Accadeva centoundici anni fa.
1 novembre 1911. Durante la guerra italo-turca, il Sottotenente Giulio Gavotti, sorvolando gli avamposti nemici a bordo del suo monoplano tedesco Etrich Taube, lanciò una bomba su Ain Zara e tre sull’oasi di Tagiura, in Tripolitania (Libia). L’azione è da ritenersi il primo bombardamento aereo della storia. Le bombe, del peso di 2 kg e poco più grandi di un’arancia, erano le Cipelli; bastava scagliarle con la mano dopo averne strappato la sicura, spesso con l’ausilio dei denti. Soltanto nel 1912 gli avieri riceveranno speciali cassette denominate Campodonico, ciascuna contenente dieci ordigni. Gli effetti dei raid furono più psicologici che pratici. La funzione degli aerei – e dei dirigibili – era ancora prevalentemente ricognitiva (si pensi ai palloni frenati, detti anche drachen). Le operazioni subirono ritardi e complicazioni a causa dei numerosi acquazzoni che finirono con l’allagare il campo di aviazione, per non parlare del vento che rendeva difficoltose le manovre di decollo. Nella campagna di Libia in totale furono impiegati 22 aerei, 3 dirigibili e dieci palloni frenati. Il conflitto, durato poco più di un anno, ha assunto particolare rilevanza nella storia dell’aeronautica, in quanto ha costituito il primo caso al mondo di impiego bellico degli aeroplani. Da allora nomi come quello di Piazza, Gavotti o Moizo, tanto per limitarci ai più noti, sono ormai legati storicamente alla prima missione di ricognizione strategica, al primo bombardamento, al primo volo di guerra notturno, alla prima missione di aerocooperazione o alla prima concezione dell’aviazione da caccia. In quegli anni l’Italia è anche il primo paese, e per lungo tempo l’unico, nel quale si sviluppa, grazie a Giulio Douhet, una vera e propria dottrina del potere aereo e del suo impiego nel campo strategico, una dottrina che fa del “dominio dell’aria” la chiave di volta decisiva per il conseguimento della vittoria finale in un conflitto moderno.
1 novembre 1911. Durante la guerra italo-turca, il Sottotenente Giulio Gavotti, sorvolando gli avamposti nemici a bordo del suo monoplano tedesco Etrich Taube, lanciò una bomba su Ain Zara e tre sull’oasi di Tagiura, in Tripolitania (Libia). L’azione è da ritenersi il primo bombardamento aereo della storia. Le bombe, del peso di 2 kg e poco più grandi di un’arancia, erano le Cipelli; bastava scagliarle con la mano dopo averne strappato la sicura, spesso con l’ausilio dei denti. Soltanto nel 1912 gli avieri riceveranno speciali cassette denominate Campodonico, ciascuna contenente dieci ordigni. Gli effetti dei raid furono più psicologici che pratici. La funzione degli aerei – e dei dirigibili – era ancora prevalentemente ricognitiva (si pensi ai palloni frenati, detti anche drachen). Le operazioni subirono ritardi e complicazioni a causa dei numerosi acquazzoni che finirono con l’allagare il campo di aviazione, per non parlare del vento che rendeva difficoltose le manovre di decollo. Nella campagna di Libia in totale furono impiegati 22 aerei, 3 dirigibili e dieci palloni frenati. Il conflitto, durato poco più di un anno, ha assunto particolare rilevanza nella storia dell’aeronautica, in quanto ha costituito il primo caso al mondo di impiego bellico degli aeroplani. Da allora nomi come quello di Piazza, Gavotti o Moizo, tanto per limitarci ai più noti, sono ormai legati storicamente alla prima missione di ricognizione strategica, al primo bombardamento, al primo volo di guerra notturno, alla prima missione di aerocooperazione o alla prima concezione dell’aviazione da caccia. In quegli anni l’Italia è anche il primo paese, e per lungo tempo l’unico, nel quale si sviluppa, grazie a Giulio Douhet, una vera e propria dottrina del potere aereo e del suo impiego nel campo strategico, una dottrina che fa del “dominio dell’aria” la chiave di volta decisiva per il conseguimento della vittoria finale in un conflitto moderno.