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Accadeva cinquecentotrentuno anni fa.
20 novembre 1492. Ercole I d'Este accoglie nella Signoria di Ferrara gli ebrei cacciati dalla Spagna. Il duca Ercole I era stato rapido ad intuire quale stimolo economico avrebbero potuto dare al suo dominio i versatili e industriosi profughi spagnoli. Avuta notizia che ventun famiglie sbarcate a Genova vi si trovavano senza occupazione, fece loro pervenire un lasciapassare e la promessa di ospitalità, redatta nel febbraio del 1493. Il signore di Ferrara assicurava che i nuovi immigrati erano completamente parificati ai vecchi residenti ebrei; in particolare potevano fruire di stimoli fiscali, provvedersi di propri capi e di propri giudici, esercitare la medicina anche fra i cristiani; era loro vietato soltanto di aprire nuovi banchi dei pegni, ma questa limitazione verrà rimossa più tardi. Come altrove, aveva così inizio anche a Ferrara quel raggruppamento ebraico distinto che verrà detto degli spagnoli portoghesi o «sefarditi». Alfonso I, nel 1505, confermò le stesse direttive, ed il figlio Ercole II, proseguendole nel 1534 e nel 1538, diramò alcune missive in cui esprimeva il suo compiacimento per l’utilità che gli ebrei avevano procurato. Ercole II farà pervenire un salvacondotto a favore degli ebrei della Boemia e di altri paesi dell’Europa centrale, tanto che nel 1532 i nuovi venuti erano stati in grado di fondare a Ferrara una sinagoga secondo il rito tedesco (o aschenazita). Nel 1540 un altro invito fu rivolto agli ebrei del ducato di Milano che, sotto gli spagnoli, cominciavano ad essere in angustia; un anno dopo a quelli scacciati dal regno di Napoli; nel 1553 un altro ancora ai marrani, giudei convertiti al cristianesimo, con la garanzia che avrebbero trovato presso gli Estensi completa salvaguardia nel caso di un loro aperto ritorno all’ebraismo. Fra italiani e forestieri, i giudei ferraresi giunsero così ad oltrepassare le duemila unità. La più rappresentativa fra le nuove famiglie era quella degli Abravanel, il cui capo era quel don Samuel consigliere finanziario del viceré di Napoli ed ultimo capo degli ebrei del Napoletano, e che era stato costretto ad esulare nel 1541. Più tardi furono emessi inviti ai marrani che fuggivano dai domini papalini di Ancona e Bologna. Quando nel maggio del 1558, Paolo IV, attraverso l’inquisitore generale cardinale Ghislieri – poi Pio V –, chiese al duca di liberare anche lui le sue terre dalla presenza dei giudei, la risposta di Ercole II fu del tutto evasiva. Nel 1559 Alfonso II confermò per scritto gli stessi orientamenti. È chiaro che i duchi d’Este, tralasciando le dubbie considerazioni di carattere umanitario, mirarono costantemente allo sviluppo economico del loro paese, come pure è esatto che essi non stornarono sempre le persecuzioni dirette contro gli ebrei: nel 1553, per esempio, gli estensi si piegarono alla distruzione del Talmud. Queste ombre passeggere non oscurarono la residenza serena ed opulenta degli ebrei a Ferrara nel Cinquecento.
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