Accadeva settecento anni fa.
8 gennaio 1324. A Venezia, dove era nato sessantanove anni prima, muore dopo una breve malattia Marco Polo. Figlio e nipote di mercanti, insieme al padre Niccolò e allo zio Matteo, raggiunse il Regno di Mezzo attorno al 1275 e vi rimase per sedici anni. I ricordi delle cose viste e udite durante la sua lunga esperienza in Oriente furono raccolti in quello che è, senza dubbio, il più importante resoconto odeporico di tutti i tempi, il Devisement dou monde, altrimenti noto come Milione. Le informazioni che, a partire dal quarto decennio del secolo XIII, cominciarono a diffondersi in Europa modificarono profondamente l’immagine di un Oriente remoto e favoloso, ricettacolo di mirabilia et monstra, che il Medioevo aveva ereditato dalla classicità, e che Marco Polo contribuì a diffondere e rafforzare. Tali leggende continuarono a circolare per diversi secoli, anche quando, con l’età delle scoperte geografiche, ebbe inizio una nuova era nella storia delle relazioni politiche ed economiche. Il diciassettenne Marco Polo nel 1271 lasciò la città sull’acqua e i marmi di San Marco (vi sarebbe tornato solo 24 anni più tardi) per il suo grande viaggio alla corte del Gran Kan. Venezia all'epoca era uno dei cuori pulsanti dell'economia, una delle tre o quattro più grandi metropoli del mondo cristiano, dove anche i nobili erano totalmente assorbiti dal commercio anziché dalla terra, stretta tra la Francia e Bisanzio. Il Milione, compilato nelle carceri genovesi dal compagno di cella Rustichello da Pisa nel 1298, è reso unico dal piglio del suo autore, preciso come un registro mercantile, capace di tener conto anche dei dettagli più minuti: di come venga montata una tenda nella steppa, di quanto costino le perle, del galateo dei banchetti mongoli. Ciò che lo spinse ad avviarsi verso terre lontanissime era la sete di gloria e conoscenza e, perché no, la fame di profitto. L’entusiasmo per le infinite novità e le continue scoperte cancellò in lui ogni nostalgia di casa. Scoprire, capire, raccontare, questa era la sua missione. Strada facendo, Marco imparò il mongolo, incontrò una folla di uomini e donne di cui non si sapeva nulla, né a Venezia né in tutta Europa, molto diversi per consuetudini alimentari, sociali, famigliari e sessuali, spesso in stridente contrasto con quelle dell’Occidente cristiano. Li raccontò com’erano, senza volerli per forza trasformare in qualcosa d’altro, più facile da capire e da accettare. Il predominio Europeo nacque in estremo oriente? I cinesi dell'epoca di Marco Polo si servivano della polvere da sparo, della bussola e della stampa xilografica. Karl Marx sottolineò come l’avvento della borghesia fosse stato annunciato proprio dalla polvere da sparo (che aveva sottratto ogni prestigio e ragion d'essere materiale e ideologico alla nobiltà cavalleresca), dalla bussola (che aveva dischiuso le rotte del mercato mondiale e portato alla creazione di colonie) e dalla stampa (il megafono del protestantesimo). Qualunque possa esser stato l’esito per la storia economica moderna di tali invenzioni, è un fatto che l’epoca degli Yuan (1271-1368) contribuì a diffonderne gli effetti con un’ampiezza tale da accelerare enormemente la trasmissione delle conoscenze scientifiche e culturali. La Cina di Kublai Khan era un impero governato percorso da una fitta rete di strade per agevolare le comunicazioni transcontinentali. Una delle cose che sconcertarono di più Marco Polo, anche perché sapeva poco della carta o della stampa a blocchi, fu l'utilizzo della carta moneta, chiamata i «soldi volanti» per la sua leggerezza. Già nel secolo XI esistevano sette imprese dedicate al conio di carta moneta, che aveva un dispositivo di sicurezza incorporato: era valida solo per tre anni. Le banconote erano ricavate dalla fibra bianca che si trova tra il legno e la corteccia dell’albero di gelso, poi ridotta in poltiglia e trasformata in carta e tagliata i fogli in varie dimensioni. La cosa più stupefacente di tutte, agli occhi di un osservatore occidentale, era la capacità governativa di convincere tutti a trattare quei pezzi di carta come se fossero oro puro o argento. «E il Kaan fa sì che ogni anno venga prodotta una quantità tale di questo denaro, che non gli costa nulla, da equivalere a tutte le ricchezze del mondo.» Polo lasciò un patrimonio che tra cinture d’argento, paizi (sorta di carte di credito per alti funzionari mongoli, tavolette che permettevano l'accesso a beni e servizi all'interno dell'impero) e circa duecento altri oggetti elencati nell’inventario, fu stimato a 3000 sterline in termini del 1924 dai sinologi Moule e Pelliot, qualcosa come 300.000 sterline oggi: una buona somma, ma non abbastanza per definirlo ricco. In Tibet notò che la pressione sociale rendeva disinibite le donne: le anziane incitavano le giovani a intrattenersi con gli stranieri, perché l’esperienza sessuale era molto apprezzata dai mariti. Lo straniero regalava alla ragazza che giaceva con lui un anello o un altro ninnolo, qualcosa che si possa mostrare come pegno d’amore, e ogni ragazza doveva ottenere almeno venti di questi pegni prima di potersi sposare. E quelle che ne avevano di più, e dunque potevano dimostrare di essere state maggiormente desiderate, erano le più richieste. Quasi lo stesso accadeva nel Sichuan, dove gli uomini offrono le loro mogli, figlie o sorelle. Lo straniero risiedeva in casa sua, che sia per tre giorni o quattro, sollazzandosi con la moglie o la figlia o la sorella del suo ospite, o qualunque altra donna della famiglia sia di suo gradimento; e finché restava in casa lasciava il cappello o qualche altro segno appeso alla porta, per far sapere al padrone di casa che era ancora lì.
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