Mi hanno rubato l'idea. Io sono sempre stato favorevole alle lastre esplicative più che alla rimozione dei simulacri. Se al generale confederato Robert E. Lee, oplita del sud schiavista, hanno eretto una statua equestre a Richmond, recentemente rimossa dall'iconoclastia della cancel culture, non vedo perché non dovremmo erigerne una a Junio Valerio Borghese, magari presso l'Arsenale militare marittimo della Spezia, dal momento che ha dato molto all'Italia come militare (decisamente meno come militare prestato alla politica, ma è solo una mia opinione) nella guerra sottomarina e in quella terrestre, soprattutto nel confine con la Jugoslavia. Le lastre, secondo me, possono restituire la contorta complessità delle vicende storiche e dei suoi protagonisti. La statua a Indro Montanelli ci sta, come ci stanno le critiche centrate al personaggio. Ma la lastra collocata accanto alla sua statua riporterà critiche centrate? Conoscendo la sinistra, questa sinistra, e la sua gemella destrorsa... dubito molto. I progressisti (e la destra italiana è progressista, per tornaconto e vigliaccheria) vi spiegheranno che Montanelli si macchiò di peccati “mortali” quali la gioventù in camicia nera, la compravendita di una giovanissima venere abissina di nome Destà, l'aver negato l'impiego di gas tossici in Etiopia da parte dell'esercito italiano. Per il sottoscritto le sue manchevolezze furono ben altre. In primis l'aver attaccato a testa bassa l'Ente Nazionale Idrocarburi, non si sa se per pertinace convinzione personale o per spirito di corpo. Montanelli fu a tutti gli effetti uno dei mandanti morali dell'assassinio di Enrico Mattei. Ma non è finita qui. In età avanzata divenne il probiviro dell'immondo Ulivo prodiano e il nume tutelare del nascente travaglismo d'assalto, facendo da apripista a una patologia perlopiù immaginaria, il vittimismo da censura. E lui fu un censurato speciale: sempre in onda su Telemontecarlo con l'allievo ebreo Alain Elkann; sempre in edicola, pubblicato e incensato dal Corriere della Sera. Però, oh, lo spadaccino di Fucecchio rimane lo spadaccino di Fucecchio, una penna aurea e un grande testimone del Novecento di fronte al quale mi tolgo il cappello.