La Grande Italia

Il forum dei patrioti italiani

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Accadeva novantatré anni fa.
17 dicembre 1930. Parte da Orbetello la trasvolata atlantica Italia – Brasile: una squadriglia di 14 idrovolanti Savoia-Marchetti S.55 e un equipaggio di quarantaquattro uomini al comando di Italo Balbo, dopo avere sorvolato l'Oceano atlantico meridionale da Bolama (Guinea-Bissau, allora colonia portoghese) a Natal (capitale del Rio Grande do Norte, Brasile) il 6 gennaio 1931, si ancorarono il giorno 15 dello stesso mese nella baia di Rio de Janeiro. La crociera aerea non era un'impresa fine a se stessa, ma un esperimento necessario per saggiare le potenzialità dell'arma aerea. E l'Italia, indubbiamente, scrisse una pagina importante nella storia del progresso aeronautico. Non appena arrivati a Rio de Janeiro, il tempo di rispondere alle domande dei giornalisti, giunse il messaggio del Duce che pensava già a trasvolare l'Atlantico del Nord, impresa che sarà realizzata nel luglio-agosto del 1933. Balbo e i suoi collaboratori studiavano già la rotta migliore della prossima trasvolata dell'atlantico del nord. Le alternative erano due: toccare gli estremi limiti del nord, sui margini dei mari polari, oppure attraversare il percorso a tre tappe Azzorre-Bermude-Stati Uniti. Nel primo caso era un azzardo aggiungere a un volo notturno (sei ore di oscurità dopo la partenza da Bolama) alle burrasche e alle nebbie del mare polare; nel secondo caso le Azzorre offrivano minime possibilità di ammaraggio (per non parlare del decollo) a una squadra numerosa di idrovolanti. La seconda ipotesi era, oltre a tutto, molto più lunga. Il tour mondiale a bordo di un piroscafo doveva celebrare l'impresa aerea, annullata per l'improvvisa scomparsa di uno degli eroi della trasvolata, il colonnello Umberto Maddalena, scomparso a causa di un incidente presso Marina di Pisa. Nato come marinaio, rispose alla chiamata dell'aviazione lo chiamò. Aveva partecipato alle ricerche del dirigibile Italia, dispersi nel circolo polare artico nel 1928. Ne “La centuria alata”, volume in cui Balbo narra le sue imprese aviatorie, il gerarca è presago. «Il mistero della sciagura non fu completamente spiegato allora e rimane oscuro anche oggi. Ma vi è, nella morte di Maddalena, un elemento ancor più misterioso: mentre dei suoi compagni furono presto o tardi ritrovate le spoglie mortali, il Tirreno non ha mai più restituito, non solo l'eroica salma di Umberto Maddalena.» Italo Balbo era stato il ras del fascismo ferrarese con forti agganci con l’associazione agraria, spietato nella violenza, ma efficace anche nella creazione del consenso: fu il primo ad agitare la formula «la terra a chi la lavora» attuando un esperimento pratico di distribuzione della terra, con terreni messi a disposizione dall’associazione agraria, e a dar vita, nel febbraio del ’21, al primo sindacato fascista sotto la guida del sindacalista rivoluzionario Edmondo Rossoni. Il 1° agosto 1921, con un ordine del giorno firmato insieme a Grandi, Oviglio e Baroncini, si dichiarò estraneo alle trattative perché riteneva che nella regione Emiliano-romagnola il Fascismo non si trova in condizioni di ostilità offensiva, bensì di resistenza alle sopraffazioni delle sinistre. Balbo nasce repubblicano mazziniano e si trasforma in capitano di ventura del fascismo anche per calcolo economico (da rivoluzionario di professione in senso stretto contrattò lo stipendio prima di iscriversi al partito), aveva la grinta del bastonatore e il carisma del leader, tutte doti che suscitavano l'invidia degli altri gerarchi. Mussolini non ignorava i trascorsi massonici del giovane ministro dell'aviazione, temeva la sua fama internazionale ma non si sentiva sufficientemente forte per metterlo da parte. Si limitava a raccogliere materiale compromettente da tirare fuori al momento opportuno. Una nota, per esempio, segnalava che al campo estivo organizzato dalla Regia Aeronautica a Viareggio "S.E. Balbo si è fatto issare una tenda simile a quella di un sultano per fare colpo sulla contessa Sandra Spaletti che spesso è sua ospite". Mussolini infine lo promosse maresciallo dell'Aria, ma gli tolse il dicastero dell'Aviazione per nominarlo, il 1° gennaio 1934, governatore della Libia. Qui morirà abbattuto dalla contraerea italiana nel 1940, scontando forse le gelosie suscitate nei caporioni del regime e le sue prese di posizioni dal sapore democratico: per i duri e puri rimaneva il cugino dell'onorevole Pisenti, protettore di noti dissidenti, e la coscienza critica che lamentava il ritorno della pellagra nel Veneto (“di questo passo, farà rimpiangere i socialisti”).

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