“
L'immagine che correda queste mie frasi non è, come solito, una qualche opera d'arte o illustrazione d'epoca: è invece una mappa, presentata al pubblico il 17 luglio 2022 durante il cosiddetto Forum delle “libere nazioni della Post-Russia”, a Praga. La denominazione bislacca e le modalità diletttantesche con cui si è svolta l'assemblea non devono farla sottovalutare: erano presenti anche rappresentanti ufficiali dell'Ucraina, all'epoca, cinque mesi dopo l'inizio delle aperte ostilità con la Russia, stato-fantoccio dell'Alleanza Atlantica, così come la stessa sede è stata scelta in modo accuratamente simbolico. La mappa, che a prima vista può sembrare la semplice suddivisione amministrativa della Federazione Russa, ed è corredata dalla simpatica dicitura di “Cooperazione fra i Governi della Libera Russia”, rappresenta qualcosa di ben più ambizioso: lo smembramento della Federazione Russa in qualcosa come diciannove stati. Il programma esposto nel sito del Forum, ancora attivo (https://www.freenationsrf.org/en/declaration) è ancora più esplicito: dopo aver emesso una serie di altisonanti moniti, alcuni già patrimonio della stampa occidentale (“La Russia è uno stato terrorista guidato da criminali di guerra”), altri semplicemente pagliacceschi (“La Russia è già sull'orlo del caos e della guerra civile”, e abbiamo visto poi com'è andata), espone l'idilliaco scenario di una trentina (proprio così, una trentina, ancor più di quelli visibili sulla mappa, e lascia aperta la possibilità ad altre suddivisioni) di entità statali, apparentemente tutte espressione di popolazioni locali pre-slave, come i tatari, gli udmurti, etc, che aspirerebbero all'indipendenza e soffrirebbero attualmente dell'oppressione coloniale del governo di Mosca. Si annunciava un summit per il dicembre 2022 a cui sarebbero stati invitati anche i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU (fra cui, assai ironicamente, c'è anche la Russia), e che non risulta essersi mai tenuto. Si delineava un percorso di accesso all'indipendenza, stesura di costituzioni nazionali, istituzione di corpi per la risoluzione pacifica dei conflitti e tutto il blablabla con cui i Paesi NATO hanno colpito militarmente i vari obbiettivi delle mire statunitensi. E sarebbe chiaro anche ai più svogliati che il risultato sarebbe una balcanizzazione della Russia, con una situazione di guerra endemica e di frammentazione politica simile a quella sofferta dalla Libia o dalla Siria per anni, e non del tutto conclusa. Solo che la catastrofe sarebbe estesa ad un territorio immenso, esteso su due continenti, che è fra i primi fornitori mondiali di parecchie materie prime essenziali all'economia mondiale. Ed è disseminato di depositi di armi nucleari, che cadrebbero inevitabilmente in mano a qualche signore della guerra o ad uno dei vari stati-fantoccio telecomandati dall'estero che emergerebbero da quest'apocalisse.
E fin qui, cosa ci sarebbe di nuovo? L'Europa è piena di scappati di casa, specie dalle repubbliche ex-sovietiche, bielorussi, georgiani e ucraini che girano per le cancellerie e i palazzi di Bruxelles a spiegare com'è brutta, povera e cattiva la Russia di Putin e che mondo meraviglioso sarebbe se venisse cancellata e rimodellata a piacere, raccogliendo il plauso di altrettanti burattini euroinomani, dalla Metsola a Tajani. La parte preoccupante arriva però quando, girando su internet e cercando materiale su questa cosiddetta “decolonizzazione”, sono capitato su di un documento pubblicato sulla pagina del Congresso degli Stati Uniti. Nel giugno 2022, ossia un mese prima la bizzarra kermesse di Praga. Ve lo linko, perché è davvero il documento più impressionante che sia stato pubblicato da una nazione rivolto ad un'altra (con cui non è ufficialmente nemmeno in guerra) forse negli ultimi cento anni.
Si tratta di un briefing, ossia della trascrizione di un dibattito fra una serie di personaggi, fra cui una sedicente circassa, una kazaka, un ucraino e altri cosiddetti rappresentanti di “minoranze oppresse in Russia”, ma oltre i quali spiccano membri del Congresso e rappresentanti dei Dipartimenti di Stato, della Difesa e del Commercio. In pratica, non bastando l'ufficialità del documento, c'erano rappresentanti della stessa amministrazione Biden. E quanto venne discusso lì, apertamente, ricalca il programma incendiario del Forum sopra citato.
La Russia è definita una dittatura.
La Russia è descritta come uno Stato genocida.
Si esprime rammarico per non averne affrettato lo smembramento già nel 1991.
Si dichiara che tale smembramento avverrà comunque nel prossimo futuro.
E che tutto questo, per giunta, è anche desiderabile per gli stessi russi “se vogliono conservare un ruolo di attore politico di rilievo” (e non chiedetevi come sarebbe possibile farlo una volta smembrati e ridotti a staterelli fantoccio in mano a congreghe mafiose vendute allo straniero: parafrasando Voltaire, l'intolleranza e la malafede non hanno mai prodotto sillogismi migliori).
Ma la cosa secondo me più esemplare è che questo quadro agghiacciante è reso, esplicitamente, come “a matter of fact”. Non un dibattito, ma una semplice ricognizione su qualcosa di pacifico, accettato da tutti e su cui non ci sono obiezioni di sorta, anche se è lasciata aperta la porta a chiunque voglia rincarare la dose. E la “situazione di fatto” è che la Russia così com'è oggi è un mostro coloniale che va portato alla decolonizzazione. Cosa questo significhi è detto esplicitamente verso pagina 20: alla domanda se la Russia vada davvero smembrata, la risposta è: sì. E per “addolcire” (si fa per dire) la pillola, la si mette su questo punto: “chiamiamola 'dare pari diritti' a tutti” perché “questo è quanto è risultato dallo smembramento dell'impero coloniale britannico e della Germania nazista”.
Non è stato facile arrivare alla fine di questo documento. Non lo è stato perché, alla quarantanovesima ripetizione del mantra “la Russia è uno Stato genocida sin dai tempi degli zar” anche lo stomaco più resistente inizia a protestare. Ma ancor più difficile è stato reggere al rimpallo di affermazioni come questa, riportate e corroborate dall'assenso dei partecipanti, senza alcuna messa in discussione o tentativo di stabilirne il fondamento. Così, resta l'impressione di una semplice presa di posizione. Che porta ad una conclusione agghiacciante.
La classe dirigente USA, quella politica e, quindi, la mafia finanziaria che la manovra, ha da tempo eletto a proprio obbiettivo quello di abbattere la Russia come Stato indipendente e smembrarla, costi quel che costi. Ha raccolto per questo il solito armamentario propagandistico fatto di “giustizia, libertà e autodeterminazione dei popoli”, con cui, sin dalla Prima Guerra mondiale ha portato frammentazione, nuova conflittualità e, infine, assoggettamento dell'intero subcontinente europeo, e sta spingendo verso questo obbiettivo. Non so quanti dei miei lettori avessero chiaro questo, anche perché non solo i media tradizionali, ma anche quelli cosiddetti indipendenti non mi risulta abbiano dato il giusto peso a queste dichiarazioni (che non sono confinate a quel documento, ma sono state reiterate negli anni in altri consessi come la cosiddetta Commissione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) ma è evidente che al Cremlino, in cui saranno anche pazzi sanguinari e genocidi ma non scemi, ne sono ben coscienti.
Ora, come credete che possa reagire una potenza nucleare globale di fronte ad uno dei propri principali antagonisti che dichiari di volerla cancellare dalla faccia della terra e ridurre ad un mosaico insanguinato di territori in mano a signori della guerra, in uno stato di conflitto perenne e distruttivo come già fatto in Libia, Siria e Jugoslavia? Non c'è un idiota (fatta eccezione per chi ancora va dietro ai giornalai RAI o agli “analisti” dell'ISPI) che non concluderebbe in un unico modo: ossia, combattendo sino all'ultimo sangue. Con ogni mezzo possibile. Inclusa l'arma nucleare. Che infatti, sin dal suo concepimento, è stata (anche nel diritto internazionale) mantenuta come possibile reazione almeno nel caso di minaccia esistenziale ad uno Stato. E se non è “minacciata esistenzialmente” la Russia in un caso come questo, trovatemi un esempio migliore.
Come ricorderete, avevo interpretato l'escalation militare di Israele in ottobre come non rivolta contro l'Iran, ma contro la Russia. Ossia come un tentativo indiretto degli USA di scatenare un conflitto globale per motivi elettorali interni. Oggi la stampa americana conferma che anche le ultime mosse incendiarie della morente amministrazione Biden, con l'autorizzazione all'uso di missili a lungo raggio per l'Ucraina, è stata fatta per motivi di politica interna. Subito dopo l'elezione di Trump, mi son fatto travolgere da un certo entusiasmo. Ma è stato di poca durata. Oggi è evidente che sino al 20 gennaio chi ha perso le elezioni presidenziali (e non mi riferisco ai pupazzi del partito democratico) cercherà di far precipitare la situazione in modo da portare ad uno scontro diretto con la Russia. E se pure Trump ce la farà a restare in sella per quattro anni, il rischio è che si tratti solo di una parentesi, come il primo mandato, che al massimo congelerà i piani dell'elite globalista massonica che mira a rimodellare il mondo. E che non rifugge da nessun rischio, incluso un conflitto globale. Come già nel 1914. E chissà quante altre volte.
Putin, e la classe dirigente russa, ne è ben informata. E le risposte che sta dando nelle ultime ore lo dimostrano. A Mosca prendono la recente offensiva NATO molto seriamente, e il lancio di un missile capace di portare testate nucleari su Dnipro dovrebbe togliere ogni dubbio a chiunque. La Russia, come sempre nella propria storia, e come fra l'altro farebbe qualsiasi altro Stato e popolo degno di questo nome, si sta preparando a respingere una delle più gravi minacce alla propria esistenza. Per questo, è ingenuo credere che la guerra in Ucraina possa “congelarsi” secondo le attuali linee di fronte. Alla Russia non importano i territori, ma l'intero assetto strategico in Europa Orientale. Solo qualche pagliaccio a Kiev o a Bruxelles può credere che sia l'Ucraina a poter pretendere “garanzie”. È la Russia che dovrà ricevere solide garanzie da una qualsiasi pace, e sono quegli “obbiettivi” di cui tutti, a Mosca, da Putin a Lavrov a Peskov, hanno sempre parlato. Tanto per ripetere:
L'Ucraina verrà smembrata. Perderà del tutto cinque province, se le va bene. Ma, cosa più importante, il resto del territorio sarà necessariamente ridotto sotto influenza russa con un governo non ostile. Nessuna presenza militare NATO o altrimenti occidentale verrà tollerata. E questo perché si è prestata ad un progetto di aperta ostilità e smembramento della Federazione Russa. Tutti dovranno capire che questo accadrà a chi volesse seguirne l'esempio.
Resta ancora da scoprire se il conflitto si concluderà con la fine dell'Ucraina come satellite occidentale (come stato indipendente è finita già nel 2014) oppure se si estenderà direttamente a guerra continentale. O globale. A vedere dove spingono i governi di Washington e Londra, il vero Asse del Male che promuove conflitti tutt'attorno al globo, sembrerebbe la seconda opzione. Mi auguro che Trump riesca a sopravvivere, anche dopo il 20 gennaio prossimo, perché, come ho sempre scritto qui, i suoi avversari non son gente che rifugge dall'omicidio pur di evitare di perdere. Allora, forse, con gran difficoltà, quella guerra mondiale che Giulietto Chiesa vedeva iniziare in Ucraina verrà evitata.
This is the most formidable document that was ever adressed from one state to another”
Sir Edward Grey, 24 luglio 1914
“Il documento più micidiale mai rivolto da uno stato ad un altro”, nelle parole dell'allora Primo Ministro britannico, era l'ultimatum inviato dal governo austroungarico a quello serbo in conseguenza dell'attentato di Sarajevo di neppure un mese prima. E che fosse proprio così, non c'era dubbio: attentava direttamente all'indipendenza serba, imponendo l'ingresso di funzionari austroungarici in Serbia per indagare sulle responsabilità nel duplice omicidio (che c'erano, eccome: esercito e servizi segreti c'erano dentro sino al collo). Altri tempi: oggi questi “attentati” alla sovranità nazionale” sono la prassi, mascherati da “missioni di pace”, alleanze a senso unico e “cooperazione”. Ma l'inventiva umana, specie nel Male, è inesauribile, così qualche giorno fa, appena prima del voto USA, mi sono imbattuto in un documento ufficiale americano che mi ha fatto la stessa impressione dell'ultimatum di Vienna a lord Grey. E che, rispetto a quello, si rivela, nelle intenzioni, altrettanto micidiale.
L'immagine che correda queste mie frasi non è, come solito, una qualche opera d'arte o illustrazione d'epoca: è invece una mappa, presentata al pubblico il 17 luglio 2022 durante il cosiddetto Forum delle “libere nazioni della Post-Russia”, a Praga. La denominazione bislacca e le modalità diletttantesche con cui si è svolta l'assemblea non devono farla sottovalutare: erano presenti anche rappresentanti ufficiali dell'Ucraina, all'epoca, cinque mesi dopo l'inizio delle aperte ostilità con la Russia, stato-fantoccio dell'Alleanza Atlantica, così come la stessa sede è stata scelta in modo accuratamente simbolico. La mappa, che a prima vista può sembrare la semplice suddivisione amministrativa della Federazione Russa, ed è corredata dalla simpatica dicitura di “Cooperazione fra i Governi della Libera Russia”, rappresenta qualcosa di ben più ambizioso: lo smembramento della Federazione Russa in qualcosa come diciannove stati. Il programma esposto nel sito del Forum, ancora attivo (https://www.freenationsrf.org/en/declaration) è ancora più esplicito: dopo aver emesso una serie di altisonanti moniti, alcuni già patrimonio della stampa occidentale (“La Russia è uno stato terrorista guidato da criminali di guerra”), altri semplicemente pagliacceschi (“La Russia è già sull'orlo del caos e della guerra civile”, e abbiamo visto poi com'è andata), espone l'idilliaco scenario di una trentina (proprio così, una trentina, ancor più di quelli visibili sulla mappa, e lascia aperta la possibilità ad altre suddivisioni) di entità statali, apparentemente tutte espressione di popolazioni locali pre-slave, come i tatari, gli udmurti, etc, che aspirerebbero all'indipendenza e soffrirebbero attualmente dell'oppressione coloniale del governo di Mosca. Si annunciava un summit per il dicembre 2022 a cui sarebbero stati invitati anche i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU (fra cui, assai ironicamente, c'è anche la Russia), e che non risulta essersi mai tenuto. Si delineava un percorso di accesso all'indipendenza, stesura di costituzioni nazionali, istituzione di corpi per la risoluzione pacifica dei conflitti e tutto il blablabla con cui i Paesi NATO hanno colpito militarmente i vari obbiettivi delle mire statunitensi. E sarebbe chiaro anche ai più svogliati che il risultato sarebbe una balcanizzazione della Russia, con una situazione di guerra endemica e di frammentazione politica simile a quella sofferta dalla Libia o dalla Siria per anni, e non del tutto conclusa. Solo che la catastrofe sarebbe estesa ad un territorio immenso, esteso su due continenti, che è fra i primi fornitori mondiali di parecchie materie prime essenziali all'economia mondiale. Ed è disseminato di depositi di armi nucleari, che cadrebbero inevitabilmente in mano a qualche signore della guerra o ad uno dei vari stati-fantoccio telecomandati dall'estero che emergerebbero da quest'apocalisse.
E fin qui, cosa ci sarebbe di nuovo? L'Europa è piena di scappati di casa, specie dalle repubbliche ex-sovietiche, bielorussi, georgiani e ucraini che girano per le cancellerie e i palazzi di Bruxelles a spiegare com'è brutta, povera e cattiva la Russia di Putin e che mondo meraviglioso sarebbe se venisse cancellata e rimodellata a piacere, raccogliendo il plauso di altrettanti burattini euroinomani, dalla Metsola a Tajani. La parte preoccupante arriva però quando, girando su internet e cercando materiale su questa cosiddetta “decolonizzazione”, sono capitato su di un documento pubblicato sulla pagina del Congresso degli Stati Uniti. Nel giugno 2022, ossia un mese prima la bizzarra kermesse di Praga. Ve lo linko, perché è davvero il documento più impressionante che sia stato pubblicato da una nazione rivolto ad un'altra (con cui non è ufficialmente nemmeno in guerra) forse negli ultimi cento anni.
Si tratta di un briefing, ossia della trascrizione di un dibattito fra una serie di personaggi, fra cui una sedicente circassa, una kazaka, un ucraino e altri cosiddetti rappresentanti di “minoranze oppresse in Russia”, ma oltre i quali spiccano membri del Congresso e rappresentanti dei Dipartimenti di Stato, della Difesa e del Commercio. In pratica, non bastando l'ufficialità del documento, c'erano rappresentanti della stessa amministrazione Biden. E quanto venne discusso lì, apertamente, ricalca il programma incendiario del Forum sopra citato.
La Russia è definita una dittatura.
La Russia è descritta come uno Stato genocida.
Si esprime rammarico per non averne affrettato lo smembramento già nel 1991.
Si dichiara che tale smembramento avverrà comunque nel prossimo futuro.
E che tutto questo, per giunta, è anche desiderabile per gli stessi russi “se vogliono conservare un ruolo di attore politico di rilievo” (e non chiedetevi come sarebbe possibile farlo una volta smembrati e ridotti a staterelli fantoccio in mano a congreghe mafiose vendute allo straniero: parafrasando Voltaire, l'intolleranza e la malafede non hanno mai prodotto sillogismi migliori).
Ma la cosa secondo me più esemplare è che questo quadro agghiacciante è reso, esplicitamente, come “a matter of fact”. Non un dibattito, ma una semplice ricognizione su qualcosa di pacifico, accettato da tutti e su cui non ci sono obiezioni di sorta, anche se è lasciata aperta la porta a chiunque voglia rincarare la dose. E la “situazione di fatto” è che la Russia così com'è oggi è un mostro coloniale che va portato alla decolonizzazione. Cosa questo significhi è detto esplicitamente verso pagina 20: alla domanda se la Russia vada davvero smembrata, la risposta è: sì. E per “addolcire” (si fa per dire) la pillola, la si mette su questo punto: “chiamiamola 'dare pari diritti' a tutti” perché “questo è quanto è risultato dallo smembramento dell'impero coloniale britannico e della Germania nazista”.
Non è stato facile arrivare alla fine di questo documento. Non lo è stato perché, alla quarantanovesima ripetizione del mantra “la Russia è uno Stato genocida sin dai tempi degli zar” anche lo stomaco più resistente inizia a protestare. Ma ancor più difficile è stato reggere al rimpallo di affermazioni come questa, riportate e corroborate dall'assenso dei partecipanti, senza alcuna messa in discussione o tentativo di stabilirne il fondamento. Così, resta l'impressione di una semplice presa di posizione. Che porta ad una conclusione agghiacciante.
La classe dirigente USA, quella politica e, quindi, la mafia finanziaria che la manovra, ha da tempo eletto a proprio obbiettivo quello di abbattere la Russia come Stato indipendente e smembrarla, costi quel che costi. Ha raccolto per questo il solito armamentario propagandistico fatto di “giustizia, libertà e autodeterminazione dei popoli”, con cui, sin dalla Prima Guerra mondiale ha portato frammentazione, nuova conflittualità e, infine, assoggettamento dell'intero subcontinente europeo, e sta spingendo verso questo obbiettivo. Non so quanti dei miei lettori avessero chiaro questo, anche perché non solo i media tradizionali, ma anche quelli cosiddetti indipendenti non mi risulta abbiano dato il giusto peso a queste dichiarazioni (che non sono confinate a quel documento, ma sono state reiterate negli anni in altri consessi come la cosiddetta Commissione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) ma è evidente che al Cremlino, in cui saranno anche pazzi sanguinari e genocidi ma non scemi, ne sono ben coscienti.
Ora, come credete che possa reagire una potenza nucleare globale di fronte ad uno dei propri principali antagonisti che dichiari di volerla cancellare dalla faccia della terra e ridurre ad un mosaico insanguinato di territori in mano a signori della guerra, in uno stato di conflitto perenne e distruttivo come già fatto in Libia, Siria e Jugoslavia? Non c'è un idiota (fatta eccezione per chi ancora va dietro ai giornalai RAI o agli “analisti” dell'ISPI) che non concluderebbe in un unico modo: ossia, combattendo sino all'ultimo sangue. Con ogni mezzo possibile. Inclusa l'arma nucleare. Che infatti, sin dal suo concepimento, è stata (anche nel diritto internazionale) mantenuta come possibile reazione almeno nel caso di minaccia esistenziale ad uno Stato. E se non è “minacciata esistenzialmente” la Russia in un caso come questo, trovatemi un esempio migliore.
Come ricorderete, avevo interpretato l'escalation militare di Israele in ottobre come non rivolta contro l'Iran, ma contro la Russia. Ossia come un tentativo indiretto degli USA di scatenare un conflitto globale per motivi elettorali interni. Oggi la stampa americana conferma che anche le ultime mosse incendiarie della morente amministrazione Biden, con l'autorizzazione all'uso di missili a lungo raggio per l'Ucraina, è stata fatta per motivi di politica interna. Subito dopo l'elezione di Trump, mi son fatto travolgere da un certo entusiasmo. Ma è stato di poca durata. Oggi è evidente che sino al 20 gennaio chi ha perso le elezioni presidenziali (e non mi riferisco ai pupazzi del partito democratico) cercherà di far precipitare la situazione in modo da portare ad uno scontro diretto con la Russia. E se pure Trump ce la farà a restare in sella per quattro anni, il rischio è che si tratti solo di una parentesi, come il primo mandato, che al massimo congelerà i piani dell'elite globalista massonica che mira a rimodellare il mondo. E che non rifugge da nessun rischio, incluso un conflitto globale. Come già nel 1914. E chissà quante altre volte.
Putin, e la classe dirigente russa, ne è ben informata. E le risposte che sta dando nelle ultime ore lo dimostrano. A Mosca prendono la recente offensiva NATO molto seriamente, e il lancio di un missile capace di portare testate nucleari su Dnipro dovrebbe togliere ogni dubbio a chiunque. La Russia, come sempre nella propria storia, e come fra l'altro farebbe qualsiasi altro Stato e popolo degno di questo nome, si sta preparando a respingere una delle più gravi minacce alla propria esistenza. Per questo, è ingenuo credere che la guerra in Ucraina possa “congelarsi” secondo le attuali linee di fronte. Alla Russia non importano i territori, ma l'intero assetto strategico in Europa Orientale. Solo qualche pagliaccio a Kiev o a Bruxelles può credere che sia l'Ucraina a poter pretendere “garanzie”. È la Russia che dovrà ricevere solide garanzie da una qualsiasi pace, e sono quegli “obbiettivi” di cui tutti, a Mosca, da Putin a Lavrov a Peskov, hanno sempre parlato. Tanto per ripetere:
L'Ucraina verrà smembrata. Perderà del tutto cinque province, se le va bene. Ma, cosa più importante, il resto del territorio sarà necessariamente ridotto sotto influenza russa con un governo non ostile. Nessuna presenza militare NATO o altrimenti occidentale verrà tollerata. E questo perché si è prestata ad un progetto di aperta ostilità e smembramento della Federazione Russa. Tutti dovranno capire che questo accadrà a chi volesse seguirne l'esempio.
Resta ancora da scoprire se il conflitto si concluderà con la fine dell'Ucraina come satellite occidentale (come stato indipendente è finita già nel 2014) oppure se si estenderà direttamente a guerra continentale. O globale. A vedere dove spingono i governi di Washington e Londra, il vero Asse del Male che promuove conflitti tutt'attorno al globo, sembrerebbe la seconda opzione. Mi auguro che Trump riesca a sopravvivere, anche dopo il 20 gennaio prossimo, perché, come ho sempre scritto qui, i suoi avversari non son gente che rifugge dall'omicidio pur di evitare di perdere. Allora, forse, con gran difficoltà, quella guerra mondiale che Giulietto Chiesa vedeva iniziare in Ucraina verrà evitata.
Spero vivamente si sia sbagliato, anche se, sino ad ora, è stato sin troppo preciso nelle sue previsioni.