di Manuel Berardinucci

Osserviamo che il livello dello scontro sociale negli Stati Uniti d’America diviene sempre più intenso e degno di attenzione, con un po' di malinconica invidia da parte di chi vive nella terra di “moderalandia”, la Patria dell’eterno compromesso e del presunto pragmatismo “pratico-praticone”.

É notizia dello scorso mese che il "Tempio Satanico", ovvero un istituto ufficialmente laico che, a quanto pare, utilizza la terminologia satanica per un fine ben preciso, che a breve descriveremo, ha tra i suoi scopi quello di aprire cliniche abortiste in cui si forniranno pillole per l’interruzione volontaria di gravidanza, anche per posta, a coloro "che desiderano eseguire il rituale di aborto religioso del Tempio satanico". Questa perversa “missione” non è meramente un grottesco scimmiottamento di una religione, ma ha una mira politica determinata: trasformare l'aborto in una pratica religiosa (suggestione più volte evocata nell'anglosfera), in modo da farne ricadere la tutela sotto il primo emendamento americano, che sancisce l’assolutezza della libertà religiosa, aggirando così la recente sentenza della Suprema Corte che lo espelleva dai diritti costituzionali. Un’ eventualità di questo tipo, della cui fattibilità non son certo, a prescindere dai risultati che otterrà -e noi tutti ci auspichiamo che siano negativi- pone tutta la drammatica equivocità di un principio, così largamente accettato ed anzi ritenuto ormai universalmente valido, come quello della libertà religiosa intesa come equiparazione di ogni culto e dunque, di fatto, indifferentismo sociale tra l’errore e la Verità la quale, per logica, per lo stesso principio di non contraddizione, non può che essere unica.

Contemporaneamente dall'Fbi è trapelata una nota in merito al fatto che i Servizi terrebbero sotto sorveglianza i centri, gli oratorii, le cappelle, le chiese in cui si celebra la liturgia secondo il cosiddetto Rito Antico o Tridentino, Vetus Ordo Missae, “forma straordinaria del rito romano” secondo i ratzingeriani, semplicemente la Messa Cattolica di sempre. I centri tradizionalisti statunitensi sarebbero stati attenzionati in quanto presunti ricettacoli di antisemitismo, omofobia e sessismo. Verrebbe da chiedersi quali siano i difetti, ma cerchiamo di restare seri. Come possiamo ben immaginare i tradizionalisti cattolici sono anche i più attivi oppositori del diritto all'aborto e non stupisce dunque che la battaglia abortista dei satanisti “laici” e di Biden, e l'attenzione dell'Fbi per i centri Vetus Ordo, coincidano nelle tempistiche. In generale comunque, e non solo negli Stati Uniti, i cattolici che frequentano la messa di sempre, sono tendenzialmente più consapevoli dei contenuti della dottrina della Chiesa e del suo magistero, particolarmente in ambito morale e politico, rispetto ai modernisti. Secondo una ricerca riportata su LifeSiteNwes ed effettuata dalla Pew Research Center, l’89% dei “cattolici” modernisti approva la contraccezione, mentre tra i cattolici fedeli alla Tradizione solo il 2%; il 51% dei modernisti ritiene lecito l’aborto, mentre solo l’1% tra i tradizionalisti (e mi verrebbe quasi da suggerire che quell’1% sia costituito da infiltrati o passanti). Il Daily Wire ha rilevato che il 67% dei modernisti approva le nozze gay, mentre solo il 2% tra i cattolici tradizionalisti. Questo è un problema per i poteri di questo mondo. E’ un problema avere a che fare con qualcuno che non si lascia piegare, influenzare o intimorire dalle mode di questo mondo, perché è fedele ad una Dottrina che ha le sue fondamenta nel diritto naturale e nella legge divina, ovvero in qualcosa di indisponibile all’arbitrio dei poteri terreni, delle grandi corporazioni economiche, degli Stati, delle agenzie sovranazionali e delle logge massoniche. Ancor più preoccupante poi, per i padroni del mondo, è quando questa consapevolezza non si limita all’ambito della propria sfera privata, ma diviene motivo di pubblico apostolato in coerenza con la dottrina, sempre insegnata dalla Chiesa, della Regalità Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo.

Non stupisce allora che Bergoglio, ultimo epigono del modernismo che da decenni corrode le gerarchie, abbia ingaggiato una guerra aperta proprio contro i Tradizionalisti, che egli spesso apostrofa come “rigidi” o “indietristi”. Una guerra iniziata col motu proprio Traditionis Custodes, esplicitata col recente rescritto di Roche (Prefetto del Dicastero per il Culto Divino) e prossimamente ampliata con un’annunciata Costituzione Apostolica che valuteremo quando arriverà. Ma la sostanza, in buona sintesi, è che Bergoglio ambisce a cancellare tracce di questo antico tesoro della Chiesa Cattolica, che è la Sua messa.

Chissà che all’occupante della Sede Apostolica non sia giunta qualche richiesta da parte del deep state d'Oltreoceano, così interessato a noi Tradizionalisti cattolici. Non che Bergoglio necessiti di essere spinto da qualcuno ad odiare la liturgia della Chiesa Cattolica, ma se oltre ad appagare la propria furia modernista, braccando i tradizionalisti, accontentasse anche gli amici americani, unirebbe l'utile al dilettevole. E certo non sarebbe la prima volta che il deep state statunitense si immischia nelle faccende della Chiesa Cattolica.

Premessa obbligatoria: lo Stato moderno- tanto nella sua espressione liberale che in quella socialista- hobbesiano, figlio della Rivoluzione Francese, è nemico ex se della religione, in quanto si poggia sul principio di sovranità per cui nulla vi sarebbe di trascendente rispetto all’ordinamento politico statutario. Persino i richiami ad un presunto diritto di natura, altro non sono che una declinazione del diritto sovra-positivo. Lo Stato moderno, infatti, può tollerare la religione solo sotto due differenti specie: o come mera spiritualità privata, domestica, totalmente ininfluente sul piano pubblico (e questo si è potuto concretizzare soprattutto negli Stati corrosi dall’eresia protestantica); o come braccio spirituale al servizio del potere secolare (è questo il modello degli scismatici orientali ucraini, russi e via discorrendo).

La Chiesa Cattolica, dunque, con la sua irriducibile contrarietà alla libertà religiosa, la sua dottrina sulla Regalità Sociale di Cristo, il suo universalismo, è stata il nemico numero uno degli Stati liberali dell’800, delle democrazie egualitarie ed ovviamente dei socialismi in tutto il mondo. La sua fermezza dottrinale era una spina nel fianco agli Stati che pretendevano di controllare univocamente la vita pubblica delle Nazioni, alle corporazioni economiche che volevano indirizzarne i costumi e la morale (celebre ed epica fu la crociata della decenza, lanciata dall’episcopato statunitense negli anni 30’, quando ai cattolici fu ordinato di boicottare le produzioni cinematografiche indecenti ed immorali), alle logge che pretendevano di deviarne lo spirito. Insomma la Chiesa Cattolica costituiva una forza sociale in grado di frapporsi allo spirito del tempo, ovviamente sempre indicato dai detentori del potere. Tutto ciò ebbe fine, in modo certamente graduale, negli anni 60’ e il cambiamento fu certificato dalla chiusura del Concilio Vaticano II che mutò drasticamente i rapporti tra la Chiesa Cattolica e il mondo moderno, di fatto con una resa delle gerarchie ecclesiastiche ai potentati mondialisti sotto la spinta dell’eresia neo-modernista. Il deep state americano, per tornare sul tracciato centrale del nostro articolo, seppe individuare quelle linee di faglia che già nei decenni precedenti al Concilio si erano create nel mondo cattolico, insinuandocisi con astuzia. Una delle prime novità visibili del CVII rispetto ai precedenti concili della Chiesa, era costituita dalla presenza, in aula, di osservatori esterni religiosi e del mondo dei giornali, delle televisioni, dei media. Ebbe a scrivere Robert Blair Kaiser, cronista del Time presso il Concilio, che i giornalisti erano “osservatori partecipanti per influenzare gli schemi”. Infatti gli articoli degli osservatori che ogni giorno venivano pubblicati sulle più importanti riviste del mondo, creavano aspettative presso l’opinione pubblica, la quale poi a sua volta esercitava pressione sui prelati modernisti più preoccupati di piacere al mondo che non di essere fedeli al Vangelo. Era un circolo vizioso alimentato dalla grancassa mediatica che per la prima volta non spiava la sacrale ed austera autorità cattolica dal buco della serratura, ma vi si sedeva affianco dandole anche suggerimenti e magari rimproveri in base alla convenienza dei poteri di riferimento. Evidentemente ai Paesi oltre la Cortina di Ferro interessava che il Vaticano adottasse una politica di Ostpolitik rispetto alle dittature sovietiche, mentre all’Occidente liberale importava più il mutamento della dottrina sulla libertà religiosa e sul rapporto Stato/Chiesa. Il potere mediatico americano, con particolare protagonismo del Time, contribuì a snaturare la dottrina cattolica su tali punti, come poi effettivamente avvenne a Concilio concluso. La rivista Time fu la creazione di Henry Robinson Luce, figlio di un ministro presbiteriano. Egli rivoluzionò il giornalismo, conferendo carattere narrativo agli articoli, sempre ricchi di aneddoti e particolari coloriti, se non indecenti, diffondendo didascalie di rapida lettura sotto le immagini, utilizzando neologismi e slang, sintetizzando in un centinaio di righe decine di pagine di un reportage e tutta una serie di ammodernamenti che ad oggi sono la normalità per qualunque redazione giornalistica. Un giornalismo intento a manipolare psicologicamente i lettori suscitando emozioni e sensazioni, attraverso immagini e parole. In breve tempo Luce divenne uno dei più influenti uomini degli Stati Uniti d’America, un indefesso protestante e un cantore della Costituzione statunitense ed in particolare del primo emendamento. La Chiesa Cattolica, ancora una volta, era il nemico. Essa era un ostacolo ai disegni dei plutocrati nel governo nazionale, alla manipolazione mediatica, all’imbarbarimento morale della società. Luce lesse e condivise i sentimenti di Paul Blanshard, avvocato ed autore del libro che divenne il testo sacro dei liberali anti-cattolici d’America, “American Freedom and Catholic Power”. Blanshard nel suo testo poneva il problema della presenza sul suolo nazionale di una gerarchia fedele ad un potere universale, quello del Papato, e ad una dottrina trascendente rispetto alla positività del diritto. In buona sostanza divenne interesse delle élite americane che i cattolici accettassero il Primo emendamento e si accontentassero di essere solo una confessione tra tante altre. Individuarono, per raggiungere tal fine, un cavallo di Troia nella teologia cattolica: il gesuita John Courtney Murray. Murray si era distinto per essere stato tra i redattori della Dichiarazione sulla pace mondiale del 1943, un testo vergognosamente indifferentista ed interconfessionale; sul piano morale era favorevole al programma di controllo delle nascite ed in generale contrario all’intransigentismo dell’episcopato statunitense, tendenzialmente conservatore. Insomma era il perfetto teologo al servizio delle direttrici mondialiste che provenivano dai centri di potere nell’Occidente post-bellico. Un eccellente cappellano delle Nazioni Unite, potremmo sintetizzare con un amaro sarcasmo, dovuto al fatto che costui sarà poi, tra il 1963 e il 1965, tra i maggiori promotori della Dignitatis humanae (il nefasto documento conciliare sulla libertà religiosa). Il gesuita modernista campeggiava sulla copertina della rivista di Luce poco prima dell’inizio del Concilio e fu globalmente intronato dalle élite liberali come profeta di un cattolicesimo venturo, amico delle libertà moderne e dello Stato indifferentista.

Nel 1953 il governo americano, sotto la guida del dottor Edward Lilly, un facoltoso professore della Catholic University of America, sviluppò un piano detto di “guerra dottrinale”, contenuto in un documento, ad oggi rintracciabile facilmente, classificato come PSB D-33. Lo scopo del piano era quello di abbattere, sul piano intellettuale e dottrinale, tutti i possibili nemici dello Stato liberale, tra cui, ovviamente, la Chiesa Cattolica con la sua bimilennaria tradizione. Le èlite americane riuscirono effettivamente ad influenzare il pensiero di diverse scuole teologiche eterodosse, se non direttamente eretiche, che poi nel Concilio Vaticano II ebbero occasione di assaltare il Magistero perenne dei Papi, sostituendolo con una dottrina adulterata, compiacente coi poteri del mondo. Ad esempio Luce fu, tra molti altri membri dell'establishment americano coinvolto nella guerra dottrinale, uno dei finanziatori dell'Università Pro Deo e del suo fondatore, padre Felix Morlion, ove si insegnavano ai futuri uomini d'affari cattolici i benefici del modello sociale statunitense e dove lo stesso Luce pronunciò il suo discorso "The American Proposition", redatto dal già citato Murray, in cui elevava il Primo Emendamento, ovvero la libertà religiosa, a fondamento di ogni civiltà giusta e funzionante.
Nell'estate del 1962, pochi mesi prima dell'apertura del Concilio Vaticano II da parte dell'irenico Giovanni XXIII, Luce mandò a Roma Charles Douglas Jackson. Jackson era suo uomo di fiducia, abile propagandista, esperto di guerra psicologica impiegato nell'Ufficio dei servizi strategici durante la Seconda guerra mondiale e poi assistente speciale del presidente Eisenhower. CD Jackson fu inviato a sondare il terreno presso le gerarchie romane, in vista dell'imminente assise cattolica, e propiziarne così orientamenti graditi al potere d'Oltreoceano.

Ancora oggi, in ogni caso, chi resta fedele alla dottrina di sempre, di cui la liturgia è evidente espressione pubblica, viene percepito come un pericolo da parte degli agenti di iniquità e questa è una buona notizia.

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