Non essendo un giornalista professionista, sono in grossa difficoltà quando faccende personali e, in generale, una certa stanchezza mentale, mi rendono difficile scrivere un articolo, inseguendo i fatti che, per un motivo o per un altro, i media trasformano in eventi epocali. Ma un'ancora di salvezza viene dal fatto che i fatti stessi, spesso, sono molto meno importanti di quanto si vorrebbe far credere, se essi consistono in puri e semplici show.
Se già, per esempio, prendiamo l'incontro tra Trump e Zelensky, su cui molti stanno alluvionando i social ("Trump ha vinto! No ha vinto Zelensky!"), molti lo pompano come un "evento epocale che cambierà per sempre il modo di fare le trattative", mostrando un'ingenuità talmente disarmante che se uno, poco poco, avesse voglia di insultare chi dice queste castronerie, non gli resterebbe che desistere. Sparare sugli ingenui è come prendersela con la Croce Rossa. Perché alla Casa Bianca è successo tutto, tranne ciò che si vuol far credere. Certo, quella lite è l'esatta esemplificazione dello "stile Trump": aprire le porte dei cessi e far sentire l'olezzo della politica internazionale che è esattamente questo qui. Nella realtà, scenette come quella dell'altro giorno sono sistematiche nelle cancellerie di tutto il globo terracqueo, dove non conta il vestiario, l'aspetto fisico, ma i rapporti di forza. E il più grande umilia sempre il più piccolo. Può farlo in maniera democristiana, con i nastrini di seta, oppure come il cowboy molto più a proprio agio col tintinnio dei soldi che con l'esibizione di retorica magari con la bibbia in mano, in stile Carter. Ma il punto è che nella geopolitica il pesce grande mangia sempre il pesce piccolo. Una legge del mare che vale anche nelle azzimate e patinate stanze presidenziali.
Questa premessa introduce il senso dell'articolo che ambisce - stabilite voi se è un'ambizione mal riposta o meno - ad essere molto più profondo della dimensione pop del dibattito, ossia mostrare ai lettori il "non detto" della conferenza, ciò che c'è dietro alle righe. E quindi descriveremo la questione in più punti.
Primo punto: nessun leader politico si presta ad una manfrina del genere in favore dei media perché "così gli gira la testa". La cosa più stupida che si potrebbe fare è quella di far passare Trump come un pazzo o come un uomo affetto da demenza senile, quando invece sa benissimo quello che sta facendo, ossia una cosa molto semplice: parlare in codice. In estrema sintesi, il vecchio Donald, maltrattando Zelensky - cosa che, peraltro, ha sempre fatto sin da quando quest'ultimo è apparso sul proscenio - ha lanciato dei segnali in primis agli alleati storici, dunque ai paesi europei. E il senso del discorso è estremamente semplice: "cari signori, è inutile che incolpiate me di quanto accaduto in Ucraina, che è tutta colpa di Biden. Con me le cose cambiano. Lo vedete come sto trattando il mio alleato? Non me ne frega niente dei poveri ucraini massacrati, l'America è un grande pugile che si batte in vostro favore soltanto se offrite una borsa all'altezza della sua fama". Si potrebbe ricordare al presidente USA che lui, in quanto americano, essendo il presidente di tutti gli americani, è responsabile anche di quanto fatto dai suoi predecessori. Gli si potrebbe citare il discorso con cui De Gasperi, che pure fece la resistenza e dunque non si era reso partecipe del Ventennio, prese la parola al tavolo della pace dopo la Seconda Guerra Mondiale consapevole di essere il presidente di un paese che aveva perso e rivolgendosi ai suoi nemici, parlò da presidente di un paese vinto, esordendo con questo storico incipit "sento che tutto è contro di me, salvo la vostra personale cortesia". Ma Trump, a sua volta, potrebbe dire "De Gasperi aveva perso una guerra, noi non abbiamo perso nessuna guerra". Che è poi il senso anche del discorso fatto a Zelensky. In parole povere, l'Europa è in grossi guai perché se a qualcuno, adesso - non necessariamente Putin (anzi io credo che le possibilità siano pari a zero) - saltasse il ticchio di invadere l'Europa, l'America non muoverebbe un dito, a meno di accordi vessatori molto sfavorevoli, che ovviamente si riverbereranno sui cittadini comuni.
Secondo punto: Trump è il presidente degli Stati Uniti, non dell'Unione Europea, nei confronti della quale non ha alcun dovere, salvo quelli dettati dalla propria convenienza. E il punto, molto chiaro, è che oggi all'America non conviene più sostenere l'Europa. Quelli che starnazzano dicendo "GNOOOO, così facendo, il pazzo distrugge legami storici importantissimi!", semplicemente non sanno di cosa parlano. Anche fosse vero - e probabilmente lo è - non c'è niente, oggi, delle sorti europee che possa interessare non Washington ma, in generale, qualsiasi politico in giro per il pianeta. La spocchia europea è tenuta in piedi interamente dal denaro e dalle armi americane. Finiti quelli, il Vecchio Continente diventa Quarto Mondo con l'Africa, senza però le materie prime del Continente Nero. Solo spocchia culturale. Mi rendo conto che questo punto faccia strillare le cancellerie europee che si rendono conto che, col venir meno della protezione militare e finanziaria americana, arriveranno i guai. Ma esattamente come lo sfaccendato trentenne o, peggio ancora, quarantenne, che vive sulle spalle di mammà e papà, non rendendosi conto che quando babbo e mamma muoiono, non gli resta che rinunciare al benessere passato e andare in mezzo ad una strada a chiedere l'elemosina, al tempo stesso i paesi europei, orfani della protezione americana, sanno benissimo che hanno due strade: o rinunciano al proprio benessere o cercano alleati diversi, tenendo però ben presente che, soprattutto dopo che li hai combattuti in una guerra insensata, stupida, ridicola, non saranno certo in vena di regali.
Ma questo è anche un segnale della sistemica inaffidabilità dell'alleato americano: se col cambio delle classi dirigenti, saltano i vecchi rapporti, molto meglio le autocrazie, penserà qualcuno. Non del tutto a torto. In questo senso, si apprezza la saggezza di Israele di infiltrare le classi dirigenti di mezzo mondo per fare in modo che le alleanze non cambino con le classi politiche.
Terzo punto: Trump non può fare diversamente da ciò che fa e non esiste un'America europeista. Democratici e repubblicani sono uniti nel considerare l'Europa un continente che va impoverito, bisogna solo capire come. Chiunque divenga il presidente di un paese gravemente malato come gli Stati Uniti che non è riuscito a venire a capo del sostanziale fallimento del proprio disegno imperialistico, si trova ad un bivio: proseguire la strada dei democratici, cioè rubare lentamente soldi dalle economie degli alleati, oppure salvare il salvabile per impedire che l'America subisca un crollo come quello sovietico. Gli Stati Uniti devono salvarsi da un debito mostruoso, molto più elevato di quello conosciuto - perché l'economia americana si basa sulle detassazioni, che non vanno a bilancio - a fronte di una supremazia geopolitica che non hanno più. In questo, Trump somiglia molto più ad un Gorbaciov e ciò si vede non tanto dalla perestrojka quanto dalla glasnost, cioè dalla trasparenza con cui denuncia il grumo di potere, anche mediatico, su cui si basava il regime dei democratici americani e delle loro quinte colonne in giro per il mondo, ma anche il benessere europeo che derivava proprio da questa cappa di ipocrisia. Lo si è visto, specialmente, col caso USAID.
Questi sono i veri significati "non detti" della conferenza stampa alla Casa Bianca che, per il resto, è stata solo puro folklore. Quello del presidente di un'America che non esiste più e di un pagliaccio che - come, ahinoi, tanti omologhi europei - crede davvero che la politica sia un reality show da dipanarsi a colpi di tweet ed effetti speciali, ed è stato, dunque, trattato a guisa di pupo, come accade sempre a chi, come diciamo a Napoli, non si "misura la palla". I pupari non hanno fatto nient'altro che ricordargli di essere un povero fesso e che il suo show si appresta a finire in nome di interessi molto più grandi. Diciamo anche che è un avviso ai tanti che credono ancora alla favola dell'America buona e democratica (vero Giorgina?). Iniziano anni molto difficili al cui confronto quelli iniziati nel 2008 sono niente.
Ma sono anche anni di verità. O i paesi europei capiscono che sono orfani o sono condannati alla distruzione.
Se già, per esempio, prendiamo l'incontro tra Trump e Zelensky, su cui molti stanno alluvionando i social ("Trump ha vinto! No ha vinto Zelensky!"), molti lo pompano come un "evento epocale che cambierà per sempre il modo di fare le trattative", mostrando un'ingenuità talmente disarmante che se uno, poco poco, avesse voglia di insultare chi dice queste castronerie, non gli resterebbe che desistere. Sparare sugli ingenui è come prendersela con la Croce Rossa. Perché alla Casa Bianca è successo tutto, tranne ciò che si vuol far credere. Certo, quella lite è l'esatta esemplificazione dello "stile Trump": aprire le porte dei cessi e far sentire l'olezzo della politica internazionale che è esattamente questo qui. Nella realtà, scenette come quella dell'altro giorno sono sistematiche nelle cancellerie di tutto il globo terracqueo, dove non conta il vestiario, l'aspetto fisico, ma i rapporti di forza. E il più grande umilia sempre il più piccolo. Può farlo in maniera democristiana, con i nastrini di seta, oppure come il cowboy molto più a proprio agio col tintinnio dei soldi che con l'esibizione di retorica magari con la bibbia in mano, in stile Carter. Ma il punto è che nella geopolitica il pesce grande mangia sempre il pesce piccolo. Una legge del mare che vale anche nelle azzimate e patinate stanze presidenziali.
Questa premessa introduce il senso dell'articolo che ambisce - stabilite voi se è un'ambizione mal riposta o meno - ad essere molto più profondo della dimensione pop del dibattito, ossia mostrare ai lettori il "non detto" della conferenza, ciò che c'è dietro alle righe. E quindi descriveremo la questione in più punti.
Primo punto: nessun leader politico si presta ad una manfrina del genere in favore dei media perché "così gli gira la testa". La cosa più stupida che si potrebbe fare è quella di far passare Trump come un pazzo o come un uomo affetto da demenza senile, quando invece sa benissimo quello che sta facendo, ossia una cosa molto semplice: parlare in codice. In estrema sintesi, il vecchio Donald, maltrattando Zelensky - cosa che, peraltro, ha sempre fatto sin da quando quest'ultimo è apparso sul proscenio - ha lanciato dei segnali in primis agli alleati storici, dunque ai paesi europei. E il senso del discorso è estremamente semplice: "cari signori, è inutile che incolpiate me di quanto accaduto in Ucraina, che è tutta colpa di Biden. Con me le cose cambiano. Lo vedete come sto trattando il mio alleato? Non me ne frega niente dei poveri ucraini massacrati, l'America è un grande pugile che si batte in vostro favore soltanto se offrite una borsa all'altezza della sua fama". Si potrebbe ricordare al presidente USA che lui, in quanto americano, essendo il presidente di tutti gli americani, è responsabile anche di quanto fatto dai suoi predecessori. Gli si potrebbe citare il discorso con cui De Gasperi, che pure fece la resistenza e dunque non si era reso partecipe del Ventennio, prese la parola al tavolo della pace dopo la Seconda Guerra Mondiale consapevole di essere il presidente di un paese che aveva perso e rivolgendosi ai suoi nemici, parlò da presidente di un paese vinto, esordendo con questo storico incipit "sento che tutto è contro di me, salvo la vostra personale cortesia". Ma Trump, a sua volta, potrebbe dire "De Gasperi aveva perso una guerra, noi non abbiamo perso nessuna guerra". Che è poi il senso anche del discorso fatto a Zelensky. In parole povere, l'Europa è in grossi guai perché se a qualcuno, adesso - non necessariamente Putin (anzi io credo che le possibilità siano pari a zero) - saltasse il ticchio di invadere l'Europa, l'America non muoverebbe un dito, a meno di accordi vessatori molto sfavorevoli, che ovviamente si riverbereranno sui cittadini comuni.
Secondo punto: Trump è il presidente degli Stati Uniti, non dell'Unione Europea, nei confronti della quale non ha alcun dovere, salvo quelli dettati dalla propria convenienza. E il punto, molto chiaro, è che oggi all'America non conviene più sostenere l'Europa. Quelli che starnazzano dicendo "GNOOOO, così facendo, il pazzo distrugge legami storici importantissimi!", semplicemente non sanno di cosa parlano. Anche fosse vero - e probabilmente lo è - non c'è niente, oggi, delle sorti europee che possa interessare non Washington ma, in generale, qualsiasi politico in giro per il pianeta. La spocchia europea è tenuta in piedi interamente dal denaro e dalle armi americane. Finiti quelli, il Vecchio Continente diventa Quarto Mondo con l'Africa, senza però le materie prime del Continente Nero. Solo spocchia culturale. Mi rendo conto che questo punto faccia strillare le cancellerie europee che si rendono conto che, col venir meno della protezione militare e finanziaria americana, arriveranno i guai. Ma esattamente come lo sfaccendato trentenne o, peggio ancora, quarantenne, che vive sulle spalle di mammà e papà, non rendendosi conto che quando babbo e mamma muoiono, non gli resta che rinunciare al benessere passato e andare in mezzo ad una strada a chiedere l'elemosina, al tempo stesso i paesi europei, orfani della protezione americana, sanno benissimo che hanno due strade: o rinunciano al proprio benessere o cercano alleati diversi, tenendo però ben presente che, soprattutto dopo che li hai combattuti in una guerra insensata, stupida, ridicola, non saranno certo in vena di regali.
Ma questo è anche un segnale della sistemica inaffidabilità dell'alleato americano: se col cambio delle classi dirigenti, saltano i vecchi rapporti, molto meglio le autocrazie, penserà qualcuno. Non del tutto a torto. In questo senso, si apprezza la saggezza di Israele di infiltrare le classi dirigenti di mezzo mondo per fare in modo che le alleanze non cambino con le classi politiche.
Terzo punto: Trump non può fare diversamente da ciò che fa e non esiste un'America europeista. Democratici e repubblicani sono uniti nel considerare l'Europa un continente che va impoverito, bisogna solo capire come. Chiunque divenga il presidente di un paese gravemente malato come gli Stati Uniti che non è riuscito a venire a capo del sostanziale fallimento del proprio disegno imperialistico, si trova ad un bivio: proseguire la strada dei democratici, cioè rubare lentamente soldi dalle economie degli alleati, oppure salvare il salvabile per impedire che l'America subisca un crollo come quello sovietico. Gli Stati Uniti devono salvarsi da un debito mostruoso, molto più elevato di quello conosciuto - perché l'economia americana si basa sulle detassazioni, che non vanno a bilancio - a fronte di una supremazia geopolitica che non hanno più. In questo, Trump somiglia molto più ad un Gorbaciov e ciò si vede non tanto dalla perestrojka quanto dalla glasnost, cioè dalla trasparenza con cui denuncia il grumo di potere, anche mediatico, su cui si basava il regime dei democratici americani e delle loro quinte colonne in giro per il mondo, ma anche il benessere europeo che derivava proprio da questa cappa di ipocrisia. Lo si è visto, specialmente, col caso USAID.
Questi sono i veri significati "non detti" della conferenza stampa alla Casa Bianca che, per il resto, è stata solo puro folklore. Quello del presidente di un'America che non esiste più e di un pagliaccio che - come, ahinoi, tanti omologhi europei - crede davvero che la politica sia un reality show da dipanarsi a colpi di tweet ed effetti speciali, ed è stato, dunque, trattato a guisa di pupo, come accade sempre a chi, come diciamo a Napoli, non si "misura la palla". I pupari non hanno fatto nient'altro che ricordargli di essere un povero fesso e che il suo show si appresta a finire in nome di interessi molto più grandi. Diciamo anche che è un avviso ai tanti che credono ancora alla favola dell'America buona e democratica (vero Giorgina?). Iniziano anni molto difficili al cui confronto quelli iniziati nel 2008 sono niente.
Ma sono anche anni di verità. O i paesi europei capiscono che sono orfani o sono condannati alla distruzione.
Franco Marino
𝑽𝒊 𝒑𝒓𝒆𝒈𝒐 𝒅𝒊 𝒓𝒆𝒈𝒊𝒔𝒕𝒓𝒂𝒓𝒗𝒊 𝒆 𝒅𝒊 𝒊𝒏𝒔𝒆𝒓𝒊𝒓𝒆 𝒄𝒐𝒎𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒆 "𝒎𝒊 𝒑𝒊𝒂𝒄𝒆" 𝒂𝒍𝒍'𝒊𝒏𝒕𝒆𝒓𝒏𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒐 𝒔𝒑𝒂𝒛𝒊𝒐 𝒅𝒐𝒗𝒆 𝒍𝒆𝒈𝒈𝒆𝒓𝒆𝒕𝒆 𝒍'𝒂𝒓𝒕𝒊𝒄𝒐𝒍𝒐, 𝒄𝒐𝒔𝒊̀ 𝒍𝒐 𝒂𝒏𝒊𝒎𝒊𝒂𝒎𝒐. 𝑮𝒓𝒂𝒛𝒊𝒆