Tocca dare ragione al quotidiano Libero, che in un articolo firmato da Giovanni Sallusti ci ricorda chi era Karl Marx al netto delle fantasiose rivisitazioni schleiniane. Marx non era il profeta del Vangelo woke (lui e il suo sodale Engels erano omofobi), oggi non manifesterebbe per i migranti, l'esercito industriale di riserva del Capitale. Marx ecologista? Macché! Era uno scatenato produttivista (“chi non lavora non mangia” sarà anche una massima socialista, ma i liberali che oggi invocano la fine dei pasti gratis si muovono sulla stessa lunghezza d'onda dei socialisti d'antan). Per lo studioso di Treviri bisognava uscire dal pauperismo ed entrare nell'era industriale per meglio soddisfare i bisogni individuali e collettivi, che per l'uomo ottocentesco erano il vitto, il vestiario e l'alloggio. Niente decrescita e bando all'ozio, bisogna sgobbare, studiare e produrre furiosamente. Inoltre era un apologeta della Rivoluzione Industriale, e da ex liberale riconobbe i meriti storici della Rivoluzione Francese e dell'ascesa della borghesia, pur sempre preferibile al parassitismo e all'idiozia rurale di stampo aristocratico. Ovviamente era uno sfrenato positivista eurocentrico: non a caso scelse l'Inghilterra, superpotenza industriale dell'epoca, come culla della rivoluzione socialista che avrebbe spazzato via i proprietari assenteisti e inaugurato la nuova classe dei produttori, dal primo dirigente all'ultimo garzone. Marx non amava i sentimentalisti sinistrorsi: detestava il genero Paul Lafargue, un creolo caraibico di simpatie socialiste tutto cuore e niente cervello. E, al pari di Freud (secondo cui il monoteismo non era una invenzione ebraica), non risparmiò stilettate all'ambiente da cui proveniva. In certi suoi scritti denuncia le manchevolezze dei giudei, che nella spietata società capitalistica si muovono a meraviglia come topi nel formaggio. Insomma Marx aveva tantissimi difetti (voleva abbattere lo Stato borghese!), ma non era un gretino.
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Tocca dare ragione al quotidiano Libero, che in un articolo firmato da Giovanni Sallusti ci ricorda chi era Karl Marx al netto delle fantasiose rivisitazioni schleiniane. Marx non era il profeta del Vangelo woke (lui e il suo sodale Engels erano omofobi), oggi non manifesterebbe per i migranti, l'esercito industriale di riserva del Capitale. Marx ecologista? Macché! Era uno scatenato produttivista (“chi non lavora non mangia” sarà anche una massima socialista, ma i liberali che oggi invocano la fine dei pasti gratis si muovono sulla stessa lunghezza d'onda dei socialisti d'antan). Per lo studioso di Treviri bisognava uscire dal pauperismo ed entrare nell'era industriale per meglio soddisfare i bisogni individuali e collettivi, che per l'uomo ottocentesco erano il vitto, il vestiario e l'alloggio. Niente decrescita e bando all'ozio, bisogna sgobbare, studiare e produrre furiosamente. Inoltre era un apologeta della Rivoluzione Industriale, e da ex liberale riconobbe i meriti storici della Rivoluzione Francese e dell'ascesa della borghesia, pur sempre preferibile al parassitismo e all'idiozia rurale di stampo aristocratico. Ovviamente era uno sfrenato positivista eurocentrico: non a caso scelse l'Inghilterra, superpotenza industriale dell'epoca, come culla della rivoluzione socialista che avrebbe spazzato via i proprietari assenteisti e inaugurato la nuova classe dei produttori, dal primo dirigente all'ultimo garzone. Marx non amava i sentimentalisti sinistrorsi: detestava il genero Paul Lafargue, un creolo caraibico di simpatie socialiste tutto cuore e niente cervello. E, al pari di Freud (secondo cui il monoteismo non era una invenzione ebraica), non risparmiò stilettate all'ambiente da cui proveniva. In certi suoi scritti denuncia le manchevolezze dei giudei, che nella spietata società capitalistica si muovono a meraviglia come topi nel formaggio. Insomma Marx aveva tantissimi difetti (voleva abbattere lo Stato borghese!), ma non era un gretino.
