"Bisogna ricordare che alla fine degli anni '80 da capo di stato maggiore di Gheddafi, Haftar divenne un agente americano e cercò di rovesciarlo anzitempo. Era il periodo della guerra del Ciad - una guerra per procura tra Italia e Francia - dell'incidente del golfo di Sirte in cui il governo italiano salvò la vita a Gheddafi da un bombardamento americano. Haftar passò 20 anni in esilio negli USA dopo la sua avventura, per tornare in Cirenaica durante il cambio di regime. Se è vero che Washington è rimasta nelle retrovie nel post-2011, è altresì vero che l'uomo che ha bombardato le raffinerie dell'ENI e tutt'ora chiude i flussi di idrocarburi verso l'Italia è un asset americano dai tempi di Reagan, che ha sempre lavorato con coerenza contro gli interessi italiani nel paese. Oggi gli USA aumentano la pubblicità del loro sostegno al Maresciallo, mentre con l'aiuto della Wagner ("la Russia non è nostra nemica" rischia di diventare uno slogan pericoloso, nota mia) e ingenti finanziamenti delle monarchie del golfo questo aumenta la propria pressione verso la Tripolitania alleata di Turchia e Italia. Come si è detto, ci sono segnali che anche Roma stia valutando di accettarne l'autorità su tutta la Libia in cambio di (vere o presunte) garanzie sui nostri interessi. Non si possono avere tabù in casi così complessi - ed è possibile che sia addirittura la soluzione migliore - ma comunque giova sempre ricordare chi è, in Libia, il nemico."
Nella foto, il Generale dell'Africa Command americano stringe la mano a Khalifa Haftar.