Ho più volte scritto che detesto la cronaca nera e, nondimeno, tutti, almeno una volta, hanno sentito nominare il delitto di Garlasco. Così quando ho letto la notizia dell'iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi - la vittima - riconosco di aver provato un certo stupore, non da appassionato di cronaca nera ma da persona che, sia per studi che per una delicata vicenda personale che sto vivendo, sente molto il tema dei diritti di un indagato o imputato e che francamente non si aspettava questo esito.
La prima cosa da dire è che la stragrande maggioranza dei processi per questi delitti cosiddetti passionali si fonda su indizi talmente labili e su una visione talmente ideologica delle dinamiche di un rapporto in crisi, che c'è davvero da aver paura della giustizia italiana e di quanto sia condizionabile. Se, per esempio, andiamo a vedere giustappunto il caso del Delitto di Garlasco ma anche quello di altri delitti molto famosi come quello di Melania Rea o di Roberta Ragusa, scopriremo che Stasi, Parolisi e Logli sono stati condannati praticamente sulla base di moventi e di ideologismi ma che manchi tutto il resto. Sia detto al passaggio, anche io credo che siano colpevoli, ma "io credo", soprattutto se viene da un signor nessuno come chi scrive, nel diritto non ha il minimo valore. O si ha la certezza totale che un imputato è colpevole oppure va assolto "senza se e senza ma".
L'unico straccio di movente alla base dell'omicidio di Chiara Poggi pare sia che questa poveretta avesse scoperto foto pedopornografiche sul computer del ragazzo, senza che nessuno sappia con certezza se la ragazza pensasse che quei file fossero finiti nel computer del ragazzo per SUA volontà - e non perché ha casualmente navigato su un sito porno magari pieno di virus - né se effettivamente la ragazza avesse scoperto quei file e se, dunque, ci sia stata la conseguente lite che poi avrebbe portato al delitto. Negli altri due casi, mancano l'arma del delitto, il DNA dell'assassino ma i giudici hanno già stabilito che i colpevoli sono Parolisi e Logli perché mettevano le corna alle mogli. E intendiamoci, che le corna possano ispirare un uxoricidio è un dato di fatto, ma non è che se una moglie muore assassinata, automaticamente è stato il marito solo perché nel frattempo quest'ultimo si fa ciucciare l'augiello da un'altra donna, circostanza questa comune diciamo ad un buon 80% dei matrimoni italiani che non necessariamente sfociano in un delitto. In assenza di ulteriori indizi, in uno stato di diritto sano, i giudici assolvono e la questione finisce lì. Nel sistema italiano, ormai basta uno scheletruccio nell'armadio per finire sotto la lente d'ingrandimento di un'opinione pubblica che, d'altro canto, non è animata dalla volontà che sia fatta giustizia ma dall'esigenza di sfogare il proprio adrenalinico bigottume attraverso la punizione del capro espiatorio di turno per via della sua condotta deprecabile, indipendentemente dal fatto che poi quel capro sia effettivamente colpevole. E' sufficiente uno sguardo su Twitter durante una puntata di Chi l'ha visto o Quarto Grado, per spegnere ogni illusione sull'evoluzione della specie umana, in un profluvio di insulti e giudizi tagliati con l'accetta sull'assassino più o meno presunto, prorotti da orde barbariche di imbecilli e ignoranti che non hanno mai frequentato neanche un'ora di lezioni di diritto né letto neanche una riga delle carte processuali e che si schierano, quindi, con l'una e con l'altra tesi soltanto per simpatia o antipatia e con un'arroganza e un'aggressività che avrebbe un senso solo se la vicenda li toccasse direttamente.
Il fatto che Andrea Sempio, dopo diciott'anni, sia indagato, porta a vedere da un'angolazione diversa anche la posizione di Stasi. In tal senso, non è dato sapere e capire quanto gli elementi a carico del nuovo indagato possano riaprire la partita, ma una cosa è certa: se si scoprisse che l'assassino è un altro e che Stasi è innocente, l'intero sistema giudiziario italiano e, con esso, quello mediatico, ci avrebbe fatto una colossale figura di merda, non tanto per il tempo impiegato a trovare l'assassino - circostanza che appartiene alla fisiologia, non alla patologia, delle cose (esistono assassini più abili delle forze dell'ordine) - ma perché un innocente si è fatto quasi diciotto anni di processo, di cui dieci da carcerato e sulla base di indizi che si sono rivelati fallaci. La semplice prospettiva dovrebbe indurre i media ad una maggiore prudenza con questo indagato. E infatti il fesso ingenuotto (io) pensa "Stavolta faranno tutto con molta attenzione, valuteranno gli indizi con una certa prudenza, faranno attenzione a formulare congetture per evitare un'ennesima figura cacina". Neanche per sogno. Riecco, invece, la ricerca disperata del movente, l'appigliamento al DNA ritrovato in casa Poggi - circostanza che data la conoscenza tra Sempio e la Poggi, sarebbe più che normale - i fantomatici due capelli del neo-assassino ritrovati nel lavandino della vittima, il consueto lombrosismo da un euro al chilo del popolino bue ("quello ha gli occhi di ghiaccio", "quello ha lo sguardo insincero") e tutta una serie di congetture che rischiano di creare uno Stasi-bis e dunque di trascinare un altro disgraziato nelle maglie di una giustizia che non sa dire alle masse vocianti che nessun desiderio, per quanto umanamente comprensibile, di veder assicurare alla giustizia un assassino, vale il rischio che un innocente si faccia tanti anni di carcere. E tutto questo nell'interesse di tutti. Perché sono tutti giustizialisti col deretano altrui, salvo poi scoprire quanto siano importanti le garanzie individuali, quando ci si finisce per lo mezzo.
La realtà è che la cronaca nera dovrebbe sparire dalle aule giudiziarie e limitarsi alle informazioni. Gelide, secche, taglienti, come una relazione di servizio fatta dal carabiniere al magistrato. "E' stata uccisa Chiara Poggi" "E' stato indagato Alberto Stasi" "E' stato assolto in primo grado Alberto Stasi", "E' stato assolto in Appello Alberto Stasi", "E' stato condannato in Cassazione Alberto Stasi", "E' indagato Andrea Sempio". E, in fondo, ai più perversamente appassionati di cronaca, si può anche dare la possibilità di assistere al processo. L'informazione è questa. E basta. Non l'opinionismo di criminologi, di preti televisivi progressisti, di politici che non sanno nulla di ciò di cui parlano e che tuttavia pontificano con l'aria di chi crede di aver capito tutto.
Naturalmente non chiedo l'abolizione della cronaca nera come fece Mussolini - quella del titolo è una provocazione - ma occorrerebbe da parte dell'opinione pubblica uno scatto in avanti nella percezione che il processo è un momento di estrema serietà che non può essere trasformato in un reality show e che chi lo subisce, se sa di essere innocente, vive un terribile dramma.
La prima cosa da dire è che la stragrande maggioranza dei processi per questi delitti cosiddetti passionali si fonda su indizi talmente labili e su una visione talmente ideologica delle dinamiche di un rapporto in crisi, che c'è davvero da aver paura della giustizia italiana e di quanto sia condizionabile. Se, per esempio, andiamo a vedere giustappunto il caso del Delitto di Garlasco ma anche quello di altri delitti molto famosi come quello di Melania Rea o di Roberta Ragusa, scopriremo che Stasi, Parolisi e Logli sono stati condannati praticamente sulla base di moventi e di ideologismi ma che manchi tutto il resto. Sia detto al passaggio, anche io credo che siano colpevoli, ma "io credo", soprattutto se viene da un signor nessuno come chi scrive, nel diritto non ha il minimo valore. O si ha la certezza totale che un imputato è colpevole oppure va assolto "senza se e senza ma".
L'unico straccio di movente alla base dell'omicidio di Chiara Poggi pare sia che questa poveretta avesse scoperto foto pedopornografiche sul computer del ragazzo, senza che nessuno sappia con certezza se la ragazza pensasse che quei file fossero finiti nel computer del ragazzo per SUA volontà - e non perché ha casualmente navigato su un sito porno magari pieno di virus - né se effettivamente la ragazza avesse scoperto quei file e se, dunque, ci sia stata la conseguente lite che poi avrebbe portato al delitto. Negli altri due casi, mancano l'arma del delitto, il DNA dell'assassino ma i giudici hanno già stabilito che i colpevoli sono Parolisi e Logli perché mettevano le corna alle mogli. E intendiamoci, che le corna possano ispirare un uxoricidio è un dato di fatto, ma non è che se una moglie muore assassinata, automaticamente è stato il marito solo perché nel frattempo quest'ultimo si fa ciucciare l'augiello da un'altra donna, circostanza questa comune diciamo ad un buon 80% dei matrimoni italiani che non necessariamente sfociano in un delitto. In assenza di ulteriori indizi, in uno stato di diritto sano, i giudici assolvono e la questione finisce lì. Nel sistema italiano, ormai basta uno scheletruccio nell'armadio per finire sotto la lente d'ingrandimento di un'opinione pubblica che, d'altro canto, non è animata dalla volontà che sia fatta giustizia ma dall'esigenza di sfogare il proprio adrenalinico bigottume attraverso la punizione del capro espiatorio di turno per via della sua condotta deprecabile, indipendentemente dal fatto che poi quel capro sia effettivamente colpevole. E' sufficiente uno sguardo su Twitter durante una puntata di Chi l'ha visto o Quarto Grado, per spegnere ogni illusione sull'evoluzione della specie umana, in un profluvio di insulti e giudizi tagliati con l'accetta sull'assassino più o meno presunto, prorotti da orde barbariche di imbecilli e ignoranti che non hanno mai frequentato neanche un'ora di lezioni di diritto né letto neanche una riga delle carte processuali e che si schierano, quindi, con l'una e con l'altra tesi soltanto per simpatia o antipatia e con un'arroganza e un'aggressività che avrebbe un senso solo se la vicenda li toccasse direttamente.
Il fatto che Andrea Sempio, dopo diciott'anni, sia indagato, porta a vedere da un'angolazione diversa anche la posizione di Stasi. In tal senso, non è dato sapere e capire quanto gli elementi a carico del nuovo indagato possano riaprire la partita, ma una cosa è certa: se si scoprisse che l'assassino è un altro e che Stasi è innocente, l'intero sistema giudiziario italiano e, con esso, quello mediatico, ci avrebbe fatto una colossale figura di merda, non tanto per il tempo impiegato a trovare l'assassino - circostanza che appartiene alla fisiologia, non alla patologia, delle cose (esistono assassini più abili delle forze dell'ordine) - ma perché un innocente si è fatto quasi diciotto anni di processo, di cui dieci da carcerato e sulla base di indizi che si sono rivelati fallaci. La semplice prospettiva dovrebbe indurre i media ad una maggiore prudenza con questo indagato. E infatti il fesso ingenuotto (io) pensa "Stavolta faranno tutto con molta attenzione, valuteranno gli indizi con una certa prudenza, faranno attenzione a formulare congetture per evitare un'ennesima figura cacina". Neanche per sogno. Riecco, invece, la ricerca disperata del movente, l'appigliamento al DNA ritrovato in casa Poggi - circostanza che data la conoscenza tra Sempio e la Poggi, sarebbe più che normale - i fantomatici due capelli del neo-assassino ritrovati nel lavandino della vittima, il consueto lombrosismo da un euro al chilo del popolino bue ("quello ha gli occhi di ghiaccio", "quello ha lo sguardo insincero") e tutta una serie di congetture che rischiano di creare uno Stasi-bis e dunque di trascinare un altro disgraziato nelle maglie di una giustizia che non sa dire alle masse vocianti che nessun desiderio, per quanto umanamente comprensibile, di veder assicurare alla giustizia un assassino, vale il rischio che un innocente si faccia tanti anni di carcere. E tutto questo nell'interesse di tutti. Perché sono tutti giustizialisti col deretano altrui, salvo poi scoprire quanto siano importanti le garanzie individuali, quando ci si finisce per lo mezzo.
La realtà è che la cronaca nera dovrebbe sparire dalle aule giudiziarie e limitarsi alle informazioni. Gelide, secche, taglienti, come una relazione di servizio fatta dal carabiniere al magistrato. "E' stata uccisa Chiara Poggi" "E' stato indagato Alberto Stasi" "E' stato assolto in primo grado Alberto Stasi", "E' stato assolto in Appello Alberto Stasi", "E' stato condannato in Cassazione Alberto Stasi", "E' indagato Andrea Sempio". E, in fondo, ai più perversamente appassionati di cronaca, si può anche dare la possibilità di assistere al processo. L'informazione è questa. E basta. Non l'opinionismo di criminologi, di preti televisivi progressisti, di politici che non sanno nulla di ciò di cui parlano e che tuttavia pontificano con l'aria di chi crede di aver capito tutto.
Naturalmente non chiedo l'abolizione della cronaca nera come fece Mussolini - quella del titolo è una provocazione - ma occorrerebbe da parte dell'opinione pubblica uno scatto in avanti nella percezione che il processo è un momento di estrema serietà che non può essere trasformato in un reality show e che chi lo subisce, se sa di essere innocente, vive un terribile dramma.
Ma il fatto che io abbia utilizzato il condizionale contiene già in sé la consapevolezza che questo salto culturale non avverrà mai.
Franco Marino
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