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Caligorante

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Accadeva centonovantadue anni fa. 11 novembre 1831. Nello stato della Virginia viene impiccato Nat Turner, reo di aver capeggiato una ribellione di schiavi negri nella contea di Southampton. Nat Turner era nato schiavo nel 1800; sapeva leggere e scrivere ed era un profondo conoscitore della Bibbia. Divenuto predicatore, da tempo dichiarava di aver avuto visioni in cui Dio lo esortava a prendersi carico della condizione dei suoi fratelli. Il carisma di Turner, uno Spartaco di colore, influenzò non solo gli afroamericani, ma anche molti bianchi, e presto il giovane appena trentenne fu conosciuto come «Il Profeta». Un’eclissi di sole nel febbraio del 1831 fu letta da Nat come il segnale giusto: raccolti attorno a sé quattro discepoli, fissò al 4 luglio (giorno dell’indipendenza americana) l’inizio della rivolta. Poiché però quel giorno Turner era indisposto, si dovette spostare la data. Il 13 agosto un altro «segno» (una coloritura verde-bluastra del sole) lo convinse ad agire la settimana successiva. Il piccolo manipolo, salito ad almeno una settantina di persone, si mise in moto armato di moschetti e armi bianche, muovendo di casa in casa nella contea di Southampton, uccidendo una sessantina di bianchi, compresi donne e bambini, e risparmiando solo alcuni bianchi indigenti. Fu allora radunata una milizia appoggiata da tre compagnie di artiglieria, da distaccamenti della marina militare e da volontari accorsi da altre contee della Virginia e del North Carolina. Nel giro di due giorni, gli insorti furono intercettati e debellati: un centinaio cadde sul campo di battaglia, una cinquantina venne fucilata. Alcuni schiavi furono decapitati, le loro teste infisse su pali ed esposte pubblicamente. Le violenze indiscriminate contro i neri proseguirono, raggiungendo livelli di barbarie deplorati dalla stessa stampa locale. Turner fu catturato il 30 ottobre: processato, dichiarò di non sentirsi in colpa (fu mosso dagli orrori che colpivano regolarmente la sua razza in cattività) e fu condannato all’impiccagione. Sedata la sommossa, la legislazione fu inasprita, le autorità imposero il divieto di assembramento e proibirono di insegnare agli schiavi a leggere e scrivere; si diffusero i manuali che insegnavano come occuparsi dei propri schiavi in modo da garantirne la produttività e l’obbedienza. L'evento provocò ondate di shock e in tutto il Sud comparvero squadracce di vigilantes con l’obiettivo di terrorizzare la popolazione afroamericana. Anche grazie alle sue Confessioni, pubblicate dopo l’esecuzione, la ribellione, indubbiamente la più grave insurrezione di schiavi nella storia americana, rimase il simbolo tragico della volontà di lotta e riscatto degli afroamericani. Nat Turner rimane una figura incisa in profondità nella cultura statunitense, come dimostra il romanzo di William Styron, Le confessioni di Nat Turner, del 1966. Negli a venire qualcosa di nuovo e di diverso maturò; proliferarono i movimenti abolizionisti che richiedevano la messa al bando della schiavitù o un atto del congresso che proibisse l’importazione di schiavi nei territori americani. Altri passarono all'azione: nel 1859, John Brown e un piccolo esercito di guerriglieri abolizionisti assaltarono l’arsenale di Harpers Ferry, in West Virginia. Nel 1833, l’istituzione della American Antislavery Society fornì una struttura organizzativa al movimento, e con la creazione della rete della “ferrovia sotterranea” assisteva gli schiavi in fuga verso la libertà. Originally posted in:
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