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Il forum dei patrioti italiani

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Accadeva cinquecentotré anni fa.
10 dicembre 1520. Nella piazza di Wittenberg, Martin Lutero brucia la copia della bolla papale Exsurge Domine emanata il 15 giugno 1520. Celebri le parole dell’invocazione iniziale: Exsurge Domine ossia «Alzati, o Dio». Era una citazione dal salmo 74 (73), versetto 22, dove si invocava l’intervento divino per difendere il tempio. Lutero veniva descritto come un cinghiale che, a capo di un esercito di volpi, stava devastando la vigna del Signore, la Chiesa. «Io sono la vite, voi siete i tralci» si legge nei Vangeli (Giovanni 15,5). Vi si sottolineava che Lutero aveva rifiutato l’invito di recarsi a Roma e che nonostante l’esplicito divieto di Pio II si era appellato a un Concilio. La Santa Sede, che non voleva sopprimere il peccatore, ma correggerlo, aveva deciso di conferire all’eremita agostiniano un periodo di sessanta giorni per ritrattare i propri errori. Allo scadere del termine stabilito, costui sarebbe stato condannato per eresia. Il superbo Lutero, sviato dal demonio, voleva recidere il cordone ombelicale che legava la Germania alla Chiesa romana. La Germania era la nazione prediletta della Santa Sede, tanto che il papa intraprese la translatio imperii, il trasferimento dell'Impero da Costantinopoli ai vertici del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica. In cambio di questa elevazione di rango, gli imperatori della Germania si erano impegnati a dimostrare eterna gratitudine e fedeltà al papa, e a tutelarne i legittimi privilegi, anche a costo d’impugnar la spada. La Curia respinse per decenni i Gravamina, le accuse dei contribuenti di gravare eccessivamente l’economia tedesca con le imposte ecclesiastiche, apportando argomentazioni tratte dall’arsenale retorico degli umanisti romani: in confronto ai tesori della fede e della civilizzazione, il prezzo pagato dagli ex barbari non sarebbe mai stato eccessivo! Questo tipo di considerazioni risultavano provocatorie e moleste per gli umanisti tedeschi e per il loro seguito. Ricorrere a una tesi tanto impopolare ferì lo spirito nazionale germanico e fece inconsapevolmente il gioco dei riformatori. Ciò rifletteva una totale miopia sulla situazione politica dell’Impero e dei sentimenti di rivalsa accumulati. Lutero poté giocare la carta del patriottismo, appellandosi alla «alla nobiltà cristiana di nazione tedesca». sostenendo di voler proteggere la sua gente dall’insaziabile bramosia del Papato. I più influenti umanisti tedeschi, primo tra tutti Ulrich von Hutten, videro nel monaco agostiniano il difensore della dignità tedesca e si schierarono fermamente dalla sua parte. Nei suoi Discorsi a tavola, Lutero si richiamò ad Arminio, il condottiero che aveva liberato i germani dal giogo latino. La grandezza germanica si era affermata non grazie a Roma, ma nonostante Roma. Exsurge domine condannava le quarantuno tesi tratte dagli scritti di Lutero, in special modo la critica alla pratica delle indulgenze e della confessione. Il tema poneva al centro del dibattito la dottrina della Giustificazione. Secondo Lutero, i peccati vengono perdonati all’uomo solo grazie alla sua fede; le opere buone di cui parla la Chiesa sono il frutto della fede, ma non hanno ricadute sulla salvezza. Nella visione luterana l’uomo resta peccatore anche dopo il battesimo e non può liberarsi dal peccato con la propria volontà, può solo confidare nella sconfinata misericordia di Cristo. Come conseguenza del peccato originale, la volontà dell’uomo non è libera, ma tende inesorabilmente al male. La mediazione salvifica del sacerdote attraverso i sacramenti riveste un ruolo secondario, se non superfluo. La Santa Sede ritenne che questa dottrina fosse un’inaccettabile svalutazione delle prerogative ecclesiastiche e della promessa del Cristo. Si biasimava altresì il concetto per cui un cristiano aveva il diritto di accogliere o rifiutare le decisioni di un concilio, sulla base della libera interpretazione della Sacra Scrittura. Lutero ingannava gli incolti e metteva in dubbio la disciplina, che era il “nucleo stesso della Chiesa, l’obbedienza, fonte e origine di ogni virtù, senza la quale chiunque può facilmente risultare miscredente.” Si temeva il crescente contagio della disobbedienza, e anzi adottò il parallelismo con la malattia infettiva, vecchio luogo comune riferito all’eresia. Per impedire la diffusione della peste spirituale, i libri di Lutero furono vietati; quelli già pubblicati sarebbero stati ritirati e bruciati. In ultima analisi, se l’eretico avesse ulteriormente ritardato la ritrattazione, sarebbe stato scomunicato, collocato al di fuori della comunità ecclesiastica e civile. E punito dal braccio secolare, la qual cosa non accadde. L'8 luglio 1520 Leone X inviò un Breve a Federico il Saggio, sovrano del monaco sassone: se avesse continuato a difendere l’eretico, sarebbe stato difficile sradicare l’infezione o anche solo arginarla, senza interferire negli equilibri di potere del regno. Inoltre avrebbe peccato nei confronti dei suoi antenati, che avevano combattuto l’eresia hussita, e avrebbe mancato anche alla sua parola di sovrano, violando in modo imperdonabile l’etica aristocratica. Il papa avrebbe fatto il possibile per sciogliere quel legame ingiustificato tra il principe elettore e il monaco ribelle. Lutero, si legge nel Breve, era in balia di una rabbia cieca (vesania) e commetteva un reato dopo l’altro: Così noi chiamiamo Iddio onnipotente e Vostra Altezza a testimonio: da quando abbiamo riconosciuto la follia di Martin Lutero (che non possiamo più chiamare figlio nostro), il quale dapprima per pura cattiveria e con un odio senza precedenti si è scagliato contro la Santa Sede e contro tutto ciò che è romano e in seguito ha sovvertito i fondamenti dell’ortodossia, senza riguardo per la pubblica decenza e per le persone per bene e distruggendo ogni ordine della Chiesa, abbiamo tollerato il suo comportamento più a lungo di quanto richieda la sorveglianza del buon pastore e il suo zelo. Ma l'ambiziosa nobiltà tedesca aveva già deliberato: la dottrina luterana della libertà cristiana interiore apriva la strada al dominio illimitato sui sudditi, che sarebbero passati, come scrisse Marx, dalla «servitù per costrizione alla servitù per devozione».

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