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Caligorante

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Accadeva ottocento anni fa. 29 novembre 1223. Con la bolla Solet annuere, Papa Onorio III approva la seconda e definitiva Regola (Regula et vita Minorum Fratrum) di Francesco d'Assisi, che era stata presentata e discussa nel Capitolo della Porziuncola dell’11 giugno. Francesco non aveva mai teorizzato norme, dato che quella fraternitas non prevedeva di divenire Ordine. Una regola però li avrebbe messi al riparo da accuse e attacchi, perché il modo di vivere egualitario, privo di distinzioni tra i sessi e mancante di una vera gerarchia poteva essere avvertito come una minaccia allo status quo. Tommaso da Celano la intende come una «forma di vita», messa insieme su qualche passo evangelico accompagnato da «poche altre direttive per una santa vita in comune», e così l'aveva presentata nel 1209 a Innocenzo III. Francesco l’aveva pensata come un promemoria spirituale, e la compose in ritardo (di solito le regole vengono date nei primi tempi di vita degli Ordini), cedendo alle richieste dei confratelli e anche alle pressioni del legato pontificio Ugo d’Ostia. Per redigerla, si affiancò il frate che meglio fra tutti conosceva le Sacre Scritture, Cesario da Spira; egli ebbe l’incarico di rintracciare i passi biblici ed evangelici più adatti alla bisogna. La Regula prima, definita anche come non bullata in quanto papa Onorio III non l’approvò mai con sigillo pontificio, fu presentata al capitolo di Pentecoste del 1221, il «capitolo delle stuoie». Si trattava di un prologo e di ventiquattro brevi capitoli. Il primo capitolo prescriveva che la condotta dei frati dovesse essere improntata all’obbedienza, alla castità e alla rinunzia a qualunque possesso, l'obbligo del lavoro quale testimonianza di vita apostolica contro l’ozio «nemico dell’anima». Non piacque del tutto a nessuno. Chi la giudicò poco dettagliata per le necessità di un Ordine, chi troppo ricca di elementi evangelici e biblici ma scarsamente normativa; chi ne colse l’intimo rigore, specie per quel che atteneva alla povertà, chi al contrario la ritenne fatta apposta per favorire scappatoie d’ogni sorta. Si parlava quindi della veste, dell’ufficio divino, del digiuno, dei rapporti con gli altri frati, dell’obbligo di lavorare e del divieto di ricevere denaro, dell’elemosina e del modo di comportarsi con i confratelli ammalati, con le donne, con i laici, con gli infedeli. Alcuni caratteri della Regola del ’21 risentivano troppo il rigore determinato dal momento. Il rifiuto del denaro era duro da far digerire alle città marinare, da sempre abituate a scambiare merci e monete; per tacere poi della tesoreria pontificia. Rispetto al testo della Regola non bullata del ‘21 i compromessi sono evidenti, e non tutti né sempre convincenti. Si ha l’impressione che il testo sia il risultato di stratificazioni, ripensamenti, patteggiamenti successivi. Risulta attenuato, per esempio, il divieto di chiedere denaro: pur mantenendone la proibizione, che nella Regola del ’21 trovava un unico limite nella necessità di provvedere ai lebbrosi, s’introducevano nuove deroghe come il bisogno di accudire gli infermi, di vestire i frati. La Regola bullata sorvolava difatti su un altro aspetto caratteristico del francescanesimo, la volontà di non sollevare mai contese con nessuno e di non chiedere mai privilegi alla Curia romana. Il pauper, allora, non era affatto opposto al dives, al ricco, ma semmai al potens, a chi disponeva di potenza terrena. Essere poveri significava anzitutto essere deboli, non potersi autonomamente difendere e far valere, non venire considerati socialmente e giuridicamente come soggetti degni di attenzione. Anche la vedova, l’orfano, il pellegrino erano pauperes, indipendentemente dalla loro condizione economica. In questo la povertà volontaria francescana era il rifiuto di difendersi, era la totale dipendenza da chiunque vissuta con gioia. In questo senso si consumava l’estremo e più grave equivoco presente nella Regola bullata: la presentazione della mendicità come uno strumento di umiltà, col totale silenzio sulla scelta di una vita condotta fra i reietti e i poveri: il che enfatizzava il gesto forse più significativo di tutti, il mangiare qualunque cosa venisse posta dinanzi. Francesco un giorno «prese per mano» - è il tipico gesto di cortesia dei romanzi cavallereschi - il confratello Ugolino e lo portò davanti all'assemblea dove espresse un concitato diniego: «Fratelli miei, Dio mi ha chiamato a percorrere la via della semplicità e me l'ha mostrata. Non voglio quindi che nominiate altre regole, né quella di sant'Agostino, né quella di san Bernardo o di san Benedetto. Il Signore mi ha rivelato essere suo volere che io fossi l'ultimo pazzo della terra: questa è la scienza alla quale Dio vuole ci dedichiamo! Egli vi confonderà per mezzo della vostra stessa sapienza e scienza!» Le versioni della Regola si succedevano, urtando sempre contro il muro della disapprovazione: di queste, una fu persa volontariamente da frate Elia, come ammette lo stesso Bonaventura nella Leggenda maggiore. Il clima era teso; il santo si ritirò su un monte per redigere un'altra Regola; alcuni frati dissero al vicario generale di temere la severità della nuova formulazione: «Se la scriva per sé, e non per noi!» Elia non ha coraggio di affrontare il fondatore e così tutto il gruppo dei ribelli si muove compatto. Francesco si rivolge a Cristo, di cui subito risuona la voce nel cielo: «Francesco, nulla di tuo è nella Regola, ma ogni prescrizione che vi è contenuta è mia. E voglio sia osservata alla lettera, senza commenti! Quelli dunque che non vogliono osservare la Regola, escano dall'Ordine!». La Regola finale, del 1223, è un riassunto della precedente con pesanti soppressioni e censure, subiti approvata da Onorio III. La maggior parte delle citazioni evangeliche è stata soppressa, il linguaggio è seccamente giuridico e non effusivo e poetico. Non si parla più di dover curare i lebbrosi, di rispettare una rigorosa povertà, di potersi ribellare ai superiori indegni; è abolita la proibizione di tenere con sé libri e l'obbligo di lavorare manualmente. La volontà di andare a predicare fra i saraceni e gli infedeli, data per scontata nella non bullata, ora è vista come una scelta di pochi eletti, chiamati direttamente da Dio. Un'altra inversione si nota per quanto riguarda la decisione di farsi frate: nella non bullata era Dio che ispirava gli uomini a diventare compagni di Francesco; nella bullata è una possibilità aperta a tutti. Originally posted in:
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Gruppi di Patrioti

  • Si vede che ha letto il Talmud.
  • JOVANOTTI: Dai Wolf, facciamoci questo feffo e famba... No, l'orecchio noooo!! Il mio orecchio non è assoluto.
  • Prova di post sul gruppo da app nativa
  • L'attentatore di Magdeburgo è un singolare ateista filogiudeo (sic!) e filosionista. Ormai non si nascondono più. Israele e Ucraina sono due...
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