Accadeva trentaquattro anni fa.
20 dicembre 1989. Comincia la rivoluzione romena che porterà al crollo del regime comunista. Proprio quel giorno il conducător Nicolae Ceauşescu tenne un discorso in diretta televisiva in cui condannò la rivolta di Timișoara, iniziata alcuni giorni prima e che era costata la vita a circa cento manifestanti. Fu dichiarato il coprifuoco e vennero convocati i suoi sostenitori a Bucarest. Il 21 dicembre la protesta si allargò a Sibiu e ad altre città. Ceaușescu si affacciò dal palazzo del Comitato Centrale per parlare ai suoi sostenitori, ma fu fischiato e la riunione si concluse in un sommossa. Il 22 dicembre 1989 si suicidò il generale Vasile Milea e il palazzo presidenziale venne cinto d'assedio. La situazione precipitò anche a causa della diserzione di una parte della polizia segreta del regime, la Securitate, lacerata dall'annosa faida che contrapponeva gli epigoni del “grande fratello” čekista, più o meno fedeli a Mosca, e i “nazional-comunisti” pronti a seguire Ceauşescu. Prevalse Gelu Voican Voiculescu, il cervello del golpe (che stando ad alcune voci fu avallato, se non organizzato, da Mosca). La coppia presidenziale fuggì in elicottero sino a Târgoviște, dove venne arrestata, processata sommariamente e fucilata il 25 dicembre. Gli succederà Ion Iliescu, vecchio braccio destro del dittatore sino agli anni ’70 e poi suo antagonista. Ceauşescu faceva parte del quadrumvirato che prese il controllo del partito comunista romeno nel 1954, nel quadro del nuovo corso antistalinista krusceviano. L'anno successivo spinse il paese ad aderire al nascente patto di Varsavia. Dopo la dipartita in circostanze misteriose – ufficialmente cancro – di Gheorghiu-Dej, nel 1965 Ceauşescu prese le redini del paese. Insieme alla moglie Elena, viene tuttora considerato una sorta di moderno Vlad l'impalatore, un vampiro. In realtà, nonostante le forti limitazioni delle libertà civili, il suo governo godette di un certo supporto popolare almeno fino agli Ottanta, e seppe assumere decisioni improntate a un coraggioso autonomismo, come il pronunciamento contro l’invasione della Cecoslovacchia da parte dell’Armata Rossa in occasione della Primavera di Praga nel 1968. Inoltre seppe stringere proficue relazioni con Germania Ovest, Cina e Albania – con cui l’URSS aveva rotto – nonché con il Vaticano, mentre il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale aiutarono – e indebitarono – molto il regime romeno. Licio Gelli, per dire, era di casa a Bucarest. Alla fine degli anni Sessanta, Arafat era stato corteggiato anche dal residente al Cairo del servizio segreto romeno (DIE), Constantin Munteanu. Nel 1972 il DIE istituì un’alleanza con l’OLP per le informazioni, fornendogli passaporti in bianco, apparecchiatura di sorveglianza elettronica e armi. «Mosca sta aiutando l’OLP a farsi i muscoli. Io gli sto nutrendo il cervello» riferì Ceauşescu al capo del DIE (e futuro transfuga) Ion Pacepa. Nel 1975 Arafat e il leader romeno tramarono insieme un ingegnoso piano ai danni di re Hussein di Giordania. Secondo Pacepa, Hassan, capo dei servizi giordani, fu «ufficialmente reclutato» come agente del DIE (il dipartimento estero della Securitate, dedito allo spionaggio oltreconfine, soprattutto nelle nazioni francofone) nel 1976, nome in codice «Annette», e ricevette compensi per importi che variavano dai 2500 ai 10.000 dollari. La demografia deficitaria, la mortalità infantile (83 decessi ogni mille nati) e il progetto di aumentare la popolazione attiva dai 23 ai 30 milioni di lavoratori indussero il governo a varare una legge (1966) contro l’aborto e la contraccezione, poi parzialmente modificata nel 1972, in cui veniva stabilito che “Il feto è proprietà dell’intera società”. Il controllo sociale attuato era tentacolare e soffocante; ciò, unito alla draconiana politica di industrializzazione e di spostamento forzato della popolazione, spinse tanti romeni a riparare nella relativamente più aperta Ungheria. Dopo aver visitato (1971) la Corea del Nord e la Repubblica Popolare Cinese, Ceauşescu inaugurò la Mica revoluție culturală (“Piccola Rivoluzione Culturale”), una sbandata maoista esplicitata nel discorso noto come “Tesi di luglio”. Il nuovismo cozzò contro il grande cataclisma (1977) di Bucarest che rase al suolo gran parte della città danneggiando monumenti storici secolari e capolavori architettonici come il Monastero di Vǎcǎrești, le chiese di “Sfânta Vineri” ed “Enei”, i Monasteri di Cotroceni e Pantelimon. La megalomania ingegneristica del regime si manifestò nel 1983, quando iniziò la costruzione della Casa Poporului (Casa del Popolo), come palazzo per la gloria della coppia presidenziale, posta sulla collina conosciuta come Collina degli Spiriti, Collina di Urano, o Collina dell’Arsenale, che fu in gran parte rasa al suolo. Per ripagare i prestiti stranieri destinati alla costruzione del Palazzo del Popolo, nel 1984 si pensò bene di istituire il razionamento del cibo su larga scala, che fu fatto passare come una legge per la riduzione dell’obesità (sic!), nonostante l'alta produzione alimentare. Seguì nel 1985 il razionamento del petrolio, dell’elettricità e del gas (vi ricorda qualcosa?), unita all'istituzione del coprifuoco domenicale. L'effetto a cascata investì l'industria pesante e il sistema sanitario, dove imperversava l'HIV, favorendo in maniera impressionante il mercato nero, tanto che le sigarette divennero oggetto di scambio, la seconda valuta circolante in Romania. Lo Stato dell’Europa orientale più esposto al pericolo di collasso all’inizio dell’era Gorbaciov era la dittatura neostalinista, megalomane e corrotta (Mosca dixit) che governava la Romania, già staccata a metà dal Patto di Varsavia. Un’esauriente valutazione fatta dal Dipartimento Undici (collegata all’Europa orientale) nel 1983 previde che la Romania, sull’orlo della bancarotta, rischiava seriamente il tracollo economico. Aggiunse che tale eventualità avrebbe spinto la Romania verso l’Occidente. La Romania fu l’ultimo regime comunista dell’Europa orientale a cedere all’ondata delle rivoluzioni democratiche del 1989, anche se la fine, quando venne, fu più veloce e più brutale che nel resto del “Commonwealth socialista”.
PS. Nello stesso giorno, il 20 dicembre 1989, con l’«Operazione Giusta Causa» gli Stati Uniti procedettero all’invasione di Panama per rimuovere l'ormai incontrollabile generalissimo Manuel Noriega, poi accusato e incarcerato con l'accusa di traffico di stupefacenti.
20 dicembre 1989. Comincia la rivoluzione romena che porterà al crollo del regime comunista. Proprio quel giorno il conducător Nicolae Ceauşescu tenne un discorso in diretta televisiva in cui condannò la rivolta di Timișoara, iniziata alcuni giorni prima e che era costata la vita a circa cento manifestanti. Fu dichiarato il coprifuoco e vennero convocati i suoi sostenitori a Bucarest. Il 21 dicembre la protesta si allargò a Sibiu e ad altre città. Ceaușescu si affacciò dal palazzo del Comitato Centrale per parlare ai suoi sostenitori, ma fu fischiato e la riunione si concluse in un sommossa. Il 22 dicembre 1989 si suicidò il generale Vasile Milea e il palazzo presidenziale venne cinto d'assedio. La situazione precipitò anche a causa della diserzione di una parte della polizia segreta del regime, la Securitate, lacerata dall'annosa faida che contrapponeva gli epigoni del “grande fratello” čekista, più o meno fedeli a Mosca, e i “nazional-comunisti” pronti a seguire Ceauşescu. Prevalse Gelu Voican Voiculescu, il cervello del golpe (che stando ad alcune voci fu avallato, se non organizzato, da Mosca). La coppia presidenziale fuggì in elicottero sino a Târgoviște, dove venne arrestata, processata sommariamente e fucilata il 25 dicembre. Gli succederà Ion Iliescu, vecchio braccio destro del dittatore sino agli anni ’70 e poi suo antagonista. Ceauşescu faceva parte del quadrumvirato che prese il controllo del partito comunista romeno nel 1954, nel quadro del nuovo corso antistalinista krusceviano. L'anno successivo spinse il paese ad aderire al nascente patto di Varsavia. Dopo la dipartita in circostanze misteriose – ufficialmente cancro – di Gheorghiu-Dej, nel 1965 Ceauşescu prese le redini del paese. Insieme alla moglie Elena, viene tuttora considerato una sorta di moderno Vlad l'impalatore, un vampiro. In realtà, nonostante le forti limitazioni delle libertà civili, il suo governo godette di un certo supporto popolare almeno fino agli Ottanta, e seppe assumere decisioni improntate a un coraggioso autonomismo, come il pronunciamento contro l’invasione della Cecoslovacchia da parte dell’Armata Rossa in occasione della Primavera di Praga nel 1968. Inoltre seppe stringere proficue relazioni con Germania Ovest, Cina e Albania – con cui l’URSS aveva rotto – nonché con il Vaticano, mentre il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale aiutarono – e indebitarono – molto il regime romeno. Licio Gelli, per dire, era di casa a Bucarest. Alla fine degli anni Sessanta, Arafat era stato corteggiato anche dal residente al Cairo del servizio segreto romeno (DIE), Constantin Munteanu. Nel 1972 il DIE istituì un’alleanza con l’OLP per le informazioni, fornendogli passaporti in bianco, apparecchiatura di sorveglianza elettronica e armi. «Mosca sta aiutando l’OLP a farsi i muscoli. Io gli sto nutrendo il cervello» riferì Ceauşescu al capo del DIE (e futuro transfuga) Ion Pacepa. Nel 1975 Arafat e il leader romeno tramarono insieme un ingegnoso piano ai danni di re Hussein di Giordania. Secondo Pacepa, Hassan, capo dei servizi giordani, fu «ufficialmente reclutato» come agente del DIE (il dipartimento estero della Securitate, dedito allo spionaggio oltreconfine, soprattutto nelle nazioni francofone) nel 1976, nome in codice «Annette», e ricevette compensi per importi che variavano dai 2500 ai 10.000 dollari. La demografia deficitaria, la mortalità infantile (83 decessi ogni mille nati) e il progetto di aumentare la popolazione attiva dai 23 ai 30 milioni di lavoratori indussero il governo a varare una legge (1966) contro l’aborto e la contraccezione, poi parzialmente modificata nel 1972, in cui veniva stabilito che “Il feto è proprietà dell’intera società”. Il controllo sociale attuato era tentacolare e soffocante; ciò, unito alla draconiana politica di industrializzazione e di spostamento forzato della popolazione, spinse tanti romeni a riparare nella relativamente più aperta Ungheria. Dopo aver visitato (1971) la Corea del Nord e la Repubblica Popolare Cinese, Ceauşescu inaugurò la Mica revoluție culturală (“Piccola Rivoluzione Culturale”), una sbandata maoista esplicitata nel discorso noto come “Tesi di luglio”. Il nuovismo cozzò contro il grande cataclisma (1977) di Bucarest che rase al suolo gran parte della città danneggiando monumenti storici secolari e capolavori architettonici come il Monastero di Vǎcǎrești, le chiese di “Sfânta Vineri” ed “Enei”, i Monasteri di Cotroceni e Pantelimon. La megalomania ingegneristica del regime si manifestò nel 1983, quando iniziò la costruzione della Casa Poporului (Casa del Popolo), come palazzo per la gloria della coppia presidenziale, posta sulla collina conosciuta come Collina degli Spiriti, Collina di Urano, o Collina dell’Arsenale, che fu in gran parte rasa al suolo. Per ripagare i prestiti stranieri destinati alla costruzione del Palazzo del Popolo, nel 1984 si pensò bene di istituire il razionamento del cibo su larga scala, che fu fatto passare come una legge per la riduzione dell’obesità (sic!), nonostante l'alta produzione alimentare. Seguì nel 1985 il razionamento del petrolio, dell’elettricità e del gas (vi ricorda qualcosa?), unita all'istituzione del coprifuoco domenicale. L'effetto a cascata investì l'industria pesante e il sistema sanitario, dove imperversava l'HIV, favorendo in maniera impressionante il mercato nero, tanto che le sigarette divennero oggetto di scambio, la seconda valuta circolante in Romania. Lo Stato dell’Europa orientale più esposto al pericolo di collasso all’inizio dell’era Gorbaciov era la dittatura neostalinista, megalomane e corrotta (Mosca dixit) che governava la Romania, già staccata a metà dal Patto di Varsavia. Un’esauriente valutazione fatta dal Dipartimento Undici (collegata all’Europa orientale) nel 1983 previde che la Romania, sull’orlo della bancarotta, rischiava seriamente il tracollo economico. Aggiunse che tale eventualità avrebbe spinto la Romania verso l’Occidente. La Romania fu l’ultimo regime comunista dell’Europa orientale a cedere all’ondata delle rivoluzioni democratiche del 1989, anche se la fine, quando venne, fu più veloce e più brutale che nel resto del “Commonwealth socialista”.
PS. Nello stesso giorno, il 20 dicembre 1989, con l’«Operazione Giusta Causa» gli Stati Uniti procedettero all’invasione di Panama per rimuovere l'ormai incontrollabile generalissimo Manuel Noriega, poi accusato e incarcerato con l'accusa di traffico di stupefacenti.