Accadeva ottantadue anni fa.
28 dicembre 1941. Campagna di Russia: dopo 3 giorni di combattimenti, le truppe italiane respingono un'offensiva sovietica durante la battaglia di Natale. Il 29 novembre 1941 le truppe sovietiche avevano rioccupato Rostov sul Don, dando prova di una sorprendente capacità di ripresa e anticipando la controffensiva, che si sarebbe scatenata a dicembre e che avrebbe messo a dura prova le truppe occupanti sul fronte meridionale. Le forze impegnate erano pressoché equivalenti: 200 divisioni per parte, ma quelle tedesche erano «impreparate dal punto di vista materiale e morale ad affrontare i rigori della stagione». Alla fine di novembre il Csir (Corpo spedizione italiano in Russia), inquadrato fra la 17a armata tedesca a nord e il XLIX corpo alpino tedesco a sud, copriva un fronte di circa 50 km, sproporzionato per le esigue forze disponibili. Il settore più delicato era quello occupato dalla 3a divisione celere perché costituiva la zona di congiunzione tra il Csir e il XLIX corpo tedesco, ma anche perché uno sfondamento da quella parte avrebbe consentito ai sovietici di arrivare a Stalino, minacciando alle spalle la 1a armata corazzata tedesca. Dai primi giorni di dicembre le truppe del Csir furono impegnate in vari combattimenti allo scopo di fermare gli attacchi sovietici e di raggiungere alcuni obiettivi: la «Pasubio», a nord dello schieramento, doveva eliminare le resistenze da Gorlovka, dove era stanziata, verso Nikitovka e Kalinin per assicurarsi una posizione migliore per l’inverno; la «Torino», al centro, doveva arrivare a Chacapetovka percorrendo la ferrovia Nikitovka-Debalzevo; mentre gli obiettivi della 3a divisione celere erano Ivanovka e Petropavlovka. L’attacco italiano e tedesco iniziò il 5 dicembre e trovò una forte resistenza che si protrasse fino al 14, quando i sovietici dovettero ritirarsi. La vittoria delle forze dell’Asse in quest’area consentì all’11a armata tedesca di congiungersi con la 17a, su una linea tatticamente forte, la «linea Z», che avrebbe permesso alle truppe di occupare le postazioni utili a costruire i ricoveri per l’inverno. Il 18 dicembre 1941, iniziava il «ciclo difensivo invernale», contrassegnato da combattimenti continui, dai disagi del freddo, dalla pediculosi, dai congelamenti, dalla carenza di vitamine e dagli estenuanti servizi di pattuglia. Il Servizio informazioni militare comunicò che era imminente un attacco sovietico nel punto di congiunzione tra il Csir (fronte della 3a divisione celere) e il XLIX corpo d’armata tedesco. Le informazioni erano confermate anche da prigionieri sovietici catturati. Con un ordine del 24 dicembre Messe quindi ordinava di resistere a oltranza, mentre la «Pasubio» e la «Torino» formavano un gruppo di contrattacco. Approfittando delle festività natalizie e, come ha scritto Messe, «speculando su un presunto rilassamento del nostro servizio di vigilanza», all’alba del 25 dicembre le fanterie e le unità corazzate sovietiche attaccarono il settore presidiato dalla divisione celere e dalla «Torino» impegnandole in scontri durissimi; contemporaneamente sfondarono la linea presidiata dalla 63a legione «Tagliamento» che cedette solo dopo una lunga ed eroica resistenza nella quale tutti gli ufficiali persero la vita o furono feriti. La lotta si fece furibonda: i sovietici si imposero fra i presidi, circondandoli, per annientarli poi in combattimenti che si conclusero all’arma bianca. Nel pomeriggio un numero altissimo di soldati russi attaccò i capisaldi di Petropavlovka e Rassipnaja, a sud, nel settore della 3a divisione celere: il primo fu conquistato, il secondo invece fu difeso, a prezzo di un altissimo numero di vittime, dal XXV battaglione bersaglieri. Il XVIII battaglione bersaglieri invece veniva attaccato duramente a Ivanovka da due reggimenti sovietici e da alcuni squadroni di cavalleria. Sull’episodio, la testimonianza del tenente Fermo Reggiani:
I morti si accumulano presto nelle postazioni delle squadre più esposte. Tutto è sconvolto e va in pezzi sotto il tiro dei mortai nemici. Presto ogni collegamento finisce.
Il sottotenente Angelo Vidoletti morì a Ivanovka: rifiutò di staccarsi dai suoi uomini e di curarsi le ferite. La battaglia, che durò dieci ore, fu condotta insieme alla 5a batteria a cavallo, che, terminate le munizioni, passò all’arma bianca al fianco dei bersaglieri. A prezzo di sacrifici altissimi, l’attacco dei sovietici era stato contenuto a sufficienza. Già dal 26 la 3a divisione celere passava al contrattacco insieme ad alcune unità tedesche. Lo stesso faceva la «Pasubio» che, puntando verso sud, recuperò le postazioni perse il giorno prima. Il 27 dicembre le ultime unità sovietiche venivano eliminate e il Csir poteva nuovamente consolidarsi sulle posizioni di partenza. Lo stesso giorno il comando tedesco ordinava di contrattaccare su tutta la linea; l’azione incontrò una forte resistenza dell’Armata Rossa, ma sostanzialmente la linea fu tenuta. Pur non avendo prodotto risultati importanti o consentito di conquistare nuovi territori, la battaglia di Natale fu un successo per le truppe italiane che, numericamente inferiori, riuscirono a contrastare l’attacco. Il bilancio per i sovietici fu pesante: circa 2.500 caduti, 1.300 prigionieri, 24 pezzi da 76, nove pezzi anticarro, 22 mitragliatrici, migliaia di armi individuali, automezzi, grande quantità di materiale. Le perdite italiane, tra morti, feriti, congelati e dispersi ammontarono a 1.347 uomini. Il generale Messe ricevette elogi dal collega von Kleist. Da Roma gli apprezzamenti di Mussolini a Messe: «La Nazione è fiera di voi; fatelo sapere a tutti». Tuttavia, come Messe rappresentava al generale von Kleist in una lettera del 31 dicembre, la 3a celere era uscita dalla battaglia molto provata: «pur conservando un morale alto, sono veramente ai limiti della resistenza fisica». In una relazione al Comando supremo, riferiva di «condizioni di efficienza seriamente menomate per le gravi perdite subite e per la stanchezza fisica degli uomini». Messe prospettava la necessità di avvicendare la divisione con truppe fresche, ma i suoi appelli rimasero inascoltati a causa delle condizioni critiche delle vie di comunicazione: i treni avanzavano con lentezza e arrivavano in ritardo, bloccando la logistica. Secondo lo storico Thomas Schlemmer la battaglia di Natale «fu al tempo stesso un successo e un cattivo presagio: un successo perché si era riusciti a respingere il nemico, un cattivo presagio perché le unità italiane avevano rivelato la loro vulnerabilità se lasciate a sé stesse». Precisiamo che le unità italiane non dovevano essere lasciate a sé stesse, perché erano inquadrate all’interno delle forze germaniche, da cui dipendevano, come stabilito dalle regole di ingaggio. In secondo luogo, la battaglia di Natale, seppur vittoriosa, testimoniava il fallimento del Blitzkrieg, confermato di lì a poco dalla battaglia per Mosca. I tentativi sovietici di scardinare il fronte del Csir per aprirsi la strada verso Stalino nella seconda metà di gennaio furono sempre rintuzzati dalle truppe italiane. Tra le più importanti, il 21 gennaio, una grande offensiva sovietica contro le linee della 17a armata tedesca presso Izjum con lo scopo di raggiungere Dnepropetrovsk. I tedeschi riuscirono a fermare l’attacco ma non a evitare che Izjum fosse presa dall’Armata Rossa. Nei combattimenti la 17a armata si avvalse anche di un migliaio di uomini del Csir. Per quanto riguarda il settore italiano, il caposaldo del Csir di Novoorlovka il 27 febbraio rispose con successo a un attacco sovietico; per il resto, fino all’estate del ’42, le operazioni italiane si limitarono a rispondere ad attacchi sovietici o alla partecipazione di alcuni reparti a operazioni tedesche. L’attività operativa del Csir si concludeva alla mezzanotte del 9 luglio 1942: le sue unità entravano a far parte dell’8a armata italiana, agli ordini del generale Italo Gariboldi, nella quale lo stesso Csir assumeva la denominazione di XXXV corpo d’armata. Al 30 luglio 1942 le perdite del Csir ammontavano a 1.792 uomini, tra morti e dispersi, 7.878 tra feriti e congelati: circa un quarto delle truppe impiegate sul fronte.
Originally posted in: