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Accadeva quarantacinque anni fa.
28 gennaio 1979. Deng Xiaoping si reca negli Stati Uniti d'America. È il primo viaggio ufficiale negli USA di un rappresentante del governo della Repubblica Popolare Cinese. Successivamente alla morte di Mao Zedong (1976) e al completamento della transizione dall'era maoista a quella post-maoista (1976-1978), la nuova dirigenza imperniata su Deng Xiaoping si impegnò innanzitutto a porre termine in modo definitivo all’isolamento e alla marginalità internazionale della Cina, portando avanti una strategia i cui primi passi erano stati compiuti nei primi anni Settanta con l’ingresso all’Onu (1971) e l’avvio del disgelo con gli Stati Uniti, suggellato dalla storica visita del duo Kissinger-Nixon (1972). Nel 1978 il comunicato congiunto sullo stabilimento di relazioni diplomatiche sino-americane, con effetto dal 1° gennaio 1979, indicava tra l’altro che «Gli Stati Uniti riconoscono il governo della Repubblica Popolare Cinese come il solo governo legale cinese e riconoscono la posizione cinese secondo cui non vi è che una sola Cina e che Taiwan è parte della Cina». Aprirsi all’Occidente era indispensabile ai fini del successo del programma di riforme e modernizzazione, all'insegna della parola d'ordine “Arricchirsi è glorioso”, pur nell’ottica di preservare la propria identità ideologica ed autonomia strategica. Il 1979 è l'anno della creazione delle zone economiche speciali nelle province del Guangdong e del Fujian, in cui era stata introdotta una economia di libero mercato. Per attrarre gli investimenti stranieri, furono previsti interventi sulle infrastrutture e una serie di agevolazioni di carattere fiscale e doganale. Nel gennaio 1980 Deng delineò quello che è stato considerato come il programma di fondo per il primo decennio dell’era post-maoista: un programma in cui primi elementi erano stati tracciati a fine 1978, nel corso dello storico terzo plenum del Comitato centrale che aveva posto le basi del progetto di riforma ed apertura al mondo esterno. Il viaggio negli Stati Uniti di Deng pose le basi per un decennio assai fruttuoso, accompagnato dal permanere di una rivalità ed ostilità di fondo nei confronti del «social-imperialismo sovietico», visto come il nemico principale tanto più dopo l’invasione dell’Afghanistan. Con la fine degli anni Ottanta e gli inizi del decennio successivo, l'infruttuosa “Primavera di Pechino” e il crollo del Muro di Berlino (1989), seguito dalla dissoluzione dell’Urss, portarono ad un sostanziale congelamento della distensione con l'Occidente, che fu successivamente ripresa e rilanciata a partire dal 1992. Rispetto al periodo maoista, l’epoca di Deng ha visto significativi mutamenti per quanto riguarda i processi decisionali nel campo della politica estera, pur nel relativo permanere di certi elementi ereditati dal passato (centralizzazione e personalizzazione dei processi decisionali, elitismo). Nel 1979, insieme con la normalizzazione delle relazioni con l'Occidente e l'avvio delle riforme di mercato, Deng allungò un simbolico ramoscello d'ulivo al Dalai Lama invitandolo a mandare suo fratello in visita in Tibet per constatare che le condizioni di vita dei suoi concittadini erano migliorate. Tornando al viaggio americano, la stampa, statunitense e non, si soffermò in particolare sul largo cappello pacchiano indossato e sul barbecue consumato dal leader cinese in Texas, nonché sulla visita allo Houston Space Center dove guidò personalmente un simulatore di una navetta spaziale. Dietro le quinte, tuttavia, Deng e Carter discussero delle straordinarie potenzialità che l’industria e la tecnologia americane potevano offrire alla Cina (un esempio venne in quei giorni dalla visita di Deng agli impianti produttivi della Boeing e della Coca-Cola) e il leader cinese informò quello statunitense del progetto di una “lezione punitiva” al Vietnam: «Quando i bambini piccoli fanno i cattivi, dovrebbero essere sculacciati.» Poche settimane dopo, verso la metà di febbraio, truppe cinesi attaccarono il Vietnam, dando origine a una breve ma sanguinosa guerra. Le origini del conflitto, che rappresentò il primo significativo test per la rinnovata collaborazione sino-americana, sono lontane, ma la goccia che fece traboccare il vaso fu l’invasione vietnamita della Cambogia che ebbe inizio negli ultimi giorni di dicembre 1978 e che portò alla caduta del regime khmer, satellite di Pechino. La crisi sino-vietnamita rafforzò l'asse Mosca-Hanoi e, punctum dolens, evidenziò l’inadeguata preparazione delle truppe cinesi a un conflitto moderno. Le riforme economiche miravano indubbiamente a riorganizzazione e ammodernare l’Esercito popolare di liberazione.
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