L'immigrazione è una grande greppia che sfama istituzioni, partiti e gruppi sociali. L'imprenditoria industriale e agricola reperisce manodopera a bassissimo costo: i bravi fascistoni di Latina, che magari a parole tuonano contro l'immikrazzzionaahh illekaleh, trovano conveniente impiegare schiavi nelle campagne dell'Agro Pontino. La mafia rossa e i suoi pretini accoglioni distraggono fondi dalla sanità per destinarli a progetti finalizzati alla sostituzione etnica, tipo l'esperimento calabrese di Mimmo Lucano, così da tradurre in realtà le ideologie e le narrazioni (come il mito del buon selvaggio rousseauiano) che piacciono tanto a sinistra. La Lega et similia spremono voti dai cittadini giustamente terrorizzati dall'idea di venire scotennati o pugnalati da “giovani” e “ragazzi”, che nel cifrario del giornalismo cialtrone e reticente indicano la teppa maghrebina e subsahariana; i gemelli diversi piddini e forzaitalioti (Tajani o è diventato comunista o si è infatuato della colf del Gambia), invece, intendono italianizzare burocraticamente i forestieri in modo da poter pascolare una discreta mandria da cabina elettorale. La Chiesa parassita si appropria di quei diseredati particolarmente miserabili e dotati di maggiore fotogenia per allestire una pessima parodia della carità cristiana. Il filo conduttore è la mancanza di materia prima, di risorse umane. Servono “nuovi italiani”, indigenti e creduloni al punto giusto, da sfruttare e plagiare per mandare avanti la baracca e la rispettiva parrocchietta.