Accadeva ottantadue anni fa.
Nella notte tra il 18 e il 19 dicembre 1941 viene compiuta la cosiddetta “Impresa di Alessandria”: sei palombari della Regia Marina su tre siluri a lenta corsa (SLC) penetrano nel porto di Alessandria d'Egitto e danneggiano gravemente le corazzate britanniche HMS Queen Elizabeth e HMS Valiant. Il soprannome «maiale» dato ai siluri a lenta corsa si deve a Teseo Tesei che, durante l’addestramento, avrebbe usato l’espressione «lega il maiale» per indicarne l’agganciamento alla rete. I SLC della serie 200, usati nell’attacco contro il porto di Alessandria, cominciarono a essere pronti solo verso la fine del 1941. L'attacco fu l'ultimo di una serie. Il 13 novembre 1941 la nave portaerei britannica Ark Royal, di 22.000 tonnellate, trovandosi a 30 miglia da Gibilterra, fu affondata da un siluro di un U-Boot. Il 25 novembre al largo di Sollum, la squadra inglese del Mediterraneo Orientale, composta delle tre corazzate Barham, Queen Elizabeth e Valiant, veniva aggredita da un altro U-Boot. Per questi duri colpi la flotta inglese del Mediterraneo nel novembre 1941 era ridotta a due sole navi da battaglia: la Queen Elizabeth e la Valiant, proprio nel momento in cui, con l'entrata in linea della Doria a fianco della Vittorio Veneto e della Littorio, la flotta da combattimento italiana ammontava a cinque corazzate, tre rimodernate e due nuove e potentissime: un totale mai più superato. Per sottrarre al pericolo le due residue navi da battaglia (l'affluire dei rinforzi era impedito dalla situazione dell'Estremo Oriente), nella base di Alessandria esse furono circondate e protette da tutti gli accorgimenti. Era un momento assai critico per la Royal Fleet: quale miglior momento per colpire? L'operazione su Alessandria fu preparata nei minimi dettagli. Largo ricorso fu fatto alla ricognizione aerea per ottenere dati e fotografie che permettessero dati aggiornati sulla dislocazione delle navi nell'interno del porto e sulle sistemazioni protettive. Minuziosa fu la raccolta dei dati idrografici e meteorologici alle informazioni sulla vigilanza nemica, dai rilievi fotografici aerei del porto ai canali di sicuro e rapidissimo collegamento radio col sommergibile, per informarlo, al momento del rilascio degli operatori, del numero e della dislocazione delle navi nella notte dell'operazione; dagli appositi cifrari alla messa a punto del materiale d'impiego, dalla catena degli ordini di operazione all'allenamento degli operatori per portarli alle condizioni di massima efficienza fisica per il giorno stabilito; dallo studio della navigazione e delle rotte più opportune per l'avvicinamento del sommergibile e il forzamento del porto da parte dei piloti, alla ricerca di nuovi ritrovati per cagionare al nemico, nell'occasione, il massimo danno. Il 3 dicembre lo Scirè lascia La Spezia, simulando una normale uscita di esercitazione. La terna era composta dal tenente di vascello Luigi Durand de la Penne col capo palombaro Emilio Bianchi; capitano del genio navale Antonio Marceglia col sottocapo palombaro Spartaco Schergat; capitano delle armi navali Vincenzo Martellotta col capo palombaro Mario Marino. Quali equipaggi di riserva furono designati il sottotenente medico Spaccarelli e il tenente del genio navale Feltrinelli. Nel suo libro di memorie di guerra, il comandante Junio Valerio Borghese racconta un curioso episodio avvenuto nelle acque siciliane: Il semaforo di Capo Peloro fa segnali in chiaro. Ma questa è follia! Si vuole dunque che tutto il mondo sappia che lo Scirè, l'unico sommergibile della Marina italiana attrezzato per il trasporto dei mezzi d'assalto, si trova in mare? Povero segreto, per preservare il quale tanti sforzi sono stati compiuti! All'altezza del Faro di S. Ranieri (Messina) si avvicina un'imbarcazione del comando Marina: mi consegnano un plico; riprendo subito la navigazione. È Supermarina che mi comunica la situazione del naviglio alleato in mare per l'eventualità d'incontri. E Marina Messina informa che un sommergibile nemico si è rivelato poche ore prima sotto Capo dell'Armi lanciando siluri contro un nostro convoglio. Proprio sotto Capo dell'Armi dovevo passare: decido di tenermene al largo e costeggio la Sicilia fino all'altezza di Taormina. Qui avvisto un sommergibile che sembra fermo. Gli metto la prua addosso (le precauzioni non sono mai troppe) e gli faccio il segnale di riconoscimento. Ingarbuglia una risposta senza capo né coda: è chiaramente nemico. Data la situazione, emersi entrambi e avvistatici reciprocamente (notte lunare chiara), dati i miei ordini e lo scopo della mia missione, considerato infine che l'avversario ha 2 cannoni e io non ne ho, faccio il segnale di scoperta a Marina Messina e tiro dritto per la mia meta verso il Mediterraneo Orientale. E lui che fa? Mette in moto su rotta parallela alla mia! Navighiamo così fianco a fianco, a circa 3000 metri di distanza, come buoni amici, per circa un'ora; dopo di che, inaspettatamente come mi si era affiancato, così mi lascia solo e se ne torna verso Taormina. Strane cose succedono a chi va per mare in guerra!” Seguì Breve sosta a Lero (Dodecaneso) prima della missione prova. L'ordine d'operazione prevede che una certa sera lo Scirè si trovi a poche migliaia di metri davanti al porto di Alessandria; siccome si presume sia tutto buio (per l'oscuramento), per facilitare al sommergibile l'atterraggio sulla costa bassa e uniforme e l'individuazione del porto, è previsto che la sera prima e quella dell'azione nostri aerei compiano un bombardamento del porto. Il sommergibile rilascerà quindi gli operatori. Questi, procedendo lungo rotte prestabilite, dovranno, arrivati all'imboccatura del porto, superare le ostruzioni e dirigersi sui bersagli che saranno stati assegnati dal comandante dello Scirè, in base alle ultime informazioni che gli saranno state radiotrasmesse. Collegate le cariche alle carene dei bersagli, gli operatori dovranno disseminare un certo numero di ordigni incendiari galleggianti che dovranno provocare l'accensione della nafta fuoriuscita dalle navi colpite; ne sarebbe seguito l'incendio del porto con tutte le navi, le attrezzature portuali, i depositi: la principale base navale inglese del Mediterraneo Orientale fuori servizio. Imbarcati i piloti, il mattino del 14 lo Scirè lasciò Lero. Il sommergibile doveva avvicinarsi al porto nemico senza destare l'allarme. Come attraversare sbarramenti di mine e cavi avvisatori che circondano il porto di Alessandria? Per raggiungere l'obiettivo occorreva, da un certo momento in poi, affidarsi alla sorte. Borghese decide che, giunti sui fondali di 400 metri (limite probabile d'inizio dei campi minati), avrebbero navigato a quota non inferiore ai 60 metri, supponendo che le mine, anche se antisommergibili, fossero stabilite a profondità minori. L'altra difficoltà consisteva nel portare il sommergibile esattamente nel punto stabilito sfidando le correnti subacquee sempre difficilmente controllabili. Per riuscirci occorreva un controllo sicuro della propria velocità; tracciare e mantenere con esattezza la rotta e determinare la propria posizione dalle variazioni di quota dei fondali, unico elemento idrografico rilevabile dall'interno del sommergibile immerso: un campo più vicino all'arte che alla scienza della navigazione. Sortiscono dal sommergibile ad uno ad uno, de la Penne e Bianchi, Marceglia e Schergat, Martellotta e Marino, le mosse impacciate dall'ingombrante autorespiratore, salgono la scaletta e, dopo il classico rito del calcio propiziatorio, spariscono nel buio della notte e del mare. A Durand de la Penne toccò la nave da battaglia Valiant, a Marceglia la Queen Elizabeth, a Martellotta la ricerca della portaerei, ma non essendoci ripiegò su una petroliera carica. Il duo Durand de la Penne e Bianchi, a causa di un guasto del “maiale” (un cavetto d 'acciaio si era impigliato nell'elica), vennero catturati dalle sentinelle inglesi e condotti a bordo della Valiant per essere interrogati. Al comandante capitano di vascello Morgan, pochi minuti prima dell'esplosione, il de la Penne rivelò che la sua nave sarebbe saltata. Il comandante chiese invano dove era stata collocata la carica. Rinchiuso nuovamente nella cala, mentre scense dalla scaletta, de la Penne udì l'esplosione. Passarono pochi secondi e anche la Queen Elizabeth saltò in aria. Durand de la Penne venne internato in un campo di prigionieri ad Alessandria d'Egitto. Nel 1944 lui e Bianchi, ormai passati all'esercito del Regno del Sud, ricevettero la medaglia d'oro al valor militare dalle mani dell'ammiraglio Morgan, comandante della Valiant. Secondo il ricercatore indipendente James J. Sadkovich “Se la X MAS fosse stata pienamente operativa nel giugno 1940, quando gli inglesi non disponevano ancora dell’Ultra né di buoni sistemi di vigilanza nei porti di Alessandria, Gibilterra e La Valletta, la guerra nel medio periodo probabilmente avrebbe avuto un esito assai diverso.”
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