Accadeva settantadue anni fa
24 dicembre 1951. La Libia acquista l'indipendenza. Quel giorno a Bengasi, l'emiro Idris Senussi, che aveva guidato il periodo di transizione (1947-1951) coadiuvato dai consulenti britannici, lesse la dichiarazione d’indipendenza. Secondo il piano Bevin-Sforza (1949), la Tripolitania sarebbe rimasta italiana, la Cirenaica sarebbe passata sotto il controllo inglese e il Fezzan sarebbe andato alla Francia. Il piano, che dopo le cocenti delusioni del Trattato di Parigi (10 febbraio 1947) poteva suonare come una vittoria italiana, fu bocciato all’assemblea dell’Onu: ago della bilancia il voto negativo di Haiti (sic!). Soltanto allora il governo De Gasperi si convertì alla necessità dell’indipendenza delle ex colonie. La risoluzione dell’Onu del 21 novembre 1950 approvò la dichiarazione d’indipendenza della Libia entro il 1952, affidando il processo di transizione al commissario straordinario, l’olandese Adrian Pelt, e trasferì formalmente i poteri dell’amministrazione coloniale italiana alla Gran Bretagna, potenza mandataria che, già dal 1943, occupava materialmente il territorio costiero. La forma di governo prevista era quella di una monarchia federale ereditaria. La Libia fece l'apripista alla decolonizzazione: fu il primo paese africano a liberarsi dal dominio europeo dopo la Seconda guerra mondiale. Il Consiglio che doveva redigere la Costituzione, dopo lunghe consultazioni diplomatiche, risultava composto da quattro rappresentanti (Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia e Italia in qualità di ex potenza colonizzatrice del paese), un delegato italiano a rappresentare i coloni in Libia, tre libici (uno per ciascuna regione: Tripolitania, Cirenaica e Fezzan) e due esponenti dei paesi arabo-musulmani (Egitto e Pakistan). Sebbene l’obiettivo del Consiglio fosse quello di redigere la Costituzione del Regno Unitario di Libia, i delegati libici erano una minoranza esigua, tre su dieci. Per superare questo aspetto si decise di costituire un Comitato nazionale – per la formazione del quale si è battuto fortemente il segretario della Lega Araba, Abdul Rahman Azam – di ventuno membri, sette per ogni regione pariteticamente, senza rapporto con la popolazione. Non era certo una scelta egualitaria (le tre regioni non erano demograficamente paragonabili numericamente: in Tripolitania viveva più della metà della popolazione libica), ma nascondeva un trucco per mettere in minoranza i partiti politici e favorire la struttura tribale. Il Comitato dei ventuno doveva, infatti, individuare i parametri e le norme per l’elezione o la nomina dell’Assemblea nazionale libica costituente. Consigliato dagli inglesi, appena tornato a Bengasi nel 1947, l’emiro Idris sciolse i partiti in Cirenaica e costrinse tutti i movimenti a creare una coalizione unica, formata oltre che dai partiti politici anche dai rappresentanti delle tribù e dai dignitari delle realtà sociali. Unica formazione politica che non si sottopose immediatamente al diktat dell’emiro Idriss fu la società Omar Mukhtar, che prendeva il nome dal condottiero della resistenza antitaliana degli anni Venti, adeguatasi solo in seguito. Il sistema federale, però, sancì la divisione amministrativa tra Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, creando difficoltà alla gestione politica del paese e provocando seri problemi di divisione dei poteri tra il re e il primo ministro. C’è voluta la scoperta del petrolio del 1959 per convincere la monarchia a introdurre un sistema unitario che superasse le divisioni artificiali tra le tre regioni, così nell’aprile del 1963 il nome della Libia fu modificato in Regno di Libia, diviso amministrativamente in dieci province. In Tripolitania, invece, la presenza dei partiti radicati nella società evitò la cooptazione dall’alto e impose le elezioni dei deputati costituzionali, ma con la formula magica della rappresentanza paritetica fra le tre regioni i repubblicani tripolini si ritrovarono in minoranza precostituita. Nell’ottobre 1951, sotto l’egida dell’Onu e dopo intensi dibattiti, l’Assemblea nazionale libica approvò la Costituzione monarchica. Durante la monarchia, nelle elezioni democratiche la partecipazione dei partiti era stata limitata nel tempo. Nel febbraio 1952, appena due mesi dopo l’indipendenza, si svolsero le prime elezioni libere. I risultati finali, favorevoli alla coalizione governativa, furono contestati dal Partito del congresso nazionale tripolitano, diretto dal combattivo Bashir Saadawi, con contestazioni seguite da manifestazioni e scontri. Il governo guidato da Muntassir prese a pretesto questi disordini e ordinò l’espulsione di Saadawi, con la risibile motivazione della sua doppia nazionalità (durante il periodo dell’esilio ottenne un passaporto saudita). In effetti, il basso tasso di alfabetizzazione favorì i giochi di potere: nel 1952, solo il 10% dei libici era in grado di leggere e scrivere ed è probabile che la maggior parte dei votanti finisse per seguire l’orientamento dei propri capi. Nel 1954, il governo Muntassir dichiarò fuorilegge tutti i partiti e da allora le elezioni furono condotte sulla base delle candidature individuali, con sistema maggioritario, rafforzando così i legami di parentela nella scelta dei deputati.
Originally posted in: