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Non c'è niente da celebrare.
Il giorno della Memoria è una ricorrenza totalitaria e razzista. È totalitaria perché perseguita il dissenso, non ammette i distinguo e silenzia le domande scomode. Gli storici, povere animucce, possono revisionare qualunque episodio storico tranne la Shoah; filosofi e pensatori sono liberi di relativizzare ogni aspetto, sacro o profano, dell’esistenza, fuorché la Shoah; i teologi possono mettere in discussione qualsiasi dogma, eccetto il dogma della Shoah. È razzista perché parte dal presupposto che le vite degli ebrei valgono più delle altre per ribadire il carattere unico ed eccezionale della soluzione finale nazista. Ai padrini del 27 gennaio preme particolarmente salvaguardare l'eccezionalità arbitraria di questo evento, che non ha e non deve avere eguali, per assicurare impunità perpetua all'entità rabbinica (malgrado l'ipocrisia di slogan tipo “Mai più”) e, mi si perdoni il gioco di parole, portare avanti lo Stato d'eccezione. Difatti la religione olocaustica assume le caratteristiche di una vacanza dallo Stato di diritto che limita o compromette la libertà d'espressione, di giudizio e di ricerca storica. Il no ai cortei pro-Palestina dimostra che questa lunga vacanza si sta progressivamente tramutando in soggiorno coatto.
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