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Il forum dei patrioti italiani

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Accadeva centouno anni fa.
26 novembre 1922. Una data memorabile per l'egittologia e la storia antica. Quel giorno, infatti, dopo sei anni di scavi e ricerche febbrili, nella Valle dei Re fu aperta la porta del sepolcro del faraone Tutankhamon, vissuto tredici secoli prima di Cristo. Il 4 novembre gli operai scoprirono quello che si sarebbe rivelato il primo di una serie di sedici gradini in pietra. I gradini conducevano a una porta bloccata rivestita di intonaco di gesso, di dimensioni ridotte rispetto a quelle delle altre tombe reali nella valle, che recava impressi alcuni sigilli ovali: uno sciacallo (il dio della mummificazione Anubi) accucciato sopra nove prigionieri legati. Convocato dagli operai, Carter praticò un piccolo foro e, con l’ausilio della sua torcia elettrica, riuscì a scorgere un corridoio. La sua agenda tascabile, in data 5 novembre 1922, riporta un laconico: «Scoperta tomba sotto quella di Ramses VI. Ispezionata e trovati sigilli intatti». La scoperta coronava gli sforzi di due uomini: l'archeologo Howard Carter e il suo mecenate lord Carnarvon, un ricchissimo nobile inglese dalla salute cagionevole appassionato di antichità egizie. L’Highclere Castle, la sua dimora di trecento stanze, oggi è nota a molti per essere l’ambientazione della serie televisiva Downton Abbey. Lord Carnavon, considerato il vero autore della scoperta, morì il 5 aprile 1923; nel momento del suo decesso, al Cairo venne inspiegabilmente a mancare la corrente elettrica. Nei mesi seguenti morirono il suo fratellastro, il suo infermiere, un medico che aveva fatto la radiografia alla mummia, un miliardario americano che aveva visitato la tomba e diversi altri studiosi e visitatori: così nacque la leggenda della maledizione di Tutankhamon il quale, infastidito per essere stato disturbato nel suo sonno eterno, si sarebbe vendicato dei profanatori. Stranamente, però, il faraone si sarebbe dimenticato di castigare il principale responsabile, Carter, che «sopravvisse» tredici anni al misfatto. La camera funeraria fu aperta il 17 febbraio 1923. Era quasi interamente occupata da una cappella in legno dorato, con altre quattro cappelle incastrate l'una dentro l'altra. La tomba era stata violata o, per lo meno, i saccheggiatori ci avevano provato senza riuscirci; forse furono interrotti per ragioni che ignoriamo. Per la prima volta, si poteva ammirare un corredo funerario regale completo. Mobili, casse, troni, statue, carri smontati, vasi, coppe ecc. contenute in quattro piccole stanze che, all'origine, non erano certamente destinate a ricevere le spoglie di Tutankhamon. Il primo oggetto visibile era una coppa di alabastro a forma di fior di loto aperto, sulla quale era inciso un testo magnifico: «Che il tuo ka (l'anima o spirito) viva in eterno! Possa trascorrere milioni di anni, o tu che ami Tebe, seduto con il viso rivolto al vento del nord e gli occhi che contemplano la serenità». Il nome di Tutankhamon (ma figura ovunque anche il suo primo nome, Nebkheperura, che significa «Ra è il signore delle trasformazioni») appare su un cofanetto a forma di cartiglio reale è persino su uno scettro. Dall'esame dei fiori deposti nella tomba si è creduto di poter datare il decesso al gennaio 1343. La mummia è molto disseccata. Il cranio è rasato, come quello dei grandi sacerdoti. La mummificazione venne eseguita frettolosamente, poiché l'eccessivo unguento bruciò i tessuti e intaccò le ossa. Una ferita alla guancia sinistra fece pensare che il re fosse stato assassinato, ma si tratta di un indizio alquanto debole. Il corpo era corredato da amuleti apotropaici, sistemati secondo un ordine rituale (sulla fronte il simbolo dell'avvoltoio, che incarna l'Alto Egitto). Questo apparato magico avrebbe permesso al re di vivere nella luce dell'eternità. Il suo occhio destro era assimilato alla barca del giorno, quello sinistro alla barca della notte, il che gli avrebbe permesso di viaggiare, come il sole, negli spazi celesti. La decorazione della camera funeraria costituisce un'eccezione rispetto ai temi convenzionali delle tombe reali. Vi è largo impiego di oro (più di un centinaio di gioielli!), metallo che aiuta a trasmettere l'energia primordiale all'uomo che ha raggiunto la Conoscenza, ma anche simbolo della «carne» degli dei: per questo motivo decorava templi e statue, perché fosse loro data una esistenza divina. La maschera funeraria d'oro di Tutankhamon, oramai iconica, è la più compiuta rappresentazione di tale concetto. Nella sala centrale della sepoltura, chiamata «sala d'oro», erano stati deposti i sarcofagi e le urne funerarie che contenevano il fegato, i polmoni, lo stomaco e gli intestini protetti dalle divinità. Il cuore, simbolo della coscienza, rimaneva nel corpo, ma lo «scarabeo del cuore» sostituiva con un organo spirituale l'organo di carne. In tal modo, le funzioni essenziali del corpo di resurrezione erano assicurate. Una delle scene incise sul cofanetto si svolge in un clima paradisiaco in cui la regina offre mazzi di papiro e di fior di loto a un faraone adolescente. II tema rappresenta il valore sacro dell'amore coniugale. Tutankhamon, sul suo carro, caccia lo struzzo e la iena; come tutti i faraoni, anche lui è un cacciatore e un guerriero. Le cotte di maglia, gli archi, le frecce, i giavellotti, le spade e gli scudi hanno qui un significato rituale: quando il re tira con l'arco contro un esercito nemico formato da neri e asiatici, mette fine al disordine e alla disarmonia. Ogni pezzo del grande carro placcato d'oro era infatti consacrato a un dio; quando Tutankhamon lo utilizzava per apparire in gloria, veniva paragonato al sole che sorge. Nell'angolo sudoccidentale della camera era stata deposta una cassa; al suo interno si trovava un telaio la cui forma è quella di Osiride: lì si metteva la terra del Nilo seminata a grano che, quando germinava, sembrava fuoriuscire direttamente dal corpo di Osiride; era la vita che nasceva dalla morte. Tutankhamon non ha lasciato tracce nella storia; ma il tesoro che ci ha trasmesso - un ricco patrimonio artistico, spirituale e simbolico - ha donato l'eternità alla gloria dell'Egitto.

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