Chiunque voglia farsi un'opinione di qualcosa, deve leggere molto. A maggior ragione chi, come il sottoscritto, nel lontano 2003 ha messo mano alla penna - o meglio alla tastiera - e ha deciso di mettere, nero su bianco, la sua visione delle cose che lo circondano, deve ogni giorno aggiornarsi, a partire da ciò che pensano i suoi "avversari", così da rafforzare il proprio punto di vista del mondo così da avere una risposta da dare anche e soprattutto alle obiezioni più intelligenti. C'è tuttavia un limite minimo che io richiedo al mio interlocutore al di sotto del quale c'è nient'altro che il disprezzo: ogni suo testo deve essere privo di moralismo. In sintesi, se qualcuno mi convince pragmaticamente che noi dovremmo sostenere l'Ucraina, io lo ascolto volentieri. Se inizia a dire che bisogna difenderla perché Putin è l'erede di Hitler, è un mafioso, un delinquente, alla prima occasione gli dico che ho un impegno e lo saluto. Non si tratta di "non rispettare chi la pensa diversamente", ma di adottare, nell'analisi della realtà, un approccio da adulti, che vada quindi oltre lo schema indiani contro cowboy che è un modo idiota di affrontare una questione delicatissima, che mi toglie ogni motivazione nel dibattere, di discutere. Dal vivo, per esempio, quando vedo che la discussione prende una piega moralistica e quando vedo che l'interlocutore non ha lo spessore per affrontare seriamente il tema di cui parla - ma soprattutto, quando mi rendo conto che mostrargli la sua palese inadeguatezza non mi porta alcun guadagno personale ed anzi solo gratuite antipatie - con una scusa mi defilo e me ne vado da un'altra parte. Dovrei contestare ogni aspetto delle le scemenze che sento. E per cosa poi? Per perdere l'amicizia con persone gradevolissime che hanno tuttavia l'unico difetto di non andare oltre le balle di regime e i propri pregiudizi? Ne vale la pena? Per me no. E dunque evito e amen. Ma dal momento che ho avuto la balzana idea di costituire una postazione dalla quale, nelle sue varie declinazioni, far dipanare le mie riflessioni e c'è persino qualche sant'uomo e santa donna che mi ritengono degno di essere letto, a certe domande ho il dovere di rispondere. E la domanda, che mi viene riproposta proprio nei giorni del venticinquesimo anniversario dell'ascesa al potere di Putin, è giustappunto questa: Putin è un criminale?
Partiamo da una premessa apparentemente banale: Putin è un essere umano, con pulsioni che, in misura diversa - e con diverse abilità nel gestirle - abbiamo tutti noi. Io sognavo di diventare una sorta di Berlusconi meridionale che avrebbe creato qualcosa di simile a quel che ha creato quello settentrionale ed originale al Nord, magari comprando pure il Napoli e portandolo ai vertici del calcio mondiale, una roba che se mi leggessero quelli di Io Professione Mitomane, con uno come me avrebbero di che divertirsi. Qualcun altro sogna di diventare astronauta, qualcun altro di diventare un luminare del suo campo. Insomma, ognuno di noi ha delle pulsioni che lo portano ad espandere il proprio spazio vitale. Questo ha a che fare col testosterone che ci porta ad avere una forte ambizione né più né meno di quanto porti un gatto ad andare a caccia di nuovi territori. E che spiega anche perché, al potere, tendano ad andarci molti più uomini che donne, le quali, per giunta, quando vi approdano, tutto sono fuorché esempi di femminilità. Putin ha espresso il suo testosterone cercando di acquisire potere fino ad averne così tanto che, nel lontano 1999, Boris Eltsin, ormai vecchio e schiavo dell'alcool si dimette nominandolo suo successore e facendolo diventare il grande protagonista della politica del Terzo Millennio.
Non si arriva a questi livelli senza sporcarsi. Tanto per cominciare, ogni uomo, per conquistare il potere, ha bisogno di piacere a tanta gente a cui fa dei favori, che poi glieli ricambierà. Ma per poter fare dei favori, deve avere soldi, mezzi e conoscenze, che gli permettano di poter creare un vasto clan. Dal momento che non è l'unico a voler contendersi questo capitale, dovrà scontrarsi con altri uomini potere i quali faranno di tutto per fargli del male. Sicché l'ambizioso ha due possibilità: o rifiuta di coltivare una carriera politica e finisce per fare la fine del sottoscritto, ossia aprirsi uno spazio dove, atteggiandosi a Machiavelli dei poveri, cerca di spiegare i fatti offrendo una visuale cinica della politica, oppure decide di sporcarsi le mani. Se sceglie quest'ultima strada, dovrà costituire una sorta di cosca mafiosa che gli permetta di colpire l'avversario prima che quest'ultimo colpisca lui, col risultato di trasformarsi, inevitabilmente in un criminale.
Putin viene dal KGB, un posto dove il malaffare, in tutte le sue forme, è così avvolgente e opprimente, che si fa carriera solo se si sviluppa una mentalità mafiosa, compresa la prospettiva di far ammazzare i nemici, quali essi siano. Pretendere che un personaggio di questo tipo potesse rimanere pulito è totalmente ridicolo. E infatti, l'uomo saggio, quando vede qualcuno di questi grandi statisti, non si chiede se sia onesto, perbene, abbia le mani pulite e quant'altro, semmai si limita ad identificare una sfera d'interesse e si chiede se il politico in questione glieli fa. Quando, per esempio, Berlusconi è diventato presidente del Consiglio, milioni di italiani non si sono chiesti se, a suo tempo, avesse assunto Mangano in qualità di stalliere o di mafioso e se avesse avuto davvero rapporti con la mafia - tutte questioni pretestuose (praticamente chiunque, nel sistema politico italiano, è sceso a patto con realtà che definiremmo eufemisticamente controverse) - ma se con lui la qualità della vita sarebbe migliorata. Io avevo certi interessi che, secondo me, il Cavaliere tutelava e l'ho votato fin quando ho avuto questa percezione, pur conoscendo i suoi scheletri nell'armadio. Analogamente, molti russi, che l'era Eltsin se la ricordano bene, se ne fottono se Putin fa fuori i suoi nemici con proiettili marca FSB o facendogli sniffare il polonio radioattivo, ed anzi gli tributeranno eterna fedeltà fin quando avranno la percezione che, sotto la sua guida, la Federazione Russa rimarrà un paese prospero, indipendentemente dalla circostanza che, come dicono i buontemponi del Detonatore, si sia arricchito personalmente o abbia fatto fuori qualcuno. Craxi, secondo i questurini di Mani Pulite ed i loro protesici accoliti giornalistici, avrebbe rubato quasi 100 miliardi di lire, pari a cinquanta milioni di euro, cioè i guadagni di un CEO in molte banche, con una differenza: Craxi ha preso un paese asfittico degli anni '70 e ne ha fatto un’economia che entrava al G7 guardando gli inglesi dall’alto al basso. Posso dire una cosa? Se domani tornasse Craxi travestito, e di milioni di euro ne chiedesse CENTO, per far uscire l'Italia dalla crisi e riportarla nel G7, tutti noi glieli daremmo al volo, facendo fuori tutti quelli che gli si frapponessero davanti, senza alcun rimpianto.
Putin ha preso una Russia, già traumatizzata dal crollo dell'URSS, ad un passo dalla balcanizzazione, dove non si poteva camminare per strada da soli, dove la gente moriva di freddo in casa perché non aveva i soldi per pagare il gas, dove la borsa nera dominava, in una situazione analoga alla Germania di Weimar - quella dove un hamburger costava miliardi di marchi - e dove il governo russo doveva chiedere permesso agli americani per qualsiasi cosa facessero, come se fossero una colonia. Con lui al Cremlino, la Federazione Russa ha quadruplicato il suo PIL, quasi azzerato il proprio debito, ridotto ai minimi termini la criminalità, sconfitto il terrorismo e recuperato un posto di prestigio nello scacchiere geopolitico.
Ha rubato qualcosa? Si è arricchito? Ha fatto fuori qualcuno? Chi davvero capisce di politica, sa che queste cose sono inevitabili. Nessun uomo insegue il potere per fare il missionario, ed è ovvio che, dove potrà farlo, si arricchirà anche personalmente. Ma quello che conta è se quella sua corsa per il potere fa stare meglio le persone che lo seguono. Perché la politica non è quella robetta sciocca che vi fanno credere giornalmente nei talk-show televisivi. La politica è, per dirla con Formica, sangue e merda. Il compito di un politico non è di piacere a Lilli Gruber ma di far stare bene la gente, anche a costo di sporcarsi le mani.
Partiamo da una premessa apparentemente banale: Putin è un essere umano, con pulsioni che, in misura diversa - e con diverse abilità nel gestirle - abbiamo tutti noi. Io sognavo di diventare una sorta di Berlusconi meridionale che avrebbe creato qualcosa di simile a quel che ha creato quello settentrionale ed originale al Nord, magari comprando pure il Napoli e portandolo ai vertici del calcio mondiale, una roba che se mi leggessero quelli di Io Professione Mitomane, con uno come me avrebbero di che divertirsi. Qualcun altro sogna di diventare astronauta, qualcun altro di diventare un luminare del suo campo. Insomma, ognuno di noi ha delle pulsioni che lo portano ad espandere il proprio spazio vitale. Questo ha a che fare col testosterone che ci porta ad avere una forte ambizione né più né meno di quanto porti un gatto ad andare a caccia di nuovi territori. E che spiega anche perché, al potere, tendano ad andarci molti più uomini che donne, le quali, per giunta, quando vi approdano, tutto sono fuorché esempi di femminilità. Putin ha espresso il suo testosterone cercando di acquisire potere fino ad averne così tanto che, nel lontano 1999, Boris Eltsin, ormai vecchio e schiavo dell'alcool si dimette nominandolo suo successore e facendolo diventare il grande protagonista della politica del Terzo Millennio.
Non si arriva a questi livelli senza sporcarsi. Tanto per cominciare, ogni uomo, per conquistare il potere, ha bisogno di piacere a tanta gente a cui fa dei favori, che poi glieli ricambierà. Ma per poter fare dei favori, deve avere soldi, mezzi e conoscenze, che gli permettano di poter creare un vasto clan. Dal momento che non è l'unico a voler contendersi questo capitale, dovrà scontrarsi con altri uomini potere i quali faranno di tutto per fargli del male. Sicché l'ambizioso ha due possibilità: o rifiuta di coltivare una carriera politica e finisce per fare la fine del sottoscritto, ossia aprirsi uno spazio dove, atteggiandosi a Machiavelli dei poveri, cerca di spiegare i fatti offrendo una visuale cinica della politica, oppure decide di sporcarsi le mani. Se sceglie quest'ultima strada, dovrà costituire una sorta di cosca mafiosa che gli permetta di colpire l'avversario prima che quest'ultimo colpisca lui, col risultato di trasformarsi, inevitabilmente in un criminale.
Putin viene dal KGB, un posto dove il malaffare, in tutte le sue forme, è così avvolgente e opprimente, che si fa carriera solo se si sviluppa una mentalità mafiosa, compresa la prospettiva di far ammazzare i nemici, quali essi siano. Pretendere che un personaggio di questo tipo potesse rimanere pulito è totalmente ridicolo. E infatti, l'uomo saggio, quando vede qualcuno di questi grandi statisti, non si chiede se sia onesto, perbene, abbia le mani pulite e quant'altro, semmai si limita ad identificare una sfera d'interesse e si chiede se il politico in questione glieli fa. Quando, per esempio, Berlusconi è diventato presidente del Consiglio, milioni di italiani non si sono chiesti se, a suo tempo, avesse assunto Mangano in qualità di stalliere o di mafioso e se avesse avuto davvero rapporti con la mafia - tutte questioni pretestuose (praticamente chiunque, nel sistema politico italiano, è sceso a patto con realtà che definiremmo eufemisticamente controverse) - ma se con lui la qualità della vita sarebbe migliorata. Io avevo certi interessi che, secondo me, il Cavaliere tutelava e l'ho votato fin quando ho avuto questa percezione, pur conoscendo i suoi scheletri nell'armadio. Analogamente, molti russi, che l'era Eltsin se la ricordano bene, se ne fottono se Putin fa fuori i suoi nemici con proiettili marca FSB o facendogli sniffare il polonio radioattivo, ed anzi gli tributeranno eterna fedeltà fin quando avranno la percezione che, sotto la sua guida, la Federazione Russa rimarrà un paese prospero, indipendentemente dalla circostanza che, come dicono i buontemponi del Detonatore, si sia arricchito personalmente o abbia fatto fuori qualcuno. Craxi, secondo i questurini di Mani Pulite ed i loro protesici accoliti giornalistici, avrebbe rubato quasi 100 miliardi di lire, pari a cinquanta milioni di euro, cioè i guadagni di un CEO in molte banche, con una differenza: Craxi ha preso un paese asfittico degli anni '70 e ne ha fatto un’economia che entrava al G7 guardando gli inglesi dall’alto al basso. Posso dire una cosa? Se domani tornasse Craxi travestito, e di milioni di euro ne chiedesse CENTO, per far uscire l'Italia dalla crisi e riportarla nel G7, tutti noi glieli daremmo al volo, facendo fuori tutti quelli che gli si frapponessero davanti, senza alcun rimpianto.
Putin ha preso una Russia, già traumatizzata dal crollo dell'URSS, ad un passo dalla balcanizzazione, dove non si poteva camminare per strada da soli, dove la gente moriva di freddo in casa perché non aveva i soldi per pagare il gas, dove la borsa nera dominava, in una situazione analoga alla Germania di Weimar - quella dove un hamburger costava miliardi di marchi - e dove il governo russo doveva chiedere permesso agli americani per qualsiasi cosa facessero, come se fossero una colonia. Con lui al Cremlino, la Federazione Russa ha quadruplicato il suo PIL, quasi azzerato il proprio debito, ridotto ai minimi termini la criminalità, sconfitto il terrorismo e recuperato un posto di prestigio nello scacchiere geopolitico.
Ha rubato qualcosa? Si è arricchito? Ha fatto fuori qualcuno? Chi davvero capisce di politica, sa che queste cose sono inevitabili. Nessun uomo insegue il potere per fare il missionario, ed è ovvio che, dove potrà farlo, si arricchirà anche personalmente. Ma quello che conta è se quella sua corsa per il potere fa stare meglio le persone che lo seguono. Perché la politica non è quella robetta sciocca che vi fanno credere giornalmente nei talk-show televisivi. La politica è, per dirla con Formica, sangue e merda. Il compito di un politico non è di piacere a Lilli Gruber ma di far stare bene la gente, anche a costo di sporcarsi le mani.
Sicché Putin è indiscutibilmente un criminale ed un grandissimo statista. Come tutti i grandi politici. E dirò di più. E' molto meno criminale dei moralisti che oggi lo attaccano.
Franco Marino
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