in quell'occasione, entrambi perdonano se stessi e sono pronti a camminare insieme. Enrico chiede a Chiara di sposarla, lei è felicissima e non vede l'ora di iniziare quella nuova tappa del loro amore.

In questo momento, emerge anche la profonda umiltà di Chiara di fronte al suo prossimo ruolo di sposa. Tenta di prendere esempio dagli altri, dalle persone che le stavano intorno, come i frati, due amici che si erano sposati prima di lei ed Enrico. Chiara comprende che, da sola, senza affidarsi alla Provvidenza, non riuscirà a fare niente. "Lasciava spazio a Dio" afferma Cristiana, l'amica che si era sposata prima di lei.

Voglio riportarvi le belle parole di Cristiana in merito a Chiara nel momento della preparazione al matrimonio:

"La svolta di Chiara è proprio quando comprende di non essere speciale, ma che Dio è Padre di tutti. Molti dicevano (e dicono): "Io non riuscirei mai a fare come Chiara" e lei si arrabbiava moltissimo, perché diceva: "Io di fronte al Padre, non sono più figlia di qualcuno altro". Se tu chiedi a Dio questa grazia, lui non vede l'ora di riempirti".

Chiara, nel pieno della malattia, dirà ancora a Cristiana: "La malattia ti prostra, è faticosa, ma niente a che vedere con il periodo del discernimento. Perché allora vivevo la paura di perdere Enrico, che era come perdere una parte di me. Nella malattia soffro, ma stare con Enrico da sposa rende tutto più vivibile. Il giorno del matrimonio ho dato la mia vita al Signore e ogni giorno dico sì a quello che avviene e che è avvenuto finora".

Queste parole, oltre a dimostrare un amore pieno verso lo sposo che Dio le aveva mandato, fanno comprendere perché Chiara sia stata capace di affrontare la maternità inusuale, se così si può dire, che segue dopo poco il matrimonio. Dire sì a Enrico, come testimonia anche Cristiana, era dire sì al Signore. E, da quel momento, il Signore ti darà la forza per accogliere molto altro.

La prima bimba è Maria Grazia Letizia. Il giorno in cui Chiara deve fare l'ecografia per stabilire il sesso del bambino, Enrico si trova in un altro ospedale per un'operazione urgente a un dente.
Chiara non vede l'ora di sapere il sesso della bimba, ma nota che il volto della ginecologa muta, si fa serio. Capisce che c'è qualcosa che non va. L'ecografia ha mostrato un'anomalia nella bambina: la sua scatola cranica non si è formata e il cervello non è cresciuto.
La bambina viene dichiarata "incompatibile con la vita" e si può immaginare il consiglio che Chiara senta ricevere in quella situazione, non solo dai medici, ma anche dagli amici, cattolici, che ha intorno.

Ma a Chiara questo non importa, lei sa che terrà la bambina e che la farà nascere. Il suo problema è dirlo a Enrico, non sa come fare. Prova a non dirgli niente per un giorno, ma il suo cuore non è sereno.
Nel pieno di quel tormento interiore, si arrende e si rivolge a un'immagine di Maria, rammenta l'Annunciazione e pensa: "Se questo è successo per te, Maria, dato che il Signore è il re della storia, se Lui ha deciso così, in qualche modo faremo".
Chiara si affida al Signore e all'uomo che il Signore ha mandato per lei. Forse la sua paura era quella di sentir parlare di aborto anche suo marito, ma per Enrico è già deciso, è naturale che la bambina verrà fatta nascere.


Nella testimonianza di Chiara, rilasciata dopo la morte dei primi due figli, lei dice che molte persone le hanno indicato l'aborto come alternativa, precisando che la Chiesa non si pronunciava nel caso di queste situazioni estreme, ma afferma: "C'è molta confusione a riguardo.
Dio mette la verità nel nostro cuore e non c'è possibilità di fraintenderla".

Non sono le parole di una donna presuntuosa o esaltata. Sono parole che feriscono il nostro orgoglio umano, tutto il sì di Chiara a Dio offende la nostra umanità, perché la scelta di Chiara non si basa su considerazioni umane, non parte da una logica di perdita e guadagno, non considera le aspettative dei genitori verso i figli.

Enrico afferma: "Dicevo che è stata una gravidanza molto bella. La cosa faticosa da affrontare sono stati tanti cristiani, che purtroppo si sono messi un po' a interpretare quello che la Chiesa dice in queste situazioni, cioè che forse esiste l'aborto terapeutico... [...]
Di fatto, però, erano menzogne e nel nostro cuore lo sapevamo. Dio non ti indica mai una direzione per non fare centro. Il peccato è peccato.

Molti seguivano questa filosofia: "Però Maria non ha il cervello, quindi non è vita...". Tu puoi pure perderti nei tuoi pensieri. Puoi dimostrare tutto e il contrario di tutto. Ma quello che Gesù ci chiedeva era di uscire dalla nostra intelligenza per fare l'esperienza che poi abbiamo fatto. Maria è semplicemente nostra figlia e l'abbiamo amata come potevamo amarla. Dio ci chiedeva di accompagnarla e noi abbiamo detto il nostro piccolo sì. Il Signore ha fatto il resto."

È molto semplice, soprattutto nel mondo new age, fare grandi discorsi sul pensiero positivo, sui condizionamenti mentali, sui livelli superiori di elevazione spirituale.
Ma la vera mistica è questa. Il vero abbattimento dell'ego è questa umiltà che dice "non la mia volontà, ma la Tua".

Chiara ed Enrico vivranno il dolore per non aver potuto vivere con la loro bimba per più di mezz'ora, ma non conosceranno la sofferenza, che è l'attaccamento a quel dolore. In tutta la parabola della vita di Maria Grazia Letizia, questa bimba che ha vissuto in un soffio, Chiara ed Enrico hanno vissuto nella grazia e nella consapevolezza che la loro figlia fosse un dono, concesso per qualcosa di più grande.

(continua nella seconda parte)

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"Dio non ti indica mai una direzione per non fare centro.". Ho questa frase dentro di me dal momento in cui l'ho letta, e non faccio che rifletterci applicandola ai casi miei. Se è tua, o se l'hai tratta dalle parole di Chiara Corbella Petrillo, è comunque meravigliosa. Dice davvero tanto.
 

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Mina Vagante
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