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La rana tedesca
La Germania dell'ultimo quarto di secolo, contrariamente a ciò che opina la pubblicistica spazzatura di area leghista, è il frutto di un esperimento occidentale; e l'agonizzante Germania degli ultimi mesi rappresenta l'esito di tale esperimento. La grande finanza angloamericana, in collaborazione con le oligarchie locali, ha deciso di gonfiare di surplus commerciali (raggiunti essenzialmente grazie al binomio automotive + scarsi investimenti nell'alta tecnologia) la rana tedesca per poi sgonfiarla al momento opportuno. Berlino è da circa cento anni il capro espiatorio perfetto: prima golem del militarismo prussiano, poi fantoccio con la camicia bruna e infine Frankenstein mercantilista. L'omicidio del presidente della Bundesbank Alfred Herrhausen, un euroscettico che pompava miliardi all'asfittica URSS di Gorbaciov e inseguiva il sogno della Silicon Valley europea, ha segnato una svolta epocale. Le guardie bianche dell'imperialismo nordamericano, ossia verdi, popolari e liberali lesinatori, hanno contribuito a infrangere questo sogno. La Germania riunificata, che da Weimar ha mutuato la viltà e la deboscia ma non la vitalità artistica e culturale, ha gettato al macero progetti ambiziosi e futuribili (il treno a lievitazione magnetica, il reattore nucleare di quarta generazione e l'aereo ipersonico) per un miserabile piatto di lenticchie. Il vecchio motto nazionalista Deutschland Erwache! («Germania, svegliati!») è più che mai valido. Ma occorre stare attenti a non ripetere gli errori del passato.
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