Quello del titolo non è un derby, anzi. Né un riferimento all'abusata trattativa, quella che tanto ha fatto arrabbiare il cosiddetto presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. È proprio un'entità unica, il cui trattino è più un trait d'union, alla francese, che un elemento divisorio. Anche perché, ormai, gli stessi vertici delle due organizzazioni farebbero molta fatica a individuare dove finisce l'uno e inizia l'altra.

Non ho intenzione di tornare sul merito del cosiddetto “arresto” del boss Messina-Denaro. Gli aspetti dell'intera faccenda hanno raggiunto un livello di grottesco tanto inammissibile che persino molti osservatori comuni hanno reagito con repulsione e disgusto, figuriamoci autori e lettori di questa pagina. Quello che mi interessa di più è accennare almeno ad un aspetto, nell'evoluzione della criminalità organizzata, che l'evento mi ha fatto ricordare.

Anni fa, in occasione di un'operazione antimafia svoltasi a Milano, emerse che i boss incriminati erano entrati nelle logge massoniche locali, fra l'altro con largo uso di simbologia e onomastica risorgimentale. La mia prima, istintiva reazione fu: “Hanno vinto”. Perché è chiaro a chiunque che, una volta che ci si ammanica con una rete globale e capillare come la Massoneria, con secoli di provata esperienza nell'infiltrare ogni singolo potere statale, oltre che dei mezzi di informazione e del mondo dell'istruzione, onnipresente e subdolamente capace di raggiungere i propri scopi, si diviene ipso facto invincibili.

L'altra mattina, commentando le prime immagini dell'arresto di Messina-Denaro, l'esperto di turno, non ricordo più nemmeno se a RaiGnù24 o a SkyBalle, parlò apertamente dei legami fra le cosche mafiose e la Massoneria. Cosa che, su di una rete mainstream, ho trovato inaudita; probabilmente solo l'abissale ignoranza del conduttore deve aver impedito che fosse tolta la parola all'ospite. Perché la gravità dell'affermazione è tale da azzerare quel che rimaneva del teatrino delle marionette della “brillante operazione antimafia” e far pensare a ben altro di rilevante.

Ecco, dopo anni, siamo nella situazione in cui la Mafia non solo ha infiltrato lo Stato, ma si è fusa, o comunque si è intrecciata indissolubilmente, con quell'istituzione che dello Stato è ormai l'ombra. O la spina dorsale, se vogliamo. Perché cosa sia stata la Massoneria per l'Italia è immediatamente verificabile, e non serve neppure tirare in ballo il complottismo, dato che sta scritto su tutti i muri.

Il Risorgimento italiano fu un'operazione su cui la Massoneria italiana, filiazione diretta di quella francese, aveva la quota di maggioranza. Che la Francia di Napoleone III (in cui la Massoneria si espanse sino ad identificarsi letteralmente con lo Stato durante tutto il secolo) partecipasse alla cosiddetta terza guerra d'indipendenza da alleata del Piemonte, mentre l'Inghilterra, altro pilastro delle società segrete, protesse persino lo sbarco dei Mille in Sicilia, sono solo i dettagli più evidenti. Così come non rivelo nessun segreto aggiungendo che Cavour era massone, come un bel po' di teste coronate d'Europa. Le logge italiane mantennero sempre stretti legami con quelle anglo-francesi tanto da rovesciare persino decenni di politica estera, quando fu necessario: nel 1915 l'Italia non tradisce gli alleati di trent'anni passando nel campo dei nemici degli austro-tedeschi per caso. E se i rapporti del fascismo con la Massoneria non sono lineari, quelli della Repubblica sono di piena fratellanza. Come in Francia, ad essere massoni si raccolgono solo vantaggi. Et pour cause: della rete fanno parte tutti quelli che contano qualcosa, dal livello locale (l'avvocato, il giudice, il medico) sino alle massime cariche dello Stato. Se qualcuno ha letto (o visto nell'adattamento cinematografico) quel libro terribile che è “Un borghese piccolo piccolo” di Cerami, sa di cosa parlo: quando l'impiegato ministeriale vuole disperatamente far entrare al Ministero anche il proprio figlio, l'unica maniera che ha per fargli passare il concorso è quella di iscriversi alla Massoneria.

La mia opinione su quest'ultima è netta: è uno dei cancri maggiori che hanno roso e corroso le società occidentali negli ultimi secoli. Hanno una partecipazione diretta in alcune delle peggiori catastrofi politiche del continente, e se la Rivoluzione Francese fu la più evidente, ve ne sono altre, come l'attentato di Sarajevo, in cui il suo ruolo è visibile senza troppi sforzi. Una rete di cui fan parte tutti i privilegiati, in cui si entra solo per cooptazione e che funziona per preservare posizioni di privilegio individuali e familiari, funziona come l'aristocrazia dell'Ancién Régime, soffocando ogni impulso vitale nella società senza neppure avere la veneranda tradizione della nobiltà. Ammesso e non concesso che, durante la fase rivoluzionaria, avesse liberato energie represse e aperto opportunità di carriera individuali ai meritevoli di bassa nascita, consolidata la sua posizione è divenuta invece un semplice mezzo di perpetuazione di posizioni acquisite. E fosse solo quello.

Tornando all'Italia del secolo scorso, dagli anni '80 è emersa la sua collusione con movimenti eversivi (la P2), e tutto ciò continuando ad avere i suoi tentacoli estesi sin dentro ai vertici delle istituzioni che meditava di rovesciare. Con gli anni '90, che hanno visto, per l'appunto, la distruzione del sistema partitico usato sino ad allora dal dopoguerra, lo smantellamento del sistema industriale e produttivo nazionale e il passaggio dello Stato armi e bagagli sotto al protettorato dell'Unione Europea, e quindi del sistema finanziario internazionale, il programma pare essersi attuato con l'Italia ridotta a misera appendice in via di sviluppo di un'Europa che para i colpi della politica coloniale statunitense.

Cosa accade se ad una rete di questo tipo si unisce qualcosa come la Mafia? Che la criminalità organizzata aggiungerà il proprio denaro, i propri uomini e i propri mezzi di pressione a quella rete, al semplice fine di perpetuare e consolidare le proprie posizioni di forza. Subendo a sua volta una metamorfosi che chi legge bene le cronache recenti e recentissime non può non aver notato. Se la Mafia di Messina-Denaro si era buttata anima e corpo nel business delle energie alternative, ricevendo vagonate di soldi dall'Unione Europea come compenso per aver ripulito i propri investendo nelle energie verdi, si è detto tutto. Che si parli di energie pulite come un mezzo per riciclare denaro sporco della Mafia potrebbe sembrare un feroce gioco di parole, ma essendoci di mezzo l'Unione Europea, quella dell'Europarlamento foraggiato a sacchi di banconote dal Qatar e della Commissione che trafficava in vaccini con la Pfizer tramite i messaggini privati della von der Leyen, non poteva andare diversamente.

Ecco perché fa ancora più ridere sentire blaterare di “lotta alla mafia”, “vittoria dello Stato” e di “soddisfazione” dei cosiddetti vertici istituzionali. Non fosse bastato tutto il grottesco degli aspetti incredibili legati alla latitanza e all'arresto già abbondantemente fatti notare da chiunque, e di cui pare non si siano accorti solo i prostituti di regime a mezzo stampa, è evidente da quanto appena detto che non esista nessuna “guerra alla Mafia”, men che meno da parte dello Stato italiano, per il semplice fatto che non è individuabile alcun campo contrapposto a cui fare la guerra. Non solo: non mi meraviglierei se alcuni di quelli che son corsi a Palermo a farsi le foto ricordo per celebrare l'occasione, poi, nelle remote stanze, si incontrino e si facciano suggerire (non dico “ordinare”, a quei livelli non si è così brutali) cosa fare e disfare dal Gran Maestro della propria loggia. Che potrebbe essere proprio uno di quei superlatitanti tanto cercati per trent'anni e così misteriosamente introvabili, o comunque qualcuno di molto vicino a costoro.

La Mafia ha vinto da un pezzo. Perché si è fusa con la grande cupola mafiosa che governa l'economia e la politica occidentale tutta.

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Friedrich von Tannenberg
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