Allora Erode, vedendosi deluso dai Magi,
s'irrritò grandemente e mandò
ad uccidere tutti i bambini che erano in
Betlemme e in tutti i suoi dintorni, dai due anni in giù...
s'irrritò grandemente e mandò
ad uccidere tutti i bambini che erano in
Betlemme e in tutti i suoi dintorni, dai due anni in giù...
Matteo, 2,16
Da lettore di fantascienza con la fissa per la Storia e la Filosofia ho sempre prediletto due tipi di racconti: quelli sui viaggi nel tempo, e meglio nel passato che nel futuro, e quelli ad argomento ucronico, ossia sulle società immaginarie ma, per certi versi, verosimili, anche se apparentemente surreali. Ho sempre trovato Philip K. Dick un maestro nei racconti del secondo tipo, e ne ho giudicato quasi sempre buone, e spesso eccellenti, le sue prove di narrativa breve (come romanziere mi ha invece sempre lasciato freddo). Uno dei suoi racconti più impressionanti è “Le pre-persone”, del 1980. In un'America dove il diritto all'aborto è stato ampliato notevolmente, è possibile sopprimere i bambini anche dopo la nascita. E siccome il discrimine tra feto e essere umano è sempre stato discutibile e arbitrario, anche dopo la nascita si potè sostenere che il nato non è ancora un essere umano completamente formato, e quindi meritevole di protezione legale. Una “pre-persona”, appunto. Sino ai dodici anni, quando, per graziosa concessione del Congresso, il ragazzino diviene capace di risolvere problemi matematici complessi, e raggiunge lo status di essere umano in tutto e per tutto. A poco vale ricordare che i greci dell'epoca di Platone e tutte le principali civiltà dell'antichità, non avendo quelle nozioni di matematica superiore, sarebbero ricadute nell'imbarazzante status di “pre-persone” non pienamente umane, e quindi “abortibili”. Le leggi sono fatte per essere applicate, e non discusse all'infinito. Quindi, a richiesta dei genitori, il bambino, sino ai dodici anni, vive in un limbo di terrore nella possibilità di poter essere prelevato da un apposito furgone e soppresso. Legalmente. Come un cane randagio. E il tutto (ciliegina sulla torta) per calmare le ansie dell'arcigno contribuente, perennemente preoccupato per i livelli minacciosi di spesa pubblica.
La vicenda della piccola Indi Gregory sarebbe ideale per un racconto di questo tipo, ma ha anche una notevole caratteristica: ha superato quel racconto che, nelle intenzioni dell'autore, avrebbe dovuto essere una grottesca, disumana satira dell'abbuffata ideologica che aveva portato, dalle proteste per i diritti delle donne, alla legalizzazione dell'omicidio. Con il geniale cavillo che, togliendo lo status di essere umano ad un feto di tot settimane, l'aborto non poteva più essere definito, tecnicamente parlando, omicidio. Ma nel racconto di Dick, per sopprimere il povero figlio, bisognava vi fosse almeno il consenso di entrambi i genitori. Quello che invece abbiamo visto succedere, fra lo sgomento dei pochi e l'indifferenza del resto, è ben più angosciante. Un giudice, rappresentante dello Stato, con la forza della legge e con motivi risibili o abietti, ha deciso di sopprimere una bambina di otto mesi, affetta da una malattia genetica attualmente incurabile e che, per sopravvivere, aveva bisogno dell'ausilio continuo di macchinari medici. Non ha contato nulla il fatto che i genitori non solo non avessero prestato il consenso, ma si siano battuti con le unghie e con i denti contro quella decisione, né che uno Stato con cui il Regno Unito intrattiene buone relazioni, l'Italia, si sia offerto di fornire quelle cure che il tignoso contribuente britannico poteva giudicare eccessive per mantenere una piccola vita in essere. Un'immagine più simile a quella dei sacrifici umani a Moloch a cui erano tenuti, volenti o nolenti, i cittadini cartaginesi, che a quella della distopia di Dick. Un'immagine che sa di mostruosità, di satanismo, non certo di civiltà nata dai lumi della ragione e sorretta dall'attenzione ai diritti della persona umana.
Non voglio scendere nel personale né nel soggettivo: chi mi segue sa che, giudicando fatti di geopolitica, mi attengo per quanto capace alle analisi oggettive di alcune grandi menti, e trovo ben miseri quegli interlocutori che, per cercare di tagliar corto in una discussione che non riescono a vincere, tirano fuori il jolly: “Vivresti meglio qui ed ora o nell'Ancien Régime/in URSS/a Cuba?” e via completando a piacere. Domanda a cui rifiuto di rispondere perché sarei a mia volta ben misero io se dovessi giudicare i meriti e i pregi di periodi storici o costruzioni statali e sociali in base alle comodità e ai vizi che avrebbero potuto offrire a me personalmente (e che invece è proprio il criterio dei poveri cristi che in quella domanda si rifugiano). Quindi non trovo rilevante far leva sulla commozione di genitore (pur essendolo), su paradossi indimostrabili (“vorrei vedere il giudice con la propria figlia”, ma ovviamente non lo vedremo mai), e neppure tirando in ballo l'amore per i bambini: se la vittima fosse stata una donna adulta o un anziano, cosa sarebbe cambiato?
Anche stavolta vorrei mettere sul banco l'aspetto oggettivo dell'evento, che è, secondo me, molto più spaventoso di quello emotivo. La Storia è piena di esempi di crudeltà, gratuita, sfrenata e disumana, anche in quantità massicce: e la strage degli innocenti che cito all'inizio è uno degli esempi più antichi che mi vengono in mente. Ma questi potevano venir spiegati con la follia, il sadismo, l'odio, la ferocia della guerra o le circostanze contingenti del momento, quali i bisogni fisici, la fame, il dolore. Qui abbiamo uno Stato moderno, nato contro l'oscurantismo religioso medievale (così ci insegnano) dall'applicazione dei dettami dell'Illuminismo, uno Stato ordinato in maniera mirabile a livello politico con la separazione dei poteri (tanto che è stato di esempio a mezzo mondo), di antica e consolidata cultura legale (i processi nel mondo di Common Law sono uno spettacolo di citazioni e confronti non solo fra leggi, ma fra usi, consuetudini e precedenti, molto più che da noi, poveri eredi del Code Napoléon), organizzato in modo quasi perfetto ad ogni livello su criteri di razionalità, economicità ed efficienza. Insieme agli USA e agli scandinavi, infatti, la Gran Bretagna è il massimo esempio di cosa possa sembrare la civiltà Occidentale arrivata alla sua piena maturità, almeno negli occhi dei suoi apologeti.
Oggi questo Stato si è impegnato per togliere ai genitori uno dei diritti più antichi e radicati, un diritto che nasce dall'istinto ferino, persino pre-umano, di difendere la vita dei propri figli. Negato questo, e rimbeccata più volte l'ostinata coppia, lo Stato di Sua Maestà Britannica ha decretato ufficialmente che una bambina di otto mesi doveva morire. Il motivo, nelle parole del giudice, è che mantenerla in vita sarebbe stato “accanimento terapeutico che la farebbe solo soffrire”. Una ragione assai poco ragionevole, se pensiamo che non è stata certo la bambina ad aver confessato al giudice le proprie sofferenze, né se abbia senso sopprimere una vita per evitargli sofferenze di qualsiasi tipo (non servono esempi per capire quanto sia assurda la pretesa). Il fatto che la malattia sia oggi incurabile, poi, sa tanto di lana caprina. Anche molti tumori sono tecnicamente incurabili, anche l'HIV è tecnicamente incurabile, ma non mi risulta che, fatta la diagnosi, si spari un colpo in testa al malato come ad un cavallo per evitargli di soffrire. La medicina esiste per combattere le malattie, anche quando la battaglia sembra persa, perché sino a che non è finita la battaglia non è mai persa, altrimenti che senso ha la ricerca? E vi faccio un esempio.
Nel 1991 nacque una mia cugina. Dopo pochi anni le fu diagnosticata una malattia genetica grave, che le dava una speranza di vita bassissima. Allora era impensabile vederla superare l'adolescenza. La teneva in vita un cocktail di pastiglie e cure mediche ad hoc, che però non la guariva. Con gli anni le cure migliorarono, e il termine fu spostato a diciotto anni, a venti poi, quindi arrivò a venticinque. Qualche anno fa venne trovata la cura. Lei oggi è sana, guarita, e ha trentadue anni. Una che non avrebbe dovuto arrivare a sedici anni, secondo il parere unanime dei medici (“la Scienza”, vi ricorda qualcosa?). Ebbene, sia i genitori che il servizio sanitario hanno fatto la cosa più normale, e a nessuno passò per la testa di alleviarne le sofferenze dandole, invece delle solite pastiglie, una compressa di cianuro.
Ecco, vorrei sapere se il giudice britannico gode di poteri paranormali per poter stabilire che la malattia della piccola Indi sarebbe rimasta senza cura anche negli anni a venire. Poi mi piacerebbe sentire anche come si giustificano quei medici e quel personale sanitario che hanno obbedito tranquillamente ad un ordine di eutanasia giunto per via legale, loro che dovrebbero aver giurato su Ippocrate di salvare la vita in ogni modo e a qualunque costo. Tutto questo sa davvero di malsano e ipocrita. Fa più senso sentire le ragioni ufficiose che circolano, sulla volontà di ridurre le spese sanitarie che rischiano di prolungarsi nel tempo, riducendo anche la vita di una bambina a “spreco inutile”, e nella transumanza del personale medico e paramedico da Ippocrate al tengo famiglia, come mercenari qualsiasi che “fanno solo il loro lavoro”, dimenticando che il loro lavoro era, teoricamente, quello di curare i malati, non di staccargli la spina. Eppure tutto questo delirio si iscrive alla perfezione nella nostra epoca, quella in cui l'uomo è stato ridotto a cifra grazie all'economicizzazione dell'esistenza, forse il peggior lascito del pensiero moderno, sia marxista che liberale: la base strutturale è quella dei rapporti di proprietà e di produzione. Il resto è sovrastruttura, e lasciateci lavorare.
È amareggiante vedere un'opinione pubblica del tutto inerte di fronte a questo omicidio legalizzato. Ma decenni di assuefazione, passo dopo passo, a politiche che affiancavano la carota di un miserabile benessere consumistico al bastone della povertà come morte sociale hanno fatto quadrare il cerchio. E abbiamo Stati che, in nome dei diritti umani, concedono quello alla morte, facendolo diventare poi obbligo secondo i propri arbitrari giudizi, mentre via via sono spariti i diritti più basilari di una vita decente, quello ad un lavoro dignitoso, ad un'istruzione, al tempo libero, ad una casa. Non il diritto a creare una famiglia (concetto ormai fascista) ma sì a quello a distruggerla. Non il diritto a disporre del proprio corpo se lo Stato ha deciso di darlo come cavia ad una multinazionale del farmaco, ma porte aperte se vuoi usarlo in pratiche abiette nel fantastico mondo della pornografia. In pratica, lo Stato ci ha tolto tutto quello che faceva di un uomo un essere dotato di coscienza, dignità e libertà, ma gli lascia tutto quello che può farne ancora una merce. Oggi ci dice che non è neppure dotato di una vita che abbia valore in sé. E questo è il significato vero del passo estremo a cui abbiamo appena assistito mentre la piccola Indi Gregory cessava per sempre di respirare, chiusa fra le pareti fredde e asettiche di un ospedale trasformato per lei in obitorio.
La maggior parte neppure se ne accorge, ma viviamo già quelli che quarant'anni fa appena erano gli incubi della fantascienza.
P.S. Va aggiunto, per completezza, che la strage degli innocenti è stata giudicata, proprio a partire dall'Illuminismo, come episodio inventato o comunque privo di autenticità storica, in quanto mancante di testimonianze e prove documentali dirette e convincenti. Lo cita Matteo, ma non gli altri evangelisti, né storici locali attenti come Giuseppe Flavio. Il giudice britannico e tutto l'apparato statale e sanitario che ha soppresso Indi Gregory, invece, esiste eccome.