Faccio una premessa: detesto quelli dell' “Io l'avevo detto”. La facoltà di prevedere il futuro, qualora esistesse, dovrebbe avere impieghi migliori della vanteria da Bar Sport. Eppure non posso nascondere una maligna soddisfazione nel riconoscere di aver profetizzato, più volte nell'ultimo anno e mezzo, che Joe Biden non sarebbe arrivato a fine mandato. Cosa che, secondo me, sta realmente accadendo.
Certo, i motivi per cui avevo emesso questo giudizio erano altri: contavo più che altro sulla sua decadenza psico-fisica senile, evidente a chiunque tranne ai pennivendoli di regime che, invece, preferiscono occuparsi degli inesistenti malanni di Putin. Ero disposto a scommettere che l'attuale presidente americano non sarebbe arrivato vivo ad un secondo mandato. E probabilmente la cordata di multinazionali che lo hanno messo lì contava proprio su questo, avendogli affiancato, come vicepresidente destinato a succedergli, una scema come la Harris adatta ancor più ad essere manovrata senza mordere il freno. Ma evidentemente, non risolvendosi la questione in modo naturale, i veri padroni della politica americana hanno deciso di fare da soli, sostituendosi a Dio (e non è la prima volta). Ma andiamo con ordine.
Da qualche settimana sentiamo con sempre maggior insistenza della questione dei documenti secretati ritrovati, chissà come, nelle varie residenze e uffici di Biden. Si tratta di carte risalenti agli anni dell'amministrazione Obama, di cui Biden era vice, e quindi degli anni 2009-2017. Nel migliore dei casi sono vecchi di sei anni. Nel peggiore, di quattordici. Il poco che ne sappiamo non ci permette di dirne di più, ma ciò non ha alcuna importanza, ai fini dell'analisi che mi appresto a presentarvi.
Mentre i prostituti di regime si affannavano a fare paragoni con l'analogo caso occorso a Trump, evidenziando le differenze a tutto vantaggio di Biden, quello che fa accendere una lampadina è intanto la tempistica, in secondo luogo la particolare solerzia con cui le autorità stanno conducendo le indagini.
Stupisce non poco che documenti top-secret abbandonati a volte persino in uffici di cui Biden non si serviva più, alla stregua di post-it desueti, vengano ripescati proprio ora. Se non bastasse la stranezza dei primi ritrovamenti (carte così scottanti, contenenti segreti di Stato, avrebbero dovuto essere custodite con maggior attenzione, e non “dimenticate” come vecchiume destinato alla differenziata), si rimane ancora più sconcertati dal fatto che le più recenti perquisizioni ne abbiano tirato fuori altre. E come? Sei nel bel mezzo di una situazione estremamente imbarazzante che potrebbe evolvere nella peggiore crisi del tuo mandato, e magari costarti la poltrona, e non corri ai ripari facendo sparire ogni altra eventuale prova a tuo carico? E invece no, una perquisizione della stessa residenza di Biden fa saltar fuori altri sei documenti riservatissimi che non avrebbero dovuto star lì. Insomma, era casa sua, un locale totalmente sotto al suo controllo: cosa gli sarebbe costato mettere al sicuro quei sei documenti per evitare almeno che lo scandalo si allargasse? Con tutto che non sarebbe certo toccato ad un vecchio rimbambito andare alla ricerca di quegli incartamenti, vista la squadra di personale che segue ovunque il Presidente degli Stati Uniti (la cosiddetta persona più potente al mondo) per far sì che tutto sia sempre perfettamente in ordine prima e dopo il suo passaggio. La CIA e i migliori uomini delle istituzioni civili e militari, insomma, capaci di smascherare una minaccia nascosta in un innocuo calzascarpe ma che si fa sfuggire interi incartamenti segretissimi ma fuori posto da forse tredici anni. No, non quadra.
E allora la spiegazione dev'essere un'altra.
Succede che fra meno di due anni si rivota per le presidenziali. Succede che, nonostante la campagna militare scatenata contro Trump dall'intero apparato statale americano, questi sembri inarrestabile, e sarà probabilmente il prossimo sfidante. Succede che, visti i passati due anni, Biden stavolta non riuscirebbe a spuntarla contro Trump nemmeno se i suoi riuscissero a falsificare la metà delle schede elettorali, come già fatto la volta scorsa. Perché Biden sta diventando palesemente impresentabile. Di più, imbarazzante. Non connette, si aggira per i palazzi, fra la gente e verso i suoi omologhi stranieri senza capire neppure dov'è e cosa sta facendo. Scende dall'Air Force One in Israele per una visita di Stato e chiede ai propri collaboratori “Cosa ci faccio qui?”. Cerca attorno a lui gente morta da mesi. Porge la mano ai fantasmi. Legge i discorsi senza neppure rendersi conto che la punteggiatura va rispettata, e non enunciata come nella lettera di Totò e Peppino: “Punto. Due punti”. Replica ai giornalisti con frasi fatte che neppure hanno un senso relativamente a ciò che gli chiedono, e poi si arrabbia pure mandandoli a quel paese. È arrivato persino a scoreggiare in pubblico di fronte alla compagna dell'attuale re d'Inghilterra. Se continua così, fra un po' se la farà addosso in pubblico. Nonostante la carta igienica stampata italiana occulti peggio che in Corea del Nord ogni accenno a questi episodi scandalosi, che chiunque abbia un computer ha visto e letto con sempre maggior frequenza negli ultimi tempi, essi hanno messo di fronte al mondo intero l'evidente inadeguatezza di Biden ad occupare il posto di presidente. Non perché sia un vecchio rimbambito, anzi: la manovrabilità è semmai un pregio agli occhi di chi lo deve usare come paravento. Il fatto è che, con comportamenti pubblicamente imbarazzanti, diviene automaticamente un candidato con possibilità zero di essere rieletto, viste le caratteristiche dell'elettorato americano. E questo anche in presenza di brogli. Ora, chiunque abbia una memoria anche mediocre potrà ricordare come le elezioni presidenziali del 2020 si siano svolte in presenza di falsificazioni, sabotaggi e manomissioni di sfacciata illegalità che per la prima volta nella storia sono state visibili in maniera massiccia persino dai privati cittadini USA. Questo come se gli autoproclamati difensori della libertà e democrazia del globo terracqueo fossero stati una qualunque repubblica delle banane. Ebbene, anche così, stavolta, un soggetto dai limiti sempre più pesanti come Biden rischierebbe di perdere contro una macchina da guerra come Trump. E qui azzardo la mia previsione.
Entrati del biennio che precede le elezioni, e che è tradizionalmente di pura campagna elettorale, si è deciso di mettere Biden da parte, per evitare che danneggi con la sua sola presenza il campo Dem e comprometta ogni speranza di vittoria. Se dall'altra parte il candidato fosse un repubblicano qualunque, non ci sarebbero problemi: come sappiamo, le multinazionali americane pagano la campagna elettorale ad entrambi i candidati e vincerebbe semplicemente un altro figurante da manovrare. Ma con Trump questo ragionamento non vale. Il miliardario, infatti, non solo ha abbastanza soldi per pagarsi una seconda campagna, nonostante i prostituti a mezzo stampa lo dessero per rovinato già durante il primo mandato, ma ha dimostrato abbondantemente di avere idee proprie di come condurre la politica interna ed estera statunitense, e non sarebbe, quindi, influenzabile. E questo gli oligarchi americani non se lo possono permettere. È quindi probabile che si stia organizzando un'uscita di scena di Biden, magari con la sua collaborazione e senza escludere che quei fogli galeotti gli siano stati infilati in casa apposta e di recente, montando uno scandalo ridotto che tocchi solo lui, senza compromettere troppo la vice e il partito, e senza fargli rischiare la galera. Verrebbe indotto ad un generoso passo indietro, dimettendosi, e lasciando alla Harris il compito di traghettare la presidenza sino alle elezioni. La Harris, fra l'altro, è una candidata perfetta: personalmente vuota e incapace di iniziativa, è attraente per le minoranze e il voto più beotamente progressista in quanto una mezzosangue, con ovvi richiami all'ideologia ufficiale “inclusiva”, e donna, quindi esaltabile all'infinito dai mezzi di disinformazione come una presidente storica per l'America. E pazienza se da sola non sarebbe capace di allacciarsi le scarpe, ci sarà di sicuro chi le dirà come fare una volta alla Casa Bianca.
Aspettiamoci quindi una recrudescenza dell'inchiesta sui “documenti top-secret” ritrovati in possesso del presidente, sino al suo culmine, che non dovrebbe arrivare all'estate, dato che poi bisognerà lasciare anche che l'eco dello “scandalo” svanisca in tempi utili prima delle elezioni del 2024. Se sarà così, avrò vinto la scommessa.
Certo, i motivi per cui avevo emesso questo giudizio erano altri: contavo più che altro sulla sua decadenza psico-fisica senile, evidente a chiunque tranne ai pennivendoli di regime che, invece, preferiscono occuparsi degli inesistenti malanni di Putin. Ero disposto a scommettere che l'attuale presidente americano non sarebbe arrivato vivo ad un secondo mandato. E probabilmente la cordata di multinazionali che lo hanno messo lì contava proprio su questo, avendogli affiancato, come vicepresidente destinato a succedergli, una scema come la Harris adatta ancor più ad essere manovrata senza mordere il freno. Ma evidentemente, non risolvendosi la questione in modo naturale, i veri padroni della politica americana hanno deciso di fare da soli, sostituendosi a Dio (e non è la prima volta). Ma andiamo con ordine.
Da qualche settimana sentiamo con sempre maggior insistenza della questione dei documenti secretati ritrovati, chissà come, nelle varie residenze e uffici di Biden. Si tratta di carte risalenti agli anni dell'amministrazione Obama, di cui Biden era vice, e quindi degli anni 2009-2017. Nel migliore dei casi sono vecchi di sei anni. Nel peggiore, di quattordici. Il poco che ne sappiamo non ci permette di dirne di più, ma ciò non ha alcuna importanza, ai fini dell'analisi che mi appresto a presentarvi.
Mentre i prostituti di regime si affannavano a fare paragoni con l'analogo caso occorso a Trump, evidenziando le differenze a tutto vantaggio di Biden, quello che fa accendere una lampadina è intanto la tempistica, in secondo luogo la particolare solerzia con cui le autorità stanno conducendo le indagini.
Stupisce non poco che documenti top-secret abbandonati a volte persino in uffici di cui Biden non si serviva più, alla stregua di post-it desueti, vengano ripescati proprio ora. Se non bastasse la stranezza dei primi ritrovamenti (carte così scottanti, contenenti segreti di Stato, avrebbero dovuto essere custodite con maggior attenzione, e non “dimenticate” come vecchiume destinato alla differenziata), si rimane ancora più sconcertati dal fatto che le più recenti perquisizioni ne abbiano tirato fuori altre. E come? Sei nel bel mezzo di una situazione estremamente imbarazzante che potrebbe evolvere nella peggiore crisi del tuo mandato, e magari costarti la poltrona, e non corri ai ripari facendo sparire ogni altra eventuale prova a tuo carico? E invece no, una perquisizione della stessa residenza di Biden fa saltar fuori altri sei documenti riservatissimi che non avrebbero dovuto star lì. Insomma, era casa sua, un locale totalmente sotto al suo controllo: cosa gli sarebbe costato mettere al sicuro quei sei documenti per evitare almeno che lo scandalo si allargasse? Con tutto che non sarebbe certo toccato ad un vecchio rimbambito andare alla ricerca di quegli incartamenti, vista la squadra di personale che segue ovunque il Presidente degli Stati Uniti (la cosiddetta persona più potente al mondo) per far sì che tutto sia sempre perfettamente in ordine prima e dopo il suo passaggio. La CIA e i migliori uomini delle istituzioni civili e militari, insomma, capaci di smascherare una minaccia nascosta in un innocuo calzascarpe ma che si fa sfuggire interi incartamenti segretissimi ma fuori posto da forse tredici anni. No, non quadra.
E allora la spiegazione dev'essere un'altra.
Succede che fra meno di due anni si rivota per le presidenziali. Succede che, nonostante la campagna militare scatenata contro Trump dall'intero apparato statale americano, questi sembri inarrestabile, e sarà probabilmente il prossimo sfidante. Succede che, visti i passati due anni, Biden stavolta non riuscirebbe a spuntarla contro Trump nemmeno se i suoi riuscissero a falsificare la metà delle schede elettorali, come già fatto la volta scorsa. Perché Biden sta diventando palesemente impresentabile. Di più, imbarazzante. Non connette, si aggira per i palazzi, fra la gente e verso i suoi omologhi stranieri senza capire neppure dov'è e cosa sta facendo. Scende dall'Air Force One in Israele per una visita di Stato e chiede ai propri collaboratori “Cosa ci faccio qui?”. Cerca attorno a lui gente morta da mesi. Porge la mano ai fantasmi. Legge i discorsi senza neppure rendersi conto che la punteggiatura va rispettata, e non enunciata come nella lettera di Totò e Peppino: “Punto. Due punti”. Replica ai giornalisti con frasi fatte che neppure hanno un senso relativamente a ciò che gli chiedono, e poi si arrabbia pure mandandoli a quel paese. È arrivato persino a scoreggiare in pubblico di fronte alla compagna dell'attuale re d'Inghilterra. Se continua così, fra un po' se la farà addosso in pubblico. Nonostante la carta igienica stampata italiana occulti peggio che in Corea del Nord ogni accenno a questi episodi scandalosi, che chiunque abbia un computer ha visto e letto con sempre maggior frequenza negli ultimi tempi, essi hanno messo di fronte al mondo intero l'evidente inadeguatezza di Biden ad occupare il posto di presidente. Non perché sia un vecchio rimbambito, anzi: la manovrabilità è semmai un pregio agli occhi di chi lo deve usare come paravento. Il fatto è che, con comportamenti pubblicamente imbarazzanti, diviene automaticamente un candidato con possibilità zero di essere rieletto, viste le caratteristiche dell'elettorato americano. E questo anche in presenza di brogli. Ora, chiunque abbia una memoria anche mediocre potrà ricordare come le elezioni presidenziali del 2020 si siano svolte in presenza di falsificazioni, sabotaggi e manomissioni di sfacciata illegalità che per la prima volta nella storia sono state visibili in maniera massiccia persino dai privati cittadini USA. Questo come se gli autoproclamati difensori della libertà e democrazia del globo terracqueo fossero stati una qualunque repubblica delle banane. Ebbene, anche così, stavolta, un soggetto dai limiti sempre più pesanti come Biden rischierebbe di perdere contro una macchina da guerra come Trump. E qui azzardo la mia previsione.
Entrati del biennio che precede le elezioni, e che è tradizionalmente di pura campagna elettorale, si è deciso di mettere Biden da parte, per evitare che danneggi con la sua sola presenza il campo Dem e comprometta ogni speranza di vittoria. Se dall'altra parte il candidato fosse un repubblicano qualunque, non ci sarebbero problemi: come sappiamo, le multinazionali americane pagano la campagna elettorale ad entrambi i candidati e vincerebbe semplicemente un altro figurante da manovrare. Ma con Trump questo ragionamento non vale. Il miliardario, infatti, non solo ha abbastanza soldi per pagarsi una seconda campagna, nonostante i prostituti a mezzo stampa lo dessero per rovinato già durante il primo mandato, ma ha dimostrato abbondantemente di avere idee proprie di come condurre la politica interna ed estera statunitense, e non sarebbe, quindi, influenzabile. E questo gli oligarchi americani non se lo possono permettere. È quindi probabile che si stia organizzando un'uscita di scena di Biden, magari con la sua collaborazione e senza escludere che quei fogli galeotti gli siano stati infilati in casa apposta e di recente, montando uno scandalo ridotto che tocchi solo lui, senza compromettere troppo la vice e il partito, e senza fargli rischiare la galera. Verrebbe indotto ad un generoso passo indietro, dimettendosi, e lasciando alla Harris il compito di traghettare la presidenza sino alle elezioni. La Harris, fra l'altro, è una candidata perfetta: personalmente vuota e incapace di iniziativa, è attraente per le minoranze e il voto più beotamente progressista in quanto una mezzosangue, con ovvi richiami all'ideologia ufficiale “inclusiva”, e donna, quindi esaltabile all'infinito dai mezzi di disinformazione come una presidente storica per l'America. E pazienza se da sola non sarebbe capace di allacciarsi le scarpe, ci sarà di sicuro chi le dirà come fare una volta alla Casa Bianca.
Aspettiamoci quindi una recrudescenza dell'inchiesta sui “documenti top-secret” ritrovati in possesso del presidente, sino al suo culmine, che non dovrebbe arrivare all'estate, dato che poi bisognerà lasciare anche che l'eco dello “scandalo” svanisca in tempi utili prima delle elezioni del 2024. Se sarà così, avrò vinto la scommessa.
Ché se poi a vincere sarà la Harris, avremo perso tutti.