Faceva caldo e le mosche, si attaccavano al corpo, il nostro sudore sembrava colla. Non parlo dei giorni scorsi, il caldo a Siracusa, in estate c'è sempre stato, ma diremo sempre "non abbiamo mai avuto estati così torride', tranquilli in inverno diremo dimenticandoci che talvolta ha pure nevicato" non abbiamo mai avuto inverni così freddi". Invece di scimuniti, ne abbiamo avuto sempre ed in ogni stagione, ma saranno esaminati in altre date, in altri racconti. Questo racconto comincia col caldo, e con mio zio Ciccio (cognome) che con mio padre e mio cugino Raffaele assieme ad un piccolo sottoscritto, andavamo ai mercati generali, ad acquistare alcune casse di pomodoro, ancora non esistevano tutte le varietà, Piccadilly, minchiafilly etc. C'era u pummaroro, per sassa o nsalata STOP. prendevamo queste cassette, a seconda i kg che ogni zia, doveva usare per le proprie esigenze. Caricate in macchine, le prelibatezze, ci dirigevamo in campagna dove ci attendevano il resto dei familiari. La campagna di zio Ciccio, inizialmente era molto spartana, però a noi pareva una reggia, poiché c'era tutto l'occorrente per poter fare quello che serviva. Le donne cominciavano a fare una cernita, tra loro, perché secondo la regola dello STRATTO chi era indisposta, avrebbe rovinato la salsa solo col contatto. Detto ciò, provvedevano alla pulitura del prodotto, e alla bollitura in pentoloni, tipo quelli dove in certi film o cartoni, i cannibali cucinavano gli esploratori (se erano cannibali perché li cucinavano?). Dopo, non esistendo da noi, macchinette elettriche, ma tutto rigorosamente a manovella, si spremeva il pomodoro in setacci, per far uscire il succo, e le bucce venivano rigorosamente, ripassate sei/sette volte per non perdere una goccia, i bambini eravamo messi o a girare la manovella, o a mettere i tappi, dopo che il prodotto era stato imbottigliato, poi le bottiglie venivano bollite, sempre in queli pentoloni, con degli stracci dentro per non farle sbattere tra loro. Queste pentole erano posizionate su dei blocchetti (cemento) col fuoco fatto da legna, con noi bimbi che giocavamo a palla a due metri, sicurezza pari a zero. Poi mi dilettavo ad andare al pozzo, dove col secchio si prendeva acqua ghiacciata e pura, e poi mi piaceva travasare in quartare dove la terracotta manteneva fresca l'acqua, la cosa spettacolare era riuscire a bere dal foro lungo il fianco della stessa. Anche lì un bimbo poteva finire nel pozzo o nella gebbia, ma allora non c'erano i pericoli di adesso ihihihih. Il secondo round era, lo STRATTO, dopo i BUTTIGGHI, si metteva la salsa in teglie e si posizionavano in terrazza, senza muro di recinzione, al sole e ogni tanto si mescolava e si "stringeva". Così che da dieci lanne (teglie) si arrivava ad un contenitore da marmellata. Le lanne erano coperte da tulle tipo confetti per tenere lontano le mosche. Ovviamente le urla dei rimproveri dei grandi e delle risa di me e Raffaele, unici masculi, le altre erano tutte cucine (componibili, cugine), quando scattava l'ora dei gavettoni, i grandi giustamente avevano paura, che si rovinasse il loro lavoro, noi che oltre a colpire, una delle poche volte che ci piaceva pure essere colpiti, visto l'arsura. La sera restavano a dormire lì, con sistemazioni di fortuna, a noi interessava stare assieme, non era un problema, ascoltavamo i grandi che avevano potuto vedere i film di Dario Argento che al tempo erano vietati per noi bimbi, e col buio della campagna e i racconti horror ci addormentavamo sereni, eravamo amanti del genere. La mattina si andava in paese Bedduviriri (belvedere) e ci facevamo riempire u bucali (recipiente di un litro per liquidi) di granita di mandorla, e ci immergevamo il pane di casa, quello che potevi mangiarlo per una settimana senza che diventasse duro. Il pranzo? Un insalatiera piena di pasta con la salsa fresca per ogni componente maschile, ma era scioccante per me e Raffaele che eravamo minuti, la scodella era più grande di noi. Poi crescendo cominciai ad andarci col motorino, e poi in macchina e poi finiu a sassa..........
Minchia di cauru........
Angelo Giudice
Minchia di cauru........
Angelo Giudice