Accadeva duecentoventisette anni fa.
7 gennaio 1797. La Repubblica cispadana adotta il tricolore per la prima volta. Proclamata il 27 dicembre 1796, la Repubblica cispadana, riuniva Reggio Emilia, l’ex ducato di Modena, le ex legazioni pontificie di Bologna e Ferrara e il fiume Po la separava dalla Repubblica transalpina. Entrambe, il 27 luglio 1797, concorsero a formare un’unica Repubblica che prese il nome di Cisalpina, con capitale Milano. L'origine della bandiera risale all'ottobre del 1796, quando Napoleone reclutò i 3.500 uomini della Legione lombarda, e gli assegnò la bandiera bianca, rossa e verde. Era sorto il tricolore. Lo scopo era fondere la Lombardia e l'Emilia in un unico Stato che, sia pure sotto il controllo francese, facesse da polo di attrazione di tutto il resto della penisola. Forse a Napoleone l'idea non dispiacque, ma la considerò prematura. In quel momento non era ancora in grado di sfidare apertamente il Direttorio che gli raccomandava di non dare corda al patriottismo degli italiani, e per di più non voleva esasperare il Papa rendendo irrevocabile la mutilazione dei suoi Stati. Piombato anche lui a Reggio Emilia il 9 gennaio, disse che il congresso non poteva prendere decisioni: prima ci voleva un governo, e prima del governo ci voleva una Costituzione. Era una buona scusa, ma che non poteva arrestare il naturale sviluppo della situazione. Il congresso si piegò al veto, ma decise di riunirsi nuovamente in gennaio a Modena, dove si trasformò in Costituente. Stavolta vi presero parte anche i delegati di Massa e Carrara e di Imola, che nel frattempo si erano unite motu proprio alla Cispadana. Il movimento unitario dilagava a chiazza d'olio. Ora, a Mombello, Napoleone prendeva atto di questa realtà. E ormai libero di agire a testa sua, proclamò ufficialmente una Repubblica cisalpina che comprendeva, oltre alla Lombardia, le province ex venete di Bergamo e Brescia, la Valtellina e tutta la Cispadania. Prese però le sue precauzioni imponendo a questo embrione d'Italia una Costituzione quasi identica a quella francese, che accentrava tutto il potere esecutivo nelle mani di un Direttorio, di cui egli si riservava di nominare i componenti. Nei primi tre articoli della Carta costituzionale della nuova, piccola Repubblica si mettevano a punto questi concetti: «La Repubblica cisalpina è una e indivisibile. L’universalità dei cittadini della Repubblica cisalpina è il sovrano. La Repubblica cisalpina conserva e tramanda ai posteri il sentimento di eterna riconoscenza per la Repubblica francese cui è debitrice della recuperata libertà». Inoltre nelle Dichiarazioni generali si sancivano la libertà di stampa, la libertà di culto, l’inviolabilità del domicilio e della persona, ma si ponevano limitazioni al diritto di associazione, così come, in verità, non tutte quelle libertà promesse erano poi rispettate. Fu in Lombardia che apparvero sporadicamente in quei giorni per la prima volta le bandiere tricolori che stavano a simboleggiare come insegna istituzionale la nuova realtà politica italiana. Al seguito di Bonaparte figuravano due cospicue legioni di italiani, tuttavia formate in forza di pesanti coscrizioni. Quelle leve gettavano i giovani nella disperazione, salvo i casi in cui essi vedevano nelle armi l’unico modo per risolvere i loro problemi di sopravvivenza. In molte migliaia si davano alla macchia o lasciavano clandestinamente l’Italia o infine sceglievano il brigantaggio. Il vessillo di queste legioni fu un tricolore, in aperta assonanza con la bandiera francese, poiché il blu-bianco-rosso diventava il verde-bianco-rosso. Poco dopo, il 7 gennaio 1797, quando era tutta una festa in nome della Libertà e dell’Eguaglianza, si formalizzò a Reggio Emilia in seno all’Assemblea costituente della Repubblica cispadana – la prima grande Repubblica a sfondo democratico in Italia – l’istituzione del drappo destinato a diventare il simbolo della raggiunta unità nazionale. Questo fatto d’imponente rilievo storico avveniva proprio nella città in cui l’anno prima era esploso un forte moto insurrezionale. Il poeta Giosuè Carducci spiegherà i colori con le caratteristiche peculiari della penisola «le nevi delle Alpi, l’aprile delle valli, le fiamme dei vulcani». L'idea di sostituire nella bandiera italiana il blu con il verde l’aveva avuta un ex prete, Giuseppe Compagnoni, giornalista, letterato, patriota e deputato di Lugo di Romagna.
7 gennaio 1797. La Repubblica cispadana adotta il tricolore per la prima volta. Proclamata il 27 dicembre 1796, la Repubblica cispadana, riuniva Reggio Emilia, l’ex ducato di Modena, le ex legazioni pontificie di Bologna e Ferrara e il fiume Po la separava dalla Repubblica transalpina. Entrambe, il 27 luglio 1797, concorsero a formare un’unica Repubblica che prese il nome di Cisalpina, con capitale Milano. L'origine della bandiera risale all'ottobre del 1796, quando Napoleone reclutò i 3.500 uomini della Legione lombarda, e gli assegnò la bandiera bianca, rossa e verde. Era sorto il tricolore. Lo scopo era fondere la Lombardia e l'Emilia in un unico Stato che, sia pure sotto il controllo francese, facesse da polo di attrazione di tutto il resto della penisola. Forse a Napoleone l'idea non dispiacque, ma la considerò prematura. In quel momento non era ancora in grado di sfidare apertamente il Direttorio che gli raccomandava di non dare corda al patriottismo degli italiani, e per di più non voleva esasperare il Papa rendendo irrevocabile la mutilazione dei suoi Stati. Piombato anche lui a Reggio Emilia il 9 gennaio, disse che il congresso non poteva prendere decisioni: prima ci voleva un governo, e prima del governo ci voleva una Costituzione. Era una buona scusa, ma che non poteva arrestare il naturale sviluppo della situazione. Il congresso si piegò al veto, ma decise di riunirsi nuovamente in gennaio a Modena, dove si trasformò in Costituente. Stavolta vi presero parte anche i delegati di Massa e Carrara e di Imola, che nel frattempo si erano unite motu proprio alla Cispadana. Il movimento unitario dilagava a chiazza d'olio. Ora, a Mombello, Napoleone prendeva atto di questa realtà. E ormai libero di agire a testa sua, proclamò ufficialmente una Repubblica cisalpina che comprendeva, oltre alla Lombardia, le province ex venete di Bergamo e Brescia, la Valtellina e tutta la Cispadania. Prese però le sue precauzioni imponendo a questo embrione d'Italia una Costituzione quasi identica a quella francese, che accentrava tutto il potere esecutivo nelle mani di un Direttorio, di cui egli si riservava di nominare i componenti. Nei primi tre articoli della Carta costituzionale della nuova, piccola Repubblica si mettevano a punto questi concetti: «La Repubblica cisalpina è una e indivisibile. L’universalità dei cittadini della Repubblica cisalpina è il sovrano. La Repubblica cisalpina conserva e tramanda ai posteri il sentimento di eterna riconoscenza per la Repubblica francese cui è debitrice della recuperata libertà». Inoltre nelle Dichiarazioni generali si sancivano la libertà di stampa, la libertà di culto, l’inviolabilità del domicilio e della persona, ma si ponevano limitazioni al diritto di associazione, così come, in verità, non tutte quelle libertà promesse erano poi rispettate. Fu in Lombardia che apparvero sporadicamente in quei giorni per la prima volta le bandiere tricolori che stavano a simboleggiare come insegna istituzionale la nuova realtà politica italiana. Al seguito di Bonaparte figuravano due cospicue legioni di italiani, tuttavia formate in forza di pesanti coscrizioni. Quelle leve gettavano i giovani nella disperazione, salvo i casi in cui essi vedevano nelle armi l’unico modo per risolvere i loro problemi di sopravvivenza. In molte migliaia si davano alla macchia o lasciavano clandestinamente l’Italia o infine sceglievano il brigantaggio. Il vessillo di queste legioni fu un tricolore, in aperta assonanza con la bandiera francese, poiché il blu-bianco-rosso diventava il verde-bianco-rosso. Poco dopo, il 7 gennaio 1797, quando era tutta una festa in nome della Libertà e dell’Eguaglianza, si formalizzò a Reggio Emilia in seno all’Assemblea costituente della Repubblica cispadana – la prima grande Repubblica a sfondo democratico in Italia – l’istituzione del drappo destinato a diventare il simbolo della raggiunta unità nazionale. Questo fatto d’imponente rilievo storico avveniva proprio nella città in cui l’anno prima era esploso un forte moto insurrezionale. Il poeta Giosuè Carducci spiegherà i colori con le caratteristiche peculiari della penisola «le nevi delle Alpi, l’aprile delle valli, le fiamme dei vulcani». L'idea di sostituire nella bandiera italiana il blu con il verde l’aveva avuta un ex prete, Giuseppe Compagnoni, giornalista, letterato, patriota e deputato di Lugo di Romagna.