Accadeva centosessantasei anni fa.
25 gennaio 1858. Viene celebrato il matrimonio tra Vittoria, la figlia dell'omonima regina inglese, e il principe ereditario Federico III di Prussia. Alberto, principe tedesco e marito della regina Vittoria, desiderava ardentemente che si arrivasse a una Germania unita sotto la guida di una Prussia costituzionale. Il primo ministro Palmerston non attribuiva molta importanza a questo progetto, e acconsentì alla proposta – caldamente sostenuta tanto dal principe consorte che dalla regina – che le case reali d’Inghilterra e di Prussia venissero unite per via matrimoniale. La principessa Vittoria non aveva ancora quindici anni quando il ventiquattrenne Federico venne a farle visita a Balmoral, dove si suggellò il fidanzamento. Fino all’ultimo momento, però, sembrò che qualcosa fosse d’intralcio. Dalla Prussia fecero sapere che era usanza per i principi di sangue reale sposarsi a Berlino e che non c’era alcuna ragione perché il caso presente dovesse diventare un’eccezione. Quando questa voce le giunse alle orecchie, la regina Vittoria rimase senza parole per l’indignazione. In una nota molto vivace, diede istruzioni al ministro degli Esteri di dire all’ambasciatore di Prussia «di non credere che una questione simile si potesse anche solo discutere… La regina non vi potrebbe consentire mai, sia per ragioni di Stato sia per ragioni private; e la presunzione che fosse troppo per un principe reale di Prussia venire a sposare in Inghilterra la principessa reale di Gran Bretagna, è troppo assurda, per non dir altro… Qualunque possa essere la tradizione dei principi prussiani, non è cosa di tutti i giorni che uno sposi la figlia maggiore della regina d’Inghilterra. La questione si deve perciò considerare chiusa». E così fu, e la cerimonia nuziale fu celebrata a Londra, nella cappella del palazzo reale di St. James; ci furono grandi feste, concerti pubblici, una grande folla e allegria generale. La marcia nuziale di Felix Mendelssohn fu suonata per la prima volta, e da allora divenne la colonna sonora nuziale per antonomasia. A Windsor fu offerto un magnifico banchetto nella sala di Waterloo, nel quale, come annotò Vittoria nel suo diario, «tutti furono molto amichevoli e cortesi verso Vicky, e pieni di quell’entusiasmo universale di cui il duca di Buccleuch ci fece esempi assai piacevoli, essendosi trovato nella folla e tra le persone più basse del popolo». Da parecchi giorni la commozione della regina si faceva sempre più intensa; quando venne il momento della partenza dei giovani sposi, quasi svenne. «Povera cara figliola!», scrisse in seguito. «Io la strinsi nelle mie braccia e la benedissi e non seppi che cosa dire. Baciai il buon Fritz [Federico NdR] e gli strinsi ripetutamente la mano. Lui non era in grado di parlare e aveva gli occhi pieni di lacrime. Io li abbracciai tutti e due di nuovo allo sportello della vettura, poi Alberto salì sulla vettura aperta insieme con loro e con Berto… la banda si mise a suonare; dissi addio ai buoni Perponchers. Anche il generale Schreckenstein era molto commosso: strinsi la mano a lui e al buon decano, poi risalii in fretta nella mia stanza». Anche Alberto era commosso, non meno del generale Schreckenstein; stava per perdere la figlia prediletta, la cui intelligenza aveva già cominciato a mostrare una così notevole somiglianza con la sua, tanto da farne un’allieva piena di adorazione, che in pochi anni sarebbe potuta diventare una compagna quasi degna di lui. Un’ironia del destino aveva stabilito che proprio la figlia che gli veniva portata via fosse quella che aveva tanta simpatia, interesse per l’arte e per la scienza e che era dotata di una forte propensione per i rapporti scritti, mentre nemmeno una di queste qualità riusciva a scoprire nel figlio che gli restava, il principe di Galles.
25 gennaio 1858. Viene celebrato il matrimonio tra Vittoria, la figlia dell'omonima regina inglese, e il principe ereditario Federico III di Prussia. Alberto, principe tedesco e marito della regina Vittoria, desiderava ardentemente che si arrivasse a una Germania unita sotto la guida di una Prussia costituzionale. Il primo ministro Palmerston non attribuiva molta importanza a questo progetto, e acconsentì alla proposta – caldamente sostenuta tanto dal principe consorte che dalla regina – che le case reali d’Inghilterra e di Prussia venissero unite per via matrimoniale. La principessa Vittoria non aveva ancora quindici anni quando il ventiquattrenne Federico venne a farle visita a Balmoral, dove si suggellò il fidanzamento. Fino all’ultimo momento, però, sembrò che qualcosa fosse d’intralcio. Dalla Prussia fecero sapere che era usanza per i principi di sangue reale sposarsi a Berlino e che non c’era alcuna ragione perché il caso presente dovesse diventare un’eccezione. Quando questa voce le giunse alle orecchie, la regina Vittoria rimase senza parole per l’indignazione. In una nota molto vivace, diede istruzioni al ministro degli Esteri di dire all’ambasciatore di Prussia «di non credere che una questione simile si potesse anche solo discutere… La regina non vi potrebbe consentire mai, sia per ragioni di Stato sia per ragioni private; e la presunzione che fosse troppo per un principe reale di Prussia venire a sposare in Inghilterra la principessa reale di Gran Bretagna, è troppo assurda, per non dir altro… Qualunque possa essere la tradizione dei principi prussiani, non è cosa di tutti i giorni che uno sposi la figlia maggiore della regina d’Inghilterra. La questione si deve perciò considerare chiusa». E così fu, e la cerimonia nuziale fu celebrata a Londra, nella cappella del palazzo reale di St. James; ci furono grandi feste, concerti pubblici, una grande folla e allegria generale. La marcia nuziale di Felix Mendelssohn fu suonata per la prima volta, e da allora divenne la colonna sonora nuziale per antonomasia. A Windsor fu offerto un magnifico banchetto nella sala di Waterloo, nel quale, come annotò Vittoria nel suo diario, «tutti furono molto amichevoli e cortesi verso Vicky, e pieni di quell’entusiasmo universale di cui il duca di Buccleuch ci fece esempi assai piacevoli, essendosi trovato nella folla e tra le persone più basse del popolo». Da parecchi giorni la commozione della regina si faceva sempre più intensa; quando venne il momento della partenza dei giovani sposi, quasi svenne. «Povera cara figliola!», scrisse in seguito. «Io la strinsi nelle mie braccia e la benedissi e non seppi che cosa dire. Baciai il buon Fritz [Federico NdR] e gli strinsi ripetutamente la mano. Lui non era in grado di parlare e aveva gli occhi pieni di lacrime. Io li abbracciai tutti e due di nuovo allo sportello della vettura, poi Alberto salì sulla vettura aperta insieme con loro e con Berto… la banda si mise a suonare; dissi addio ai buoni Perponchers. Anche il generale Schreckenstein era molto commosso: strinsi la mano a lui e al buon decano, poi risalii in fretta nella mia stanza». Anche Alberto era commosso, non meno del generale Schreckenstein; stava per perdere la figlia prediletta, la cui intelligenza aveva già cominciato a mostrare una così notevole somiglianza con la sua, tanto da farne un’allieva piena di adorazione, che in pochi anni sarebbe potuta diventare una compagna quasi degna di lui. Un’ironia del destino aveva stabilito che proprio la figlia che gli veniva portata via fosse quella che aveva tanta simpatia, interesse per l’arte e per la scienza e che era dotata di una forte propensione per i rapporti scritti, mentre nemmeno una di queste qualità riusciva a scoprire nel figlio che gli restava, il principe di Galles.